A vederlo, si direbbe che l’antica tradizione etrusca-romana sopravviva a meraviglia nel più squisito, più rapido e meno noto dei dolci rituali festivi italiani, un tempo pagano (tipico della più grande e lunga festa dell'anno, i Saturnalia, in fine dicembre, che ricordava gli antichissimi riti in onore della luce, la felicità popolare per le giornate che iniziano di nuovo ad allungarsi) e poi fino ai giorni nostri solo natalizio (la Chiesa ha rubato molto alle tradizioni pagane, a cominciare dal Natale). Ma è un dolce così buono e facile da preparare che merita di essere gustato molto più spesso e in ogni periodo dell'anno, magari al posto di torte, gelati, biscotti, i soliti dolci che hanno solo il sapore banale dello zucchero. Perciò si può dire che forse non esistono altri dolci insieme più deliziosi, più ricchi di sapore, più salutari e più facili da preparare di questo. Ed è anche originale ed elegante, purché lo si realizzi e presenti bene, s'intende, come nelle preparazioni che propongo (
v. foto sopra e in basso, con le fette precise ed eleganti che si possono presentare in modo ordinato su un piattino; non in modo trasandato come ho visto spesso, anzi, quasi sempre - non me ne vogliano - nel Viterbese e nel Ternano,
v. esempi fotografici in basso).
Stiamo parlando, infatti, degli sconosciutissimi, ma unici “maccheroni dolci con le noci”. Un dolce singolare, strano, un'eccezione in Europa per antichità, semplicità e sapore, tipico delle province etrusche: Viterbo e tutta la Tuscia, Terni, Perugia, Arezzo, Grosseto. Ma presente stranamente anche in altre insospettabili zone dell’Italia centrale che mai furono etrusche, ma furono, eccome, romane, come Macerata, e perfino nella lontana Romania, l’antica Dacia colonizzata dai militari di Roma imperiale. In questi casi, evidentemente, i maccheroni dolci con le noci vengono dalla mediazione romana: i Romani saggiamente fecero propri gli usi degli Etruschi.
La tradizione dei maccheroni dolci con le noci – si è visto in un articolo sulla storia delle paste da cuocere – si inserisce perfettamente in una linea evolutiva millenaria, da cibo rituale-religioso a cibo distintivo aristocratico. Tanto che, addirittura, i maccheroni dolci con le noci potrebbero essere oggi una delle “prove” viventi di antropologia del cibo che dimostrano l’origine dolce (o “anche” dolce), delle paste da cuocere.
A nulla vale, come per tutte le pietanze, opporre le pessime ricette di oggi, obiettando che nostra madre, sorella, moglie, nonna o bisnonna in Valnerina o nel Viterbese o in Maremma per i “maccheroni con le noci” usava o usa le tagliatelle industriali o gli gnocchi. Stiamo parlando delle presumibili origini vere, quella antiche.
Certo, i moderni maccheroni dolci con le noci, cotti fin dal Medioevo in acqua, si sono banalizzati e involgariti sempre più, con lasagne industriali, fettuccine o reginelle (ma si sono visti anche rigatoni, gnocchetti, penne e bucatini: v. foto in basso e confrontatela con la mia preparazione qui accanto...) di pasta raffinata e il condimento di tanto zucchero, come nell’uso del Rinascimento. Una pietanza che oggi, in tempi di salutismo, appare ad altissimo indice glicemico (farina bianca raffinata e zucchero provocano una secrezione rapida e abbondante di insulina), con poche o niente fibre, niente polifenoli antiossidanti e ovviamente molte calorie. Quindi, così come sono oggi, i maccheroni con le noci, tanto più se le sane e preventive noci sono poche perché costose, sono una pietanza a rischio.
Infatti, la triste realtà di oggi è sotto gli occhi di tutti. Nella Tuscia Viterbese e in Umbria, le zone più tipiche, si tramanda una versione non solo poco sana, ma banale, troppo recente, imbastardita, pasticciata e perfino brutta a vedersi, anzi impresentabile dei “maccheroni dolci con le noci”. Che sono un dolce tipico, e come dolce dovrebbe essere immediatamente identificabile. Perciò non può assomigliare, come avviene oggi, ai piatti informi dei moderni maccheroni salati conditi alla rinfusa con pomodoro, formaggio ecc.
E poi molte di queste ricette presunte “tradizionali” prendono alla lettera il termine “maccheroni” per proporre proprio maccheroni e bucatini, anziché le più corrette lasagne o almeno tagliatelle grosse. E poi sfido chiunque a dichiararsi “attratto” visivamente, a parte i componenti sbagliati, dai piatti tipici riprodotti qui accanto. Il meno peggio esteticamente è il primo dei tre piatti, i maccheroni in terrina, coperti abbastanza regolarmente: peccato però che sia prevista addirittura la gratinatura al forno, come se si dovessero mangiare bollenti, anziché freddi. I maccheroni con le noci, infatti, erano conservati – almeno fino ai tempi di mia nonna – dalla Vigilia di Natale all’Epifania! Quindi dovevano essere consumati freddi.
Come nativo di Graffignano, paese della valle Teverina confinante con l’Umbria e vicino a Bagnoregio e Orvieto, lo so bene, avendo intervistato durante le vacanze alcune anziane donne del paese, non ultima mia nonna materna, Vittoria Tardani Serafini, detta “sora Vetto’ “. Ma la loro ricetta “tradizionale” non mi aveva mai convinto, fin da giovane, perché evidentemente troppo moderna. Lo studio dell’alimentazione dei Romani, poi, ha confermato le mie perplessità trasformandole in quasi certezze. Basta pensare che questo piatto – ripeto – lo si presenta informe, come se fosse una pastasciutta normale di oggi (pastasciutta che è stata inventata nel Medioevo). E sia i ristoranti, sia le famiglie che lo preparano – sempre meno – per la vigilia di Natale, non fanno più la pasta a mano, tantomeno integrale, ma ricorrono alle banali lasagne, reginelle o fettuccine di semola bianca e raffinata in commercio. E poi usano zucchero bianco, cioccolata a profusione, e perfino liquore alchermes o mistrà. E le noci da alcuni sono tostate (ma perché? per dare sapore? ecco che vuol dire usare insipida pasta bianca raffinata e zucchero bianco), ossidando irrimediabilmente i preziosi e delicatissimi acidi grassi tipici delle noci (anche omega-3). E ieri coprivano il tutto con finta gratinatura al pangrattato: oggi addirittura c’è chi vi sbriciola dentro biscotti dolci o aggiunge caramelline decorative e kitsch. Insomma, come gusto è diventato uno dei tanti dolci stucchevoli, tutti uguali di sapore: zucchero, solo zucchero. E tra farina bianca e zucchero, ingurgitiamo una bomba di glucosio che in pochi minuti richiama una contro-bomba di insulina, molto dannosa.
Ebbene, cerchiamo di ridurre oppure annullare questo rischio, rendendo la ricetta perfino più buona e gustosa. Come preparare e presentare questi maccheroni dolci, in versione più sana, più naturale, e anche più saporita e più elegante di quella di oggi? A guardare sugli ineffabili siti delle cuoche di internet c’è da mettersi le mani nei capelli: trasandatezza, eccesso di fantasia, ignoranza delle origini storiche, noncuranza della salute, scarsa eleganza.
Cominciamo dall’ingrediente principale: la pasta. Sono possibili solo tre tipi di paste da cuocere sani e dignitosi:
A. TAGLIATELLE INTEGRALI FATTE IN CASA (l'ideale della fedeltà storica, in realtà delle tradizioni locali recenti). Per stare alle origini della pietanza, al gusto e alla salute, dovremmo affidarci a larghe tagliatelle o lasagne di pasta sfoglia fatta a mano con farina di grano integrale, sia di grano tenero integrale, sia – più faticoso e difficile da lavorare – di grano duro (“semola integrale”). Ma con la tradizionale farina di grano tenero, di facile lavorazione e rapida cottura, le tagliatelle una volta cotte tenderebbero a sfaldarsi e ad ammassarsi nel timballo che dobbiamo fare. Il che non sarebbe l’ideale, visto che deve restare in frigo alcuni giorni. E poi, quante-i sanno fare la pasta in casa? Eh, signora mia, non ci sono più le mamme e nonne d’una volta! E allora?
B. TAGLIATELLE INTEGRALI COMPERATE IN NEGOZIO (l'ideale della buona consistenza). E allora andiamo al supermercato a cercare le tagliatelle integrali secche di grano duro. Macché, non ci sono o sono rarissime (forse qualche produzione locale? Prego, far sapere). Nella pasta integrale troviamo solo spaghetti, oltre a sedanini, penne e conchiglie, che non sono adatti! Infatti, si chiamano “maccheroni dolci” per errore popolare, ma paradossalmente, nonostante il nome, i maccheroni non vanno bene (v. sopra a proposito di origini). Ci vogliono le lasagne, le reginelle (festoni dai bordi ondulati, oggi tipici di Napoli) o meglio le fettuccine di grano duro integrale, introvabili in commercio. Insomma pasta larga e piatta. Infatti mia nonna Vittoria di Graffignano usava le reginelle napoletane. Ma è quasi impossibile trovare le paste larghe integrali, se non al triplo o quadruplo del prezzo in rare botteghe del “naturale” e del “bio”. E allora? Chi sa fare la sfoglia le può facilmente fare in casa (v. al punto A1). Oppure sceglie l’ipotesi B, che è pure più salutare:
C. TAGLIATELLE DI GRANO DURO E SARACENO (l'ideale del sapore e della salute). Più pratico, gustoso, economico e perfino più salutare ricorrere alle uniche fettuccine saporite (quasi) integrali esistenti: i pizzoccheri al grano saraceno (Fagopyrum esculentum), il cereale più ricco di sapore e di antiossidanti, e perfino l'unico in grado di contribuire a difendere l'integrità dei vasi sanguigni (v. proprietà nell’articolo dedicato), senza dubbio la più gustosa e sana pasta da cuocere del mondo (v. modi più appropriati di cucinarla in un articolo), ricchissima com’è non solo di sapore e di fibre, ma soprattutto di potenti antiossidanti polifenolici, che oltre tutto insieme con le fibre riducono l’assimilazione degli zuccheri, in quanto antinutrienti. Pizzoccheri che meritano di essere diffusi, anche se una parte del grano saraceno ormai proviene dalla Cina, che poi è la sua prima zona di origine. Pizzoccheri che abbiamo provati più volte e siamo sicuri che possono egregiamente servire anche a reinterpretare più squisitamente le lagane dolci etrusco-romane, cioè i “maccheroni dolci con le noci”, che così diventano uno dei dolci più sani e più semplici in Italia. che merita di essere utilizzato non solo a fine anno, ma anche in altre feste e ricorrenze.
Proviamo, perciò, a reinterpretare i “maccheroni con le noci” in modo più nutrizionalmente corretto, più salutare, gustoso ed elegante. Gli unici a protestare saranno le vecchie signore abitudinarie e i gastronomi di Viterbo (patria dei maccheroni con le noci) e di Teglio in Valtellina (patria dei pizzoccheri), tra cui ora non vorrei mettere zizzania. Ma non è colpa mia se le loro rispettiva ricette sono meticce e troppo moderne, evidentemente elaborate tra fine 800 e metà 900.
Anche i pizzoccheri, ormai, definirli “di saraceno” è quasi arbitrario. Sono fettuccine di grano duro normale “al grano saraceno”, visto che questo è dichiarato da tutti i produttori solo al 25% della composizione, ovvero appena un quarto. Il che vuol dire che la semola di grano duro è al 75%. Eppure, tanto è il sapore e il potere antiossidante di quel modesto 25%, che il poco e costoso saraceno sembra bastare per dare ai pizzoccheri consistenza anche dopo cottura (il saraceno è inconsistente, non avendo glutine), ma soprattutto sapore deciso e qualità protettive (antiossidanti). Ad ogni modo, i pizzoccheri della Valtellina, per il loro colore scuro, e il sapore rustico, forte, vagamente “cioccolatesco” (a causa dei polifenoli, alcuni dei quali evidentemente in comune col cacao), sono l’ideale per una ricostruzione analogica del tipico gusto del farro integrale dell’epoca etrusco-romana.
I pizzoccheri meglio distribuiti a livello nazionale sono quelli in scatola coi marchi Moro, Tudori, Conad e Annoni. Costano il doppio o il triplo di una pasta usuale, perché il saraceno è costoso, ormai poco coltivato in Italia, cosicché deve essere importato. Ma è un piatto che si fa una volta tanto e anche se 500 g della marca migliore dovessero costare euro 1,70 o 2, non ci rimorderà la coscienza (e comunque gli acquisti online sono molto convenienti, specie se si comperano varie scatole e le si divide tra amici). Per la scelta, la cottura e il trattamento di questa curiosa pasta, si vedano i collegamenti sopra riportati).
E il condimento? Niente nocciole nel condimento, per carità, come oggi si comincia a suggerire forse per pressioni dei produttori delle nocciole viterbesi del Cimino, ma solo noci, purtroppo più delicate, meno conservabili, più rare e costose delle nocciole, ma dotate di un gusto inimitabile e ricche di preziosi precursori degli omega-3, come si è detto in un articolo. Niente zucchero, ovviamente, che non esisteva, ma miele grezzo, meglio se di sapore forte. Se invece il miele è quello solito di gusto leggero, lo si rafforzerà semmai con l’aggiunta di zucchero nero di melassa (“muscovado”) che però in provincia non si trova. Se volete avere un’idea di come doveva essere probabilmente il sapore della ricetta originale, eseguite la prima versione (v. sotto). Se invece volete aggiungere il tocco moderno – come ormai fanno tutti nel Viterbese e in Umbria – dei pezzetti di cioccolata o del cacao, provate la terza versione (v. sotto). Intermedia è la seconda versione, per i naturisti vecchio stile che che l’hanno col cacao e lo sostituiscono con la farina di polpa di carruba (rara, costosa e troppo dolce, ma più digeribile e anzi regolatrice intestinale). Comunque, niente alchermes o mistrà o cognac, che fanno tanto volgare “dolce da bar” di provincia. Invece, sostituite l’alcol con le spezie, che fanno anche bene.
Ricordatevi dell’antica tradizione festiva del panpepato e del panforte, un tempo molto speziati. Qualunque sia la versione, non siate avari di spezie e aromi naturali, tipici dei dolci rituali delle feste.
Non eccedete col sapore dolce: troppi zuccheri semplici fanno male. Considerate che il sapore dolce era costosissimo nell’Antichità e che risulta stucchevole ai maschi e agli adulti, e altamente diseducativo per i bambini. Questo piatto, come la migliore pasticceria, è ancora più gradito e interessante se non troppo dolce. Calcolate, però, che ogni miele ha un grado tutto suo di dolcezza, e che quando il piatto sarà freddo di frigorifero il sapore dolce si avvertirà di meno. Se utilizzate solo miele vi consiglio di non superare i 200-250 g (meno se è millefiori, sulla o acacia, i più dolci). Se aggiungete zucchero nero di melassa Muscovado (per dare sfumature di sapore e colore più scuro), tenetene conto usando meno miele
Attenzione, si tratta di un piatto antico “della festa”, quindi ricco. Di noci e spezie e calorie, ma anche abbastanza costoso. Gustatelo con parsimonia, riducendo le altre porzioni amidacee del pasto (consiglio di saltare il primo piatto di cereali quando si ha intenzione di gustarlo) ed evitando altri dolci nel medesimo pasto. E dividetelo tra familiari e amici: il dolce potrebbe bastare in teoria per 10 persone normali o per 5 golose. Ma è fatto per bastare a poche persone per molti giorni.
INGREDIENTI E COSTO. Risparmiando quanto possibile, ecco i costi minimi approssimativi. Scatola da 500 g di pizzoccheri Moro o Conad euro 1.20-1,70; noci sgusciate in gherigli 400 g (ma l'ideale sarebbe 500 g) in bustine da 100 g in atmosfera controllata (mai acquistare i gherigli sfusi: le noci sono i semi oleosi più soggetti a deterioramento ossidativo), supermercati IN’s: 1,70 x 4 o meglio x 5 = 6.80-8,50 euro; 200 g di miele millefiori italiano supermercati Todis o IN’s 1.30 euro, e 100 g di zucchero muscovado di melassa Panela o Billington (ma c'è anche da IN's e costa meno) = 50-80 cent. Se si preferisce un bel sapore scuro, meno stucchevole, meglio abbondare di muscovado, p.es 150 g, e ridurre il miele, p.es. max 150 g, o anche meno. Molto importanti le spezie (di cannella ce ne vuole tanta: diversi cucchiaini colmi, p,es, 7 cucchiaini colmi, più parecchia noce moscata grattugiata al momento (p.es. mezza noce, addirittura), 1-2 cucchiaini di zenzero in polvere e il giusto pepe: 0,2-1 cucchiaino), la scorza grattugiata di un limone o un'arancia, poco pangrattato per l'effetto gratinatura di copertura e perché si imbeve dell'olio di noce, e un cucchiaio di cacao amaro per eventuale decorazione sulla superficie, più 2-3 cucchiai colmi per l'impasto, se si è scelto il gusto al cioccolato (il cacao olandese De Zaan è il più amaro in assoluto, molto meglio del Lindt). Un totale, a seconda delle quantità e qualità degli ingredienti, che parte da poco più di 10 euro. Ma si tratta di un timballo notevole, per un'intera famiglia e per diversi giorni.
PREPARAZIONE
Versione principale (gusto dolce ma speziato, sapore squisito di noci, miele e spezie, molto aromatico). Ingredienti: 500 g di pizzoccheri di saraceno cotti in acqua salata (sostituibili, anche se sarebbero meno saporite, da lasagne o grosse tagliatelle fresche senza uova fatte in casa con farina integrale di frumento, o tagliatelle integrali secche dei negozi di alimentazione naturale o “bio” cotte in acqua salata), gherigli di noci 500 g (tra impasto e copertura), miele grezzo e zucchero scuro di melassa "Muscovado", in totale 200-400 g, (ma è modificabile a seconda del grado di “dolce” che si vuole), pangrattato 30 g, cannella in polvere 3-5 cucchiaini (tra impasto e copertura), zenzero in polvere da 0 a 3 cucchiaini, pepe nero in polvere da 1/5 a 1 cucchiaino (le quantità dipendono dal grado di forza che si vuole ottenere), noce moscata da 0,5 a 2 cucchiaini, scorza d’arancia o limone grattugiata, q.b.
Per la preparazione serve molta rapidità: tutto va lavorato a pizzoccheri ancora bollenti e molto bagnati, scolati solo sommariamente, insomma ancora colanti acqua. Se si freddano o peggio si asciugano troppo, è difficile mescolare rapidamente gli ingredienti. In tal caso, si rimedia in extremis con qualche cucchiaio di acqua bollente. Tritare le noci con l’apposita grattugia rotante a manovella (o con un tritatutto elettrico, ma solo se ha la bassa velocitò), porre il monte di noci tritate in una grande zuppiera o insalatiera, unire zucchero nero, pangrattato e spezie. Ricordarsi di conservare a parte 5-10 cucchiai di questo miscuglio per la copertura finale. Ripeto: far cuocere molto bene i pizzoccheri, che sono di lunga cottura essendo spessi. E devono essere nolto ben cotti, non al dente.. Versare sopra il miscuglio, a poco a poco, i pizzoccheri molto bagnati, solo sommariamente scolati, bollenti e fumanti, e rivoltarli rapidamente da tutte le parti con cucchiaino o spatola di legno, finché la pasta sarà tutta ben condita in modo omogeneo.
E’ il momento più delicato: non lasciateli freddare. E’ a questo punto che sulle lasagnette ancora bollenti può ancora essere aggiunto eventualmente il miele nel caso che lo zucchero nero (meno dolce) non sia sufficiente o comunque desideriate un impasto più dolce. Il miele infatti ha bisogno del calore per essere amalgamato e distribuirsi ovunque.
Quando tutte le lasagnette saranno uniformemente condite (assaggiare: devono avere lo stesso grado di dolce), si sistema il composto, che deve essere ancora caldo, nella terrina da tavola definitiva (rustica o artistica) versando velocemente i pizzoccheri con l’aiuto della spatola, avendo cura di riempire uniformemente tutti gli spazi, di livellare bene i bordi e di premere bene il tutto. Dalla compattezza del timballo dipenderà la possibilità di ottenere poi – una volta freddo e rassodato – fette regolari presentabili.
Spargere infine sulla sommità per copertura il miscuglio rimasto messo da parte, in modo che non si veda la pasta. Livellare e premere bene con la spatola: la forma ordinata di elegante timballo dipende da questa fondamentale operazione. Pulire il bordo interno scoperto della terrina. Ornare con gherigli di noce secondo fantasia. Una volta a temperatura ambiente, mettere in frigorifero (piano alto e senza coperchio per evitare condensazioni) per almeno 1 giorno.
Dopodiché può cominciare a essere consumato, un po’ ogni giorno (d’ora in poi dovrà sempre essere coperto nel frigo). Sarà ottimo dopo 2-3 giorni. Per ragioni di igiene esaurire il piatto in pochi giorni (massimo 4-6) senza tentare di ripetere gli exploits delle nostre bisnonne (10-15 gg). Ovviamente il timballo è tanto più conservabile in frigo, che non è certo un ambiente sterile, quanto più sarà dolce. Tempi di preparazione dopo la scolatura della pasta: 15 min. ca.
Versione 2 (alla polvere di carruba): Come in Versione 1, ma con l’aggiunta al condimento nella zuppiera di alcuni cucchiai colmi di polvere di polpa di carruba che danno all’insieme un gusto delicato di “cioccolato dolce”. In due varianti.
Versione 2a: si aggiunge la carruba sia all’impasto, sia alla superficie (con pangrattato, noci tritate, zucchero scuro, cannella e spezie). Versione 2b: si aggiunge carruba solo sulla superficie. In entrambi i casi usare meno miele e meno zucchero: la carruba è già dolce di per sé. La carruba, che ha notevoli proprietà, era nota a Etruschi e Romani e dal punto di vista di una ricostruzione storica è sicuramente molto meglio del cacao, anche se ha un gusto più leggero e dolce.
Versione 3 (al cioccolato amaro: gusto più forte). Alla versione 1 aggiungere alcuni cucchiai colmi di cacao amaro in polvere e scaglie (tritato) o pezzettini di cioccolato amaro fondente al 72 o 85%. In due varianti.
Versione 3a: si aggiunge cacao sia nell’impasto, sia sulla superficie (con pangrattato, noci tritate, zucchero scuro, cannella e spezie).
Versione 3b: si aggiunge cacao solo sulla superficie (preferibile per non allontanarsi troppo dalle origini).
NOTE E COMMENTI FINALI. Le noci sono il seme oleoso più delicato e ossidabile, perciò i gherigli di noce devono essere i più freschi possibile. Devono avere un sapore fresco, di “mandorla”, non di olio, men che mai piccante in gola. Alla rottura devono essere bianchissimi. Vanno acquistati non sfusi ma nelle bustine sigillate da 100 g e ad atmosfera controllata (supermercati). Ma anche così vanno controllati: ci è capitato talvolta di trovare noci vecchie, dal sapore rancido: il gheriglio dopo rottura mostrava la pasta non perfettamente bianca, ma avorio scuro. In tal caso gettare via: produrrebbero radicali liberi. Per la nostra preparazione sono servite 5 bustine da 100 g (ci siamo mantenuti larghi: ne bastano anche 4). Le noci non vanno assolutamente tostate, come pure abbiamo letto in qualche ricetta.
L’aggiunta di cacao (Versione 3) serve a rassicurare Viterbesi e Umbri, notoriamente golosi, che già usano il cacao sui maccheroni dolci con le noci, con una ricetta che in fondo non ha componenti troppo diversi da quelli a cui sono abituati, ma che in più è più gustosa, aromatica, sana e presentabile. Ma serve anche a convincere i Valtellinesi a provare una nuova ricetta coi loro pizzoccheri, stavolta dolce e sanissima. Le noci, al posto del burro a cui sono abituati, sono anti-colesterolo.
Le lasagne (e specialmente i pizzoccheri) si devono cuocere in acqua salata. A Viterbo si suggerisce per le tagliatelle dolci acqua non salata, ma sbagliano: il sale dà corpo al sapore finale anche nel caso di dolci, che più ricco e complesso è, meglio è, e poi è indispensabile alla lunga cottura dei pizzoccheri (anche 20 min), visto che tendono ad attaccarsi sul fondo, specie se non di ottima qualità: prevenire mescolando spesso e raschiando spesso il fondo con una paletta di legno. Mentre i pizzoccheri bollono, preparare tutti i componenti, il monte di noci tritate mescolato alle spezie e allo zucchero nero, una grossa zuppiera dove poter condire e rimestare la pasta, disporre attorno tutti gli ingredienti a portata di mano, compresa una bella terrina di ceramica da portata (23 cm di diametro e 7 di altezza quella da noi usata), perché la preparazione è velocissima, e bisogna terminarla finché la pasta è ancora calda, altrimenti non si sistema e non si compatta bene nella terrina.
La composizione nutrizionale dei pizzoccheri, riportata sulla confezione marca “Moro”) è per 100 g: proteine 12,9 g, carboidrati 65,6 g (di cui zuccheri 4 g), grassi 2,5 g, fibre 6,5 g, calorie 337 kcal.
Insomma, le lasagne non si devono vedere, come nella caotica, pasticciata e inelegante ricetta moderna in uso nell’Umbria e in molte zone del Viterbese che imita le normali fettuccine o lasagne al pomodoro! (v. immagine n.7), né il piatto deve presentarsi in modo informe e pasticciato (v. immagini 5 e 6). Come si fa a presentare agli ospiti o a esportare in altre regioni un dolce così impresentabile? Invece, quello che deve apparire all’esterno è un regolare ed elegante "timballo" compatto dall’aspetto di torta tradizionale, racchiuso in un contenitore di ceramica, coperto da uno strato spesso e ben appiattito di noci tritate, zucchero nero e cannella, decorato da gherigli di noci. Un timballo che quando sarà freddo, potrà essere tagliato a grossi spicchi e perfino fettine sottili e compatte che si presenteranno benissimo e in modo elegante perfino su un piattino.
Sul piano nutrizionale e dietetico, interesserà sapere che, nonostante tutte quelle noci, questa versione di maccheroni dolci con le noci è molto sana, di leggerissima digestione e soprattutto svolge attività protettiva e antiossidante, grazie alla particolare natura degli acidi grassi polinsaturi (tra cui anche l’Omega-3 ALA o acido alfa-linolenico, precursore delle uniche frazioni davvero utili degli Omega-3, gli acidi EPA eicosapentaenoico e DHA docosaesaenoico), grazie ai tocoferoli o vitamina E, ai tanti polifenoli del saraceno (un cereale in particolare indicato nella protezione dei vasi sanguigni), perfino per l’azione antiossidante delle spezie. Buona anche, se c’è, l’azione del cacao amaro. L’unico punto debole, come in tutti i dolci – lo sanno tutti – è proprio… il dolce, cioè gli zuccheri semplici, di cui non c’è proprio alcun bisogno nell’organismo (il corpo ricava l’essenziale glucosio dagli amidi). Zuccheri che non solo non sono protettivi come i grassi vegetali (le noci, in questo caso), ma facilmente in soggetti sedentari, come siamo quasi tutti, tendono a dar luogo a depositi di adipe difficilmente eliminabili. Però, servono per il piacere della gola e per veicolare e rendere accettabili piatti che altrimenti pochi consumerebbero. Quindi siete invitati a non dolcificare troppo.
Nel raffreddamento della pasta, si formano per di più “amidi resistenti” meno assimilabili dal nostro sistema digestivo, che per di più rallenteranno la secrezione di insulina, il tasso glicemico e la sintesi del colesterolo. Cioè sono visti dal nostro sistema come fibre. Ottimo. E in più ci sono le fibre tipiche del saraceno e i suoi abbondanti e potenti polifenoli protettivi di cui al link (in rosso) riportato sopra. Le spezie usate (cannella, zenzero e pepe) sono ricche di antiossidanti e svolgono attività potentemente protettive. Le leggende sottoculturali sulla dannosità del pepe sono ridicole, come ridicola e infondata è l’enfasi popolare sul solo peperoncino. Anzi, è stato dimostrato che il pepe aumenta di centinaia di volte la biodisponibilità della curcumina, il principio attivo della curcuma assunta nel medesimo pasto.
Sul piano gastronomico e organolettico, i meno pratici di questo stupendo cereale noteranno con sorpresa che di per sé, anche non condito, anche condito con solo olio, il saraceno (e quindi anche i pizzoccheri nei quali il saraceno è presente al 25%) ha un gusto più deciso della banale e insapore pastasciutta di semola raffinata. Anzi, grazie ai molti particolari polifenoli, ha più che un retrogusto di cioccolato, anche se di cacao non c’è l’ombra (prima versione). Se aggiungete (o nell’impasto o sulla copertura, o in entrambi) la polvere di carruba, aumentando così il gusto “al cioccolato”, ricordatevi che la carruba è dolce di per sé, quindi diminuite molto zucchero di melassa e miele. Per i neofiti, i bambini e gli anziani (o forse per tutti?) la versione che ha più successo subito è quella con molto cacao. Per gli esperti gourmet di maccheroni dolci con le noci, invece, sarà più delicata, anzi una prova difficile nell’impostare il giusto sapore e aroma, la versione con solo miele-zucchero nero e spezie.
Le spezie, che molti giudicheranno eccessive, sono qui privilegiate trattandosi d’un tradizionale dolce delle feste italiano (cfr: panpepato, panforte ecc.), uso che purtroppo gli Italiani, a differenza degli Inglesi hanno perso nei secoli, proprio a causa del perdurare della civiltà contadina e cattolica che rifuggiva dalle spezie per motivi prima economici, poi di malinteso moralismo. Perfino le erbe aromatiche, quindi nostrane ed economicissime (l’Italia sarebbe il Paese più adatto) vengono poco usate. Abbiamo scelto pepe, zenzero e cannella (i primi due sono piccanti ma si diluiscono bene negli amidi e nei grassi e ci stanno benissimo per differenziare il piatto da un banale primo piatto d’ogni giorno e ricordare le grandi feste rituali che dovevano esserci, sia per conservare meglio la pietanza, sia per denotare abbondanza e ricchezza, quindi gioia (cfr l’uvetta e i canditi in gran copia del panettone di Milano, e i già detti panforte e panpepati toscani, ormai snaturati e banalizzati), con una spolveratina finale di noce moscata. Ma ovviamente, chi non ama spezie e retrogusto piccante può ridurre pepe e zenzero. Però, attenzione, le spezie sono utili antiossidanti (cioè “fanno bene”) e sono non solo storicamente ma anche biologicamente necessarie: sono antibatteriche e quindi aiutano a conservare in frigo (ambiente non immune da batteri) i maccheroni per diversi giorni quando lo zucchero non è in eccesso. E prendono il posto di tante “schifezze” presenti nei moderni maccheroni con le noci, tra cui liquore alkermes, zucchero bianco, pasta raffinata, sciroppi colorati e perfino caramelle (che “fanno male”). E’ grazie alle spezie, oltre al poco zucchero e ai tanti polifenoli, che questa torta dolce di maccheroni pizzoccheri con le noci si mantiene in frigorifero da una settimana a 3 giorni, a seconda degli antiossidanti e dell’umidità presente.
E dal punto di vista dietetico? Nonni e bisnonni della civiltà contadina consumavano i maccheroni dolci con le noci a mezzanotte del 24 dicembre e poi a ogni fine pasto, fino addirittura all’Epifania (salvo darli ai bambini a tutte le ore per tenerli buoni…). Ma noi, ormai appartenenti alla civiltà urbana e più scientifica? Attenti a non consumare i maccheroni con le noci a fine pasto senza averlo previsto prima: non devono essere una portata in più rispetto al pasto o all’equilibrata dieta quotidiana consueta, ma un piatto sostitutivo, cioè al posto di qualche altra pietanza nutrizionalmente analoga. Sono oggi l’ideale colazione o merenda. Consumandoli un poco ogni giorno, come si usa fare, abbiate l’accortezza per compensazione di eliminare o ridurre nel medesimo pasto i cibi ricchi di carboidrati e grassi: pastasciutte, pane, pizze, dolci, cioccolata, frutta secca, semi oleosi ecc. Esempio: se pensate di consumare non un assaggio, ma una bella fetta di questo timballo, prendetevi solo mezza porzione del primo, o saltatelo.
E i cuochi, i gastronomi, le casalinghe esperte e tradizionaliste, che diranno? Questo miglioramento salutistico, estetico e di gusto che sposa i “maccheroni dolci con le noci” di Viterbo e Terni ai “pizzoccheri della Valtellina” potrebbe unire nell’indignazione i gastronomi viterbesi e quelli dell’Accademia di Teglio, che non si accorgono di propagandare ricette storicamente assurde, pesanti da digerire, troppo modernizzate e-o poco sane per la salute (per i pizzoccheri, v. articolo). In realtà il matrimonio tra le due pietanze tradizionali riporta un po’ più alla Tradizione le rispettive pietanze o comunque toglie loro qualche eccesso poco salutare sostituendolo semmai con sane spezie, e perciò fa comodo sia a Teglio che a Viterbo: dà alla Valtellina un dolce in più – uno stupendo dolce coi pizzoccheri, sano e semplicissimo da realizzare per chiunque in dieci minuti – e rende il dolce etrusco più salutare e protettivo, tra l’altro, delle pareti venose e del sistema cardiovascolare. Perciò, anziché di essere lapidati, ci attendiamo di essere fatti cittadini onorari di Teglio, Viterbo, Terni e di chissà quanti altri Comuni della Tuscia e della Valtellina, “per aver salvato i cittadini dagli eccessi di una tradizione gastronomica troppo moderna, cioè troppo ricca di zucchero raffinato e grassi saturi, per aver reso più sano e più presentabile, per averci aiutato a presentare e diffondere il nostro piatto tipico”. E soprattutto, scusate la presunzione, per aver adattato, modificato e divulgato uno dei dolci più veloci da preparare, più sani e più squisiti esistenti, adatto ad ogni periodo dell’anno.
IMMAGINI. 1-2. Così si presenta visto dall’alto il mio famoso piatto dei “maccheroni dolci con le noci” con tagliatelle integrali quando viene disposto in modo regolare, ben pressato in zuppiera e cosparso di noci tritate, volendo anche cacao (sulla superficie o anche nell’impasto col miele), cannella in polvere e zucchero nero di melassa Muscovado. Solo così può essere agevolmente presentato, tagliato a fette e consumato degnamente. 3. Lagane larghe (foto Fattoria della Mandorla). 4. Le saporite tagliatelle di saraceno secche (“pizzoccheri”) usate per la preparazione di questa pietanza. Ma possono benissimo essere sostituite da tagliatelle integrali di frumento. 5-6-7. Ecco gli informi piatti pasticciati con cui si presentano oggi in Umbria e nel Lazio i maccheroni dolci con le noci (senza contare gli ingredienti sbagliati o dannosi descritti nel testo). 8-9. Ed ecco, invece, come si presenta dignitosamente e in modo pulito e invitante una fetta dei maccheroni con le noci in forma ordinata ed elegante di timballo (versione 3: al cacao amaro). Si notano bene nel taglio gli strati di tagliatelle spesse.
AGGIORNATO IL 24 DICEMBRE 2018
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