mercoledì 30 giugno 2010

PESO. “No pasta” non basta. Effetti duraturi solo con i cereali integrali

Siamo stati tra i primissimi fautori del "tutto con la buccia", cioè tutto integrale. Del resto, il primo e più importante significato di "cibo naturale" secondo l’antica Scuola naturista dell’alimentazione come medicina è quello della completezza degli alimenti. Già il medico Ippocrate aveva notato che coloro che si allontanavano dal pane nero andavano incontro a disturbi e malattie, a cominciare dalla stitichezza.
La raffinazione, che nei tempi antichi era un lusso, rende il pane più soffice e le farine più conservabili – un problema serio per gli uomini antichi e i moderni Paesi poveri – ma lascia quasi il solo amido, che dà calorie, troppe calorie, senza proteggere da nulla se non dalla magrezza. E invece fa perdere quasi tutto quello che nei cereali integrali protegge e previene, come fibre, saponine, inibitori delle proteasi, fitati, lectine, acidi grassi essenziali, polifenoli, vitamine B, sali minerali rari.
E infatti la scienza ha confermato la Tradizione antica, rilanciata dai medici naturisti già negli anni Trenta del Novecento, per arrivare poi alle riscoperte etno-epidemiologiche in Gran Bretagna e in Africa di Burkitt e colleghi inglesi.
Eppure, negli anni ’70 e ’80 alcuni dietologi tromboni che allora andavano per la maggiore perfino sui giornali d’una "intellighentzia" poco intelligente sostenevano che i cereali integrali erano puro "faddism", fisime, fissazione inutile, "leggenda". Senti chi parla.
Certo, sono più numerose le leggende degli ignoranti che pontificano sicuri di sé o dei fanatici che vogliono fare proseliti (specie su internet), come si è visto nell’articolo precedente. Ma può essere addirittura peggiore lo scetticismo conservatore degli esperti che non si aggiornano, rifiutano le novità, fanno resistenza, si "affezionano" alle cose studiate all’Università quand’erano giovani, e magari si scopre che monetizzano questo strano "conservatorismo della modernità di ieri", cioè la raffinazione che piace all’industria e al commercio, come consulenti di grandi multinazionali alimentari. E così tutto si capisce. Come si capisce anche che non credono più alla scienza. Insomma, una sorta di analfabetismo di ritorno.
Al contrario, la moderna scienza sperimentale dà ormai per assodata l’importanza preventiva dei cereali integrali e dei loro derivati (grano tenero in chicchi integrali, anche crudo germogliato, farina di grano tenero integrale, fiocchi di avena, semola di grano duro integrale, pane integrale, pizzoccheri di saraceno, pasta da cuocere integrale, riso integrale, orzo integrale, ecc.).
Ora perfino i fautori del business della "dieta mediterranea" e del finto e commerciale "made in Italy" hanno capito che bisogna mangiare meno pasta, meno pane, meno cereali, perché non sono affatto protettivi quando sono "bianchi", cioè raffinati, anzi sono un grave problema, essendo la prima causa degli aumentati rischi di stitichezza, sovrappeso, obesità, resistenza insulinica, sindrome metabolica, diabete, colesterolemia e tumori. Basta vedere l’abuso di cereali raffinati (pasta, pane, cus-cus, riso) che si fa oggi in Grecia, Italia del Sud, Africa e Paesi arabi, e in minor misura nell’estremo Oriente.
Tutti problemi che non ci sarebbero, o che sarebbero diminuiti, se la gente fosse educata fin da piccola a consumare solo cereali integrali. E tra tutti gli usi dei cereali raffinati, quello del riso bianco è certo il più assurdo e scandaloso, perché alla raffinazione si aggiunge la capacità del particolare amido del riso di favorire l’immediata secrezione di grande quantità di insulina e la costipazione.

Perciò, pur di riaccendere la razionalità dei lettori e di qualche nutrizionista critico (ce ne saranno rimasti?), riportiamo un articolo che commenta uno studio sull’efficacia di una dieta con meno carboidrati nella riduzione del peso in soggetti affetti da resistenza insulinica, sindrome oggi sempre più diffusa. Interessante il commento integrativo di grande buonsenso del diabetologo Riccardi sulla superiorità metabolica dei cereali integrali (E. Meli, Corriere della Sera):
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MENO CARBOIDRATI PER CALARE SUBITO, MA ALLA LUNGA IL PESO RITORNA

Tagliare i grassi fa meno "effetto" sul breve periodo, soprattutto in chi soffre di resistenza all'insulina, ma bisogna essere equilibrati per avere risultati duraturi..
Una dieta di tre mesi a basso contenuto di carboidrati fa dimagrire di più rispetto a un regime che fornisce lo stesso numero di calorie ma taglia i grassi. Secondo una ricerca presentata all'ultimo congresso della Endocrine Society statunitense questo è vero almeno nelle donne obese che soffrono di resistenza all'insulina, ovvero hanno già un piede nel diabete.
I ricercatori hanno coinvolto 45 donne obese fra i 18 e i 65 anni assegnando loro due diverse diete da seguire per tre mesi: nella prima il 60 per cento delle calorie proveniva dai carboidrati, il 20 per cento dai grassi e il resto dalle proteine; nell'altra i carboidrati erano ridotti al 45 per cento e i grassi, per lo più insaturi da fonti vegetali come noci e nocciole, arrivavano al 35 per cento; in entrambi i casi erano previste ogni giorno tre porzioni di verdura e due di frutta.
Passati i tre mesi le donne che avevano ridotto i carboidrati avevano perso circa 9 chili, un chilo e mezzo in più rispetto alle altre. "Di solito a chi vuol dimagrire si consiglia sempre di ridurre i grassi: questi dati dimostrano che non tutti rispondono alla stessa dieta allo stesso modo, dice Raymond Plodkowski, l'endocrinologo dell'Università del Nevada che ha coordinato lo studio. Chi soffre di resistenza all'insulina metabolizza i carboidrati in modo anomalo e questo può influenzare la perdita di peso: per loro ridurre i carboidrati sembra particolarmente necessario e garantisce migliori effetti, almeno nel breve periodo".
Già, perché tre mesi sono un po' pochini per essere certi che i chili persi non torneranno. Troppo pochi secondo Gabriele Riccardi, presidente della Società Italiana di Diabetologia, che commenta: "È ormai arcinoto che ridurre i carboidrati è il mezzo migliore per dimagrire nel breve termine, ovvero nel giro di sei mesi, anche a prescindere dalla presenza della resistenza all'insulina: un regime alimentare standard prevede il 60 per cento delle calorie dai carboidrati, per cui ridurli è mirare al bersaglio grosso, difficile non calare di peso. Il problema è che poi i chili persi tornano, al massimo nel giro di due anni: succede perché una dieta con pochi carboidrati viene sentita come "innaturale", è troppo lontana dalla nostra alimentazione standard. Così è più probabile abbandonarla". I primi mesi tutto è relativamente più facile, perché a sostenerci è la motivazione degli inizi: quando però in famiglia tutti mangiano la pasta, gli amici ci invitano fuori per una pizza o nella pausa pranzo l'unica alternativa disponibile è un panino, la volontà non può che vacillare.
"Qualche tempo fa uno studio ha dimostrato che il mezzo migliore per dimagrire nel lungo termine è sostituire i carboidrati raffinati con quelli integrali, aumentando il consumo di frutta e verdura – riprende Riccardi –. La perdita di peso è meno clamorosa, ma si mantiene costante anche dopo due anni. Ed è proprio quello che serve per ottenere un risultato reale: non bisogna rincorrere l'effetto eclatante ma effimero, bensì lavorare pian piano modificando l'alimentazione poco per volta e in maniera compatibile con le nostre abitudini, per ottenere una perdita di peso buona e soprattutto duratura", conclude l'esperto".

Ecco lo studio originale di cui riportiamo le conclusioni in abstract per utilità dei lettori:
EFFECT OF DIET COMPOSITION ON WEIGHT LOSS IN INSULIN RESISTANT PEOPLE
RA Plodkowski, ST St Jeor, QT Nguyen, GCJ Fernandez, VB Dahir. Univ of Nevada Sch of Med, Reno, NV; VA Sierra Nevada Hlth Care Syst, Reno, NV; Univ of Nevada, Reno, NV.
Background: There has been controversy regarding the best macronutrient composition for calorie restricted diets for weight loss. Many professionals and health advocacy groups recommend a low fat diet but low carbohydrate diets have also been popular. However, one diet may not give optimal weight loss for all individuals. This study was conducted to determine if diet composition would impact the amount of weight loss in insulin resistant (IR) participants.
Methods: Females (n=45) between 18 and 65 years of age and a BMI 30-40 kg/m2 were recruited from the general population. After informed consent was performed, fasting insulin levels were used to identify IR subjects (>15 uIU/mL). The IR subjects were randomly assigned to either a low fat diet (LF: 60% carbohydrate, 20% fat and 20% protein) or a low carbohydrate diet (LC: 45% carbohydrate, 35% fat and 20% protein) administered utilizing calorie controlled foods. The primary outcome, change in body weight (kg), was recorded for each subject at 4, 8 and 12 weeks. A repeated measures mixed model ANOVA was used to test the mean differences in the change in body weight from baseline between the LF and LC treatment groups at 4, 8 and 12 weeks. Based on the minimum information criterion, the first-order autoregressive (AR(1)) covariance structure gave the best fit and was used to model the correlation between the three repeated measurements.
Results: No statistically significant baseline differences were observed between the LF and LC groups for mean age (51.1 versus 49.4 years, p=0.58) or baseline body weight (95.2 kg versus 101.5 kg, p=0.0883), respectively. As a group, all IR subjects (LF and LC) significantly lost weight at 4, 8 and 12 weeks (p <0.0001). p="0.10);" p="0.12);" p="0.04),">15 uIU/mL) a low carbohydrate diet yielded significantly more weight loss compared with a low fat diet at 12 weeks. These data have potential widespread applications for clinical practice when counseling people with insulin resistance regarding lowering carbohydrate intakes to help improve weight loss as part of a calorie restricted diet.

IMMAGINI. 1. Pasta corta integrale nel piatto, giustamente valorizzata da ortaggi (in questo caso poca cipolla rossa), olio, erbe aromatiche e cubetti di formaggio. Sarebbe un peccato appiattirla con l'onnipresente salsa di pomodoro, che coprirebbe ogni sapore. 2. Una fetta di pane integrale.

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12 Comments:

Anonymous Signora di Bergamo said...

Chissà perché a molti i cereali integrali non piacciono.

9 luglio 2010 alle ore 15:25  
Blogger Mauro R. said...

L'integrale è un mondo affascinante che mi interessa molto e che mi porto spesso nel lavoro che faccio. Ma, nello stesso tempo, non mi sento di demonizzare i carboidrati raffinati. Si può avere una corretta alimentazione mangiando entrambi, a mio parere. Tutto sta nelle GIUSTE quantità e nella varietà di ciò che si mangia. Insomma non esiste, a mio parere, un cibo miracoloso. Ciò che è importante, credo, è la quantità/qualità/varietà di ciò che si mangia.
Un saluto, da questo spazio si ricavano soltanto spunti interessanti. Complimenti.

12 luglio 2010 alle ore 09:09  
Blogger Nico Valerio said...

Mauro, non è questione di santificare o demonizzare. Siamo ancora a questo punto? Non è il tifo calcistico. Non ci devono essere "idee" personali. Qui ci sono delle risultanze scientifiche univoche da 80 anni, anzi dai tempi di Ippocrate, di fronte a cui dobbiamo piegarci, e che possiamo solo imparare, non discutere. La scienza non va a simpatia, o a maggioranza, non è fotogenica, né democratica...:-). Nè consente "opinioni". I cereali raffinati non hanno alcun vantaggio, solo difetti e aumento di rischi di ogni sorta. Quindi non possono essere
"rivalutati". Pane e pizze e paste di farina raffinata fanno solo male, clinicamente ed epidemiologicamente. Lo dicono migliaia di studi scientifici sulle grandi riviste, e perfino tutte le Piramidi alimentari, e senza neanche il bisogno di arrivare a quella del prof. Willett che mette - giustamente - i cereali raffinati in cima alla Piramide (cibi da consumare "il meno possibile"). E siccome la Tradizione antica lo conferma, questo è lo stato dell'arte in materia. Chi non mangia cereali integrali NON fa alimentazione sana e naturale, neanche se mangiasse 10 pz di verdura e frutta. Perché la raffinazione, cioè la radicale trasformazione tecnologica e l'impoverimento totale dei cereali, ne fa dei cibi artificiali e poverissimi. Un'alimentazione "sana" e "naturale" non può essere fatta di cibi artificiali. Sarebbe una contraddizione elementare. E non è neanche questione di "quantità" minima. I cereali sono per quantità il secondo cibo dopo le verdure, non un complemento secondario. Quindi sono fondamentali. Ed è quindi fondamentale che siano completi, cioè naturali.
Lo so che questo non entra in testa alla gente, nutrizionisti compresi,ma così dicono la Scienza e la Tradizione. Ecco perché così poche persone al Mondo fanno realmente "alimentazione naturale". Malgrado i soliti furbi (v. internet, libretti e negozi) si siano impossessati del termine accattivante per fare soldi.

12 luglio 2010 alle ore 15:01  
Anonymous Anonimo said...

Mi chiedo a questo punto quali siano i cereali integrali più adatti per un uso regolare. Tendenzialmente avrei privilegiato il riso integrale (senza trascurare farro, orzo, grano saraceno, ecc.) che a buone ragioni scientificamente determinate non annoveri nei tuoi post tra i migliori. In cosa sono preferibili le più comuni qualità di grano integrale o di avena, ad esempio?
Ringrazio e mi complimento per l'altissimo livello dei contenuti e per la profondità d'indagine.

13 luglio 2010 alle ore 19:22  
Blogger Mauro R. said...

Il tuo ragionamento non fa una piega. Alimentazione Naurale= 0 alimenti artificiali o che in qualche modo, subiscono trasformazioni tecnologiche che ne alterano le caratteristiche nutrizionali. Perfettamente d'accordo, del resto non si può andare contro dimostrazioni scientifiche. Qui allora dobbiamo chiarire che cosa intendiamo per "alimentazione CORRETTA" di cui parlavo io nel commento (non di naturale): un alimentazione che non porti a patologie riconducibili alle abitudini alimentari...giusto? Chi ha un'alimentazione varia, ricca quindi di ogni tipo di carboidrato raffinato e non...non mi sembra abbia quadri clinici disastrosi. Il problema è NON CONSUMARE cereali. E in questo sono completamente d'accordo con te.
In quanto a risultanze scientifiche, Nico, l'esperienza mi porta ad essere scettico, ti racconto un aneddoto: intorno agli anni '70, parecchi studi scientifici dimostravano come la margarina ricca di grassi idrogenati era da preferire al burro nell'alimentazione. Risultato? L'america, negli anni successivi, ha toccato il picco di morti per malattie cardiovascolari ed è così stato tutto ritrattato in maniera molto...molto strana. Nico, i cereali fanno benissimo e ci sono ricerche molto serie a riguardo come ben sottolinei, non vorrei mai generalizzare. Ma mi va di prendere tutto con spirito critico, e perchè no, mi va anche di sollevare dubbi per avere risposte che so che tu hai. :)
Un saluto.

14 luglio 2010 alle ore 09:47  
Blogger Nico Valerio said...

Mauro, come sai, la Scienza non è una Religione che ha la Verità. Va a zig-zag, sempre. E giustamente. Per prove ed errori. Ogni studio, che non è mai generale ma si riferisce ad alcuni soggetti in particolari condizioni, va visto lungo il tempo (un tempo breve, però). Se confermato negli anni successivi ad altri soggetti e da altri ricercatori è valido, altrimenti no. E alcuni studi sono condotti male, come tutte le cose umane. La margarina, appunto, venne smentita pochi anni dopo. Ma il pubblico, montato dalla pubblicità dei produttori, ormai si era abituato, e - ci risiamo - dietologi e medici che non si aggiornano continuarono ad osannarla, anche loro influenzati non dalla Scienza ma dalla pubblicità e dagli interessi dei produttori. Come sempre.
Diversissimo il caso in questione: su cereali integrali ecc. la letteratura è concorde da molti decenni, se non bastasse la lunga prova inconfutabile della Tradizione. Il pane integrale non è una novità tecnologica come la margarina. Più che Romolo, lo mangiavano gli operai di Romolo, e forse Romolo stesso, ma solo per merenda, quando arava il suo campo. A casa avrà mangiato il piatto tipico di Roma: le crocchette di miglio cotto nel latte (fitilla). Poi la "polenta" di orzo, e più tardi la puls di farro. Tranne il miglio, che integrale non si può mangiare, tutti gli altri cereali erano sempre completi.

14 luglio 2010 alle ore 10:33  
Blogger Mauro R. said...

Concordo con te...e aggiungo, si ha anche un gusto migliore e più completo senza la raffinazione. Immagina di fare un pane con le conoscenze sulla lievitazione naturale di oggi, ma con i cereali veri di ieri, senza modificazioni alcune del loro patrimonio genetico (è rimasto, credo, solo il kamut privo di modifiche...). Romolo si leccherebbe i baffi per la morbidezza e fragranza che questo pane avrebbe rispetto a quello che mangiava lui!
A questo punto mi chiedo: perchè è ancora troppo timida la spinta che si deve dare "all'integrale"?
Sempre congratulazioni per questo tuo blog.

21 luglio 2010 alle ore 09:22  
Anonymous chimicionline said...

Ormai da tempo e per scelta personale prediligo l'integrale e ne sono soddisfatta

21 settembre 2010 alle ore 18:37  
Blogger Nico Valerio said...

Mauro Ronci, hai ragione. Chi oggi mangia integrale forse mangia meglio non di Romolo (che non conosceva ancora le possibili sofisticazioni) ma certo meglio d'un romano medio dei tempi di Augusto.
No, anche il kamut è modificato. Tanto è vero, come ho scritto, che è un marchio registrato: segno che qualche società vi ha investito grossi capitali già nella fase agronomica. Ma è solo uno dei grani antichi: ce ne sono centinaia.
L'integrale non va per due motivi: è visto come una stranezza anziché come la norma (l'uomo alimentare è molto conformista), e poi perché la tradizione recente ha imposto i cereali come cibo neutro, senza sapore, da insaporire solo con companatico, condimento e e contorni. A nessuno viene in mente che anche il pane o il riso debbano avere un proprio gusto deciso. E' una tendenza generale metropolitana: perfino tra i formaggi vanno di più quelli insipidi (mozzarelle, stracchini, crescenze, ricotte ecc)

27 settembre 2010 alle ore 11:20  
Blogger Nico Valerio said...

Anonimo (e tutti coloro che chiedono una specie di "classifica" dei cereali integrali), tutti vanno bene, non facciamo ostracismi. Il riso va solo meno bene a causa del suo particolare amido che porta ad un innalzamento rapido della glicemia e quindi della risposta insulinica. Specialmente quando è raffinato. Io non lo consiglio certo ogni giorno. E poi anche i cereali vanno alternati. Non è un caso che il grano o frumento (grano tenero, grano duro, spelta, farro e kamut vari: le differenze sono minime, più che altro pubblicitarie e snobistiche) sia così presente nelle culture alimentari di tutto il mondo e specialmente nella nostra: è davvero il più versatile e nutriente. Per dirne solo una: le sue proteine possono essere il doppio di quelle di altri cereali... Inutile perciò su questo punto fare gli "alternativi" o gli "esotici". Qualche positivista insinua che col riso, tantomeno se bianco, i Romani non avrebbero costruito quella civiltà che costruirono...
Subito dopo metterei l'avena, cereale europeo, molto protettiva, tenera, leggerissimo, di estrema digeribilità, dotato di grassi vegetali utili, di buon sapore anche a crudo, molto pratica nel dolce e nel salato (fiocchi), vero e proprio fast-food salutista. Poi il saraceno per il suo sapore unico dovuto anche alla forte presenza di polifenoli antiossidanti. Poi l'orzo. Poi il riso, la segale e infine il mais o granturco. Ma questa è una mia classifica di buonsenso.

27 settembre 2010 alle ore 11:55  
Anonymous Marco said...

Sono un po' confuso... Grazie al suo articolo postato nel sito di Albanesi(I cibi "non violenti" si vendicano di chi li mangia), sono venuto a conoscenza del suo bellissimo blog, ma... praticamente avete due posizioni molto distanti per quanto riguarda i cereali integrali.
Mi dia qualche spunto per dissipare i miei dubbi.

Grazie e complimenti per il blog.

11 maggio 2013 alle ore 10:23  
Blogger Nico Valerio said...

Marco, sul web ci sono i divulgatori più diversi che sostengono le idee più diverse. Sul cibo, però, questo "avere convinzioni" o idee è molto pericoloso, perché non tiene conto della storia del cibo (tradizioni) che pure sono una "prova", un trial scientifico di millenni, e delle risultanze della scienza. Sui cereali, perciò, tu puoi leggere i siti che vuoi, ma devi ragionare così: come li mangiavano i nostri Antenati? E come dovrebbero essere mangiati dagli scienziati di oggi? Scopriresti che i due piani coincidono. Gli Antichi non avevano neanche i mulini adatti a raffinare troppo i cereali, figuriamoci. E solo dalla fine dell'800 che abbiamo cominciato a consumarli raffinatissimi. Perfino Ippocrate consigliava i cereali integrali per evitare la stitichezza. Oggi i cereali integrali si impongono non solo perché hanno acidi grassi essenziali protettivi e vitamina E nel germe, ma soprattutto perché hanno amidi resistenti e fibre che arrivano indigeste al colon, dove sono fermentate dalla flora simbionte con produzione di acidi grassi saturi a catena corta che proteggono non solo le mucose intestinali dal cancro e le mantengono efficienti, ma riducono la sintesi del colesterolo, la glicemia e la secrezione insulinica... Quindi in un colpo solo: anti-stipsi, anti-sovrappeso, anti-obesità, anti-sindrome metabolica, anti malattie cardio-vascolari, anticancro, anti-diabete... Basta? Purtroppo per il raffreddore non c'è niente da fare. Questo in grande sintesi (infatti dimentico l'anti-metastasi dei fitati, le saponine e gli anti-enzimi). Di contro c'è una minore assimilazione di vari nutrienti. E allora? Qual è più importante secondo te?

30 dicembre 2013 alle ore 00:19  

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