giovedì 30 agosto 2007

TERAPIA CON ALIMENTI. Per l’Ente di Stato in Italia è quasi una leggenda.

L'ultimo recente studio di biologia sperimentale finalizzato alla ricerca oncologica, con richiami dai siti web, compreso il notiziario di divulgazione scientifica della BBC, conferma il potere antiossidante e anti-cancro degli antociani, coloranti polifenolici tipici dei tanti vegetali di color rosso-viola o blu (es.: mirtilli, more e altri frutti di bosco, uva nera, ma anche cavolo rosso, cipolle rosse ecc). Questa numerosa famiglia di polifenoli è già presente in molte voci del mio Manuale di Terapie con gli Alimenti (Mondadori, pp.760, esaurito), quindi non si tratta certo di una novità.
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"Censura" preventiva alle notizie scientifiche?
La novità è invece che in Italia questa e altre scoperte scientifiche sugli alimenti preventivi e terapeutici - come si vede nell'articolo precedente - non valgono per i dietologi e neanche per i nutrizionisti di Stato, i più seri dei quali dipendono dal Ministero dell'Agricoltura, che hanno - diciamo - l'atteggiamento scettico del conte Monaldo Leopardi.
Dovrebbero, essendo pagati coi soldi di tutti noi, fornirci dei servizi, no? Per esempio, i dati di composizione di tutti gli alimenti (tutti, perché la libertà e il pluralismo alimentare devono essere rispettati), ma anche una certa divulgazione delle principali scoperte scientifiche sugli alimenti, che oggi toccano anche prevenzione e terapia.
Invece, molti esperti approfittano del loro càmice, del loro ruolo e della carenza di giornalisti scientifici, e si lasciano andare in interviste stampa e tv, e in Forum, a interpretazioni personali non scientifiche e discrezionali, forse condizionate da una discutibile politica alimentare di Stato che gli viene imposta dall’alto.
Politica alimentare di Stato in cui possono entrare elementi opinabili e per niente scientifici, come le direttive del Ministero, i favori protezionistici al "made in Italy" anche quando non lo merita, la réclame al mistificatorio logo commerciale della cosiddetta "Dieta Mediterranea" (quale? quella vera degli antichi Etruschi e Romani o quella di oggi che produce obesità e malattie, come nel nostro Sud o in Grecia?), la retorica del nazionalismo alimentare, le fisime personali, il gusto della battuta iconoclasta, il relativismo, il pessimismo esistenziale, l'idea aristocratica che la gente sia immatura - è vero, per carità, però l’esperto deve sempre dire la verità, anche se quelli capiscono fischi per fiaschi - la sfiducia nella ricerca di laboratorio, il no alla circolazione delle idee - comprese quelle sull'health food - ovvero alla globalizzazione, perfino l'anti-americanismo e le pressioni delle ditte produttrici che cercano proprio nei ministeri e tra gli esperti i propri consulenti. Ecco, mescolate tutti questi ingredienti e avrete l’ideologia unificata dei nutrizionisti italiani che appaiono di più su giornali e tv.
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"Macché prevenzione con gli alimenti"
Per anni i nutrizionisti italiani di Stato e parecchi liberi professionisti hanno condotto una vera campagna di retroguardia, smentendo o attenuando di molto le migliaia di prove scientifiche che dimostrano che non solo un'intera dieta, ma anche i singoli alimenti possono avere efficacia nel prevenire e curare le malattie. Già nel '96, invitati dalla redazione di Teknos a discutere sull'appena uscito mio Manuale di Terapie con gli Alimenti, due noti nutrizionisti dell'Inran espressero lo stesso concetto: "non i singoli cibi ma la dieta mediterranea hanno potere preventivo". Perché? Perché "le dosi alimentari abituali non sono le dosi terapeutiche". Già allora obiettammo 1) che in alcuni casi la scienza ha dimostrato che dosi alimentari "acute", cioè prese una volta sola, e dosi terapeutiche coincidono (es. un terzo di cucchiaino di zenzero, anti-chinetosi, una sola tazzina di caffè, nervino), 2) che nella maggior parte dei casi l'alimentazione naturale consiste proprio in assunzioni "croniche", cioè ripetute ogni giorno per lunghi anni o per tutta la vita. Perché i salutisti cambiano ad uno ad uno tutti gli alimenti, non uno solo. Quindi l’alimentazione naturale è pervasiva e incide molto sull’epidemiologia. Ne consegue 3) che la prevenzione con gli alimenti, essendo protratta come "dieta di lungo periodo", in cui quasi tutti gli alimenti sono cambiati e perfezionati (p.es, cereali integrali, legumi, numerose porzioni di verdura colorata e frutta ogni giorno e per decenni), si realizza appunto la condizione "impossibile" ipotizzata dai nutrizionisti.
Ma chi mangia al naturale, tranne casi particolari, mangia molto meglio, non peggio degli altri come ritengono certi nutrizionisti di Stato. Tant’è vero che noi naturisti, salutisti e-o vegetariani completi abbiamo meno rischi su tutte le malattie degenerative e da benessere. Ci sono migliaia e migliaia di studi sulle principali riviste scientifiche. 3200 studi, dodici anni fa, servirono, tutti citati e molti spiegati, per il Manuale di Terapie. O no? Ma ora i nutrizionisti di Stato ci vengono a raccontare che no, non è vero niente: l’Uomo non è andato sulla Luna. 
E poi ignorano tutto della psicologia e degli usi degli ambienti naturisti, salutisti e vegetariani. E quindi sbagliano. Sulla pasta integrale, infatti, rispondono in sostanza: "Sì, in teoria sarebbe migliore, ma in pratica è inutile. Meglio mangiare verdura e frutta. Perché uno sulla pasta integrale potrebbe metterci anche panna o bacon". Ecco, questa è l’argomentazione tipica del nostro esperto. Non sanno che uno che ha fatto tanto per cercare la pasta integrale è perché è salutista, e quindi non solo la condirà con vegetali, per di più possibilmente crudi o poco cotti, ma mangerà anche molti legumi, verdure e frutta. Sanno che vuol dire "stile di vita"? Sembra di no.
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La verità sul bluff della cosiddetta "Dieta Mediterranea"
Da giovane scrissi come "ghost writer" o autore-ombra per Nino Manfredi, che si piccava di essere un cultore del cibo genuino e all'antica, un divertente (anche per me che lo scrivevo - libro sulla "vera dieta mediterranea", ovviamente quella rustica e ricca di vegetali d’un tempo remoto, la sola degna di questo nome. Ricette stupende: basti la vera pizza napoletana, integrale, squisita e indimenticabile. Ma anche io compii un’astrazione. Visto che l’editor me lo chiedeva, cambiai tutto il lardo e lo strutto in olio d’oliva. Certo, era un’ideologismo, una cosa anti-storica. Era più un "dover essere", una cosa futura, che un "essere", cioè una cosa realmente accaduta, visto che mia nonna e anche le nonne altrui friggevano con lo strutto, altroché, e mica da poco tempo, diciamo dagli Etruschi e antichi Romani. Ma, ripeto a mia giustificazione, il libro doveva essere leggero, cioè doveva "mettersi dalla parte dell'attore Manfredi", sembrare scritto da lui, che ovviamente non sapeva scrivere bene, doveva parlare al posto suo!

Grave, invece, è l’uso che oggi pubblicità e nutrizionisti fanno del termine Dieta Mediterranea: è ambiguo e fuorviante. E sa di business. Come se la dieta mediterranea fosse una dieta storica recente e non solo una comoda astrazione, anzi uno slogan pubblicitario del Ministero dell'Agricoltura e dei Coltivatori diretti per vendere meglio le produzioni del made in Italy. Diciamolo che "il Re è nudo". Questa dieta per la massa non esiste. Oggi nessuno - tranne il sottoscritto e pochi naturisti (questo è il nome esatto) - la pratica. Tant'è vero che non solo a Creta durante lo studio Seven Countries di Ancel Keys (inventore, appunto, dell'espressione "Mediterranean Diet"), ma addirittura nell'Italia della retorica dell'olio e dell’olivo (in italiano non regionale si scrive con la "o"), il grasso più usato per la cucina e specialmente per la cottura è sempre stato il lardo, o lo strutto. Altro che olio di oliva. I Romani (sul tema ho studiato e ho scritto un libro) per secoli usarono l'olio d'oliva quasi solo per le lampade ai morti e gli unguenti. Come nota con meraviglia lo storico André, perfino sull’insalata, sempre ben acetata e poco salata, nei primi secoli non lo mettevano. E ancora negli anni ‘60 del Novecento molti italiani, spagnoli e greci – non parliamo degli altri) preferivano in cucina e a tavola l'olio di semi. Come oggi tutti i ristoranti per le fritture: basta vedere i bidoni nei cumuli di rifiuti. E il pesce si mangiava solo sulle coste. E quando a dorso di mulo o sui carretti arrivavano baccalà e acciughe (conservati sotto sale, of course), nei paesini dell'entroterra e in montagna era una festa. E chi vedeva la pastasciutta, costosa come tutto il grano, sia industriale sia fatta in casa? Non era cibo popolare quotidiano, ma della festa o del ceto più abbiente, e quasi solo in Liguria, Veneto, Centro-Sud. Ma almeno la frutta. No, tranne le scorpacciate dei giorni della maturazione, era rara a tavola e fuori. E, altro che cibo "fresco di stagione": senza frigoriferi, si mangiavano di continuo conserve. Quindi, non diciamo balle. La Dieta Mediterranea, è solo un'astrazione, una retro-proiezione recente, una razionalizzazione scientifica dell’alimentazione povera, naturista e talvolta vegetariana dell’Antichità. Bisogna studiare anche la storia, signori nutrizionisti. Perché il cibo sano è Storia: non l’avete inventato voi, ma l’anno sperimentato per prove ed errori i nostri progenitori (cfr. La Tavola degli Antichi, Mangiare Italiano). E chi parla di continuo di Dieta Mediterranea oggi, come uno slogan, senza spiegare i particolari, i "se" e i "ma", fa solo pubblicità, si adegua a qualche marchio, al business.
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"Ora v'insegno come interpretare la scienza..."
Ma ritorniamo all’articolo del Corriere. Non meraviglia che, addirittura prima della notizia dei vegetali violetti anti-cancro, già il sovrattitolo, come si usava prima del 1989 per le notizie della Pravda sovietica, riporti le obiezioni del nutrizionista di Stato che finisce inevitabilmente per "indirizzare", "condizionare" il giornalista e il pensiero del lettore più sprovveduto. Ripeto, è colpa dell'impaginatore, il nutrizionista non ha colpe: Gli antociani dei frutti di bosco? "Ma non bisogna considerarli elisir di lunga vita". E chi li considera "elisir"? Insomma, un vero processo alle intenzioni. Si cerca addirittura di deviare, di prevenire, l'interpretazione d'uno studio scientifico in senso riduttivo, fino praticamente ad annullarlo.
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La galletta di riso, simbolo-feticcio della signora inesperta
Certo, io pungolo gli esperti, ma la gente comune, specie se sposa l’alternativa senza avere cognizioni minime di scienza, è di gran lunga peggiore. I nutrizionisti di Stato più pessimisti hanno ragione su questo, e noi siamo sempre stati d'accordo. Io non ho potuto più scrivere su certe riviste perché gli inserzionisti di prodotti esotici, alcuni dei quali dannosi, posero l’aut-aut: o lui o la nostra pubblicità.
Sbaglia chi considera i singoli cibi naturali l'equivalente delle pilloline che risolvono tutto, specialmente in piccole porzioni ogni tanto e con dieta e abitudini di vita immutate. E cade in un equivoco che può essere perfino pericoloso, se smette una cura in atto. Sappiamo bene, per aver scritto tanti manuali molto venduti e aver tenuto tanti Corsi, che la classica signora-tipo che si interessa di alimentazione, come anche la tipica giornalista (quasi sempre laureata in lettere) che scrive di salute, bellezza e alimenti sulle riviste femminili, credono proprio questo: che basti mangiare uno yogurt biologico, o una galletta di riso, o un frutto, o tre noci, o un torroncino di quinoa, per "risolvere", per perfezionare la propria nutrizione e mettersi a posto, consumisticamente e snobisticamente, la coscienza. Ma non è così.
E questo fa giustamente arrabbiare i nutrizionisti di Stato pessimisti. E anche me. Loro, però - ecco la differenza - sembrano perdere il lume della ragione e fare d'ogni erba un fascio. Ignorano, p.es., che non gli "esoterici", ma i milioni di naturisti o salutisti, ormai abbastanza esperti dell’abc, hanno già cambiato "tutti" gli alimenti sulla tavola, non uno solo. Quindi siamo alla famosa "dieta di lungo periodo", cari nutrizionisti pessimisti, proprio quella molto efficace - non secondo le mie idee (io non ho "idee"), ma secondo la scienza prevalente, con molte migliaia di studi scientifici - per prevenire e curare, come si usa dire, cioè per ridurre i rischi.
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Le "perle" dell'esperto inesperto del mondo salutista
E invece, per criticare l'ignoranza della gente se la cavano con un po’ di battute che vorrebbero essere dissacranti, che esemplifichiamo così, in sintesi: "I cereali integrali? Vanno bene per gli americani, ma non in Italia", "In Italia [e che, siamo gli scemi del villaggio globale? NdR] basta la normale dieta mediterranea", [cioè?]. "Le noci? Non servono a niente", "Pane integrale o di segale lodato dalla scienza? Sì, ma è quello fatto apposta per i laboratori, non quello del fornaio sottocasa" [E’ vero, ma si vede che sono inesperti del mondo salutista: gli sfugge il buon pane dei negozi di alimenti naturali dove vanno di norma i salutisti, NdR]". La pastasciutta integrale? Sì, ma se la condisci "con panna o pancetta" è anche peggio [ma nessun salutista lo farebbe mai!]. Il lievito di birra come integratore? Una sciocchezza. Anzi, attenti, può provocare la gotta", "Miele più sano e terapeutico dello zucchero? No", risponde lapidario e provocatorio, senza dare spiegazioni). E così via, in modo davvero imbarazzante, tra battute, errori, imprecisioni, semplificazioni. Non rischia tutto ciò per essere diseducativo?
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"Signora mia, basta con tutto questo salutismo"
Morale della favola. Se dovessero diffondersi le idee di certi nutrizionisti italiani, ne sentiremmo delle belle d'estate sotto l'ombrellone o d'inverno nel salotto: "Ma per carità, signora mia, non se ne può più con questa storia dei cibi sani e naturali! Che palle la salute! Si ricorda quant'era buono e sano il pane bianco insipido e pieno di additivi, con la porchetta di Ariccia dalla saporita pelle bruciacchiata e perciò sanamente cancerogena? E lo zucchero bianco raffinato (6 cucchiaini nel caffè)? E un paio di ottimi wurstel su fette di pane in cassetta che non ammuffiva mai, cosparso di buona margarina ça va sans dire, con della provola affumicata piena di benzo-a-pirene, e tanta, tanta, carne alla brace del barbecue che intossicava - ricorda - come 400 sigarette? Già, ma poi perché smettere di fumare? Eh, bei tempi, signora mia. Vuol fare il bis col radicchio rosso di Treviso passato alla piastra? [per cui curiosamente non pochi nutrizionisti, per evitare l'olio di cottura, mostrano di avere un debole, NdR]. E chi se ne frega se perde tutte le sue proprietà e diventa cancerogeno. Quinoline? "Quino" che? Ma lasci sta’. A proposito, desidera ancora un tocchetto di lardo di Colonnata? Mi è costato un occhio della testa. Signora mia, basta con i privilegi della Destra, anche la Sinistra deve saper vivere: lo vuole un wiskino? I sigaretti "Guevera jr" sono sul tavolino". E fuck-off ai salutisti e ai ricercatori scientifici che li aizzano".
Ecco, buttandola sul cabaret, dove portano gli "insegnamenti" revisionistici dei nutrizionisti italiani, solidali, chi più chi meno, nel negare quello che la scienza ha ampiamente dimostrato, cioè che:
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1. Molti alimenti prevengono e curano: lo provano migliaia di studi.
2. I cereali è meglio mangiarli integrali, perché i principi attivi stanno nel rivestimento, e anche per la fibra
3. I legumi vanno mangiati molto spesso, perché sono altamente preventivi
4. Le uova non vanno penalizzate
5. La carne non è essenziale, perché non contiene nulla di esclusivo
6. Naturisti e salutisti non sono dei pazzi, ma gente attenta alla salute e alla completezza del cibo. Più dei nutrizionisti stessi
7. Il vegetarismo, se ben praticato, non ha più rischi, ma meno rischi rispetto a numerose malattie
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Invece, il messaggio finale dei nutrizionisti pessimisti e di Stato viene recepito così: mangiate come avete sempre fatto. Ma quali negozietti alternativi! Mangiate quello che trovate nel supermarket o nel negozio sotto casa, che se no l'industria del made in Italy protesta. E quale "cura con gli alimenti": per questo ci sono i farmaci. Insomma, tutto bene (o male) madama la marchesa. E che tutto resti così com'è.
Ma perché, chiediamo, l'industria italiana, non potrebbe riciclarsi, e tornare con gli stessi profitti, dopo adeguato battage (ecco il vero ruolo dell'Inran: educativo) - tanto per fare esempi - alla farina di frumento con fibra e germe, almeno alla farina n.1 e 2, al pane davvero integrale e lievitato a pasta acida, alla pasta integrale, allo zucchero scuro?
E l'Inran, anziché prescriverli solo 2-3 volte a settimana - ma perché? -non potrebbe promuovere per gli adulti il largo consumo, perfino quotidiano, di legumi, le cui sostanze antinutrizionali per la scienza sono così efficaci nel controllo del peso e contro le malattie? Io li mangio ogni giorno dal 1992. Lo stesso per le uova, ingiustamente penalizzate, mentre la scienza ha dimostrato che il colesterolo viene eliminato dal fegato senza problemi, e che perfino una grossa tazza colma di tuorli alza il colesterolo totale solo del 10 per cento?
E non sono che due leggende metropolitane in cui cadono i nutrizionisti italiani. E ce ne sono altre.
In quanto alla carne, qui non si vuole fare propaganda al vegetarismo, ma solo alla scienza: la vogliamo smettere di dire che la carne è essenziale? Su quale studio scientifico l'hanno trovato?
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Mancano le ragioni scientifiche
Intendiamoci, se le intenzioni dei nutrizionisti pessimisti fossero scientifiche, sarebbero giustificabili. Lo ripetiamo, anche noi ricordiamo ai lettori di continuo che non basta un singolo cibo consumato ogni tanto a ridurre i rischi. E che per la massa di persone bisogna innanzitutto preoccuparsi che la dieta sia sufficiente. Ma, come mai bambini, donne e anziani in Italia sono grassi? Significa che i nutrizionisti, pagati per fare educazione nutrizionale, non la fanno, non la sanno fare. Non basta dire "mangiate un po’ meno di tutto", bisogna indicare i cibi che facilitano il dimagrimento. E negare a priori il potere preventivo e terapeutico dei cibi è contro la scienza.
Se, poi, ci fosse dietro qualche direttiva di politica industriale del Ministero tesa a favorire questo o quel comparto alimentare, magari solo perché italiano, o peggio fisime o antipatie personali, ci sarebbe da preoccuparsi. Perché sarebbero contrabbandate come scienza quelle che sono invece solo opinioni personali. In questo caso sbagliate. Ecco perché giudichiamo male la posizione di nutrizionisti che non rispondono alle domande del pubblico, svicolano, parlano d'altro, dicono cose banali e generiche. Se non spiegano abbastanza entrando nei dettagli scientifici e di limitano a "tagliare con l’accetta" risultano sempre diseducativi. Di educazione alimentare ce ne intendiamo: bisogna usare molte parole, non è roba da Forum o da tv o da Facebook. Non si rendono conto che con un "no" o un "sì" non educa, ma è come se aiutasse la gente a rispondere alle parole crociate? La gente, forse, seguirà il consiglio, ma senza il perché e il come e il quanto non capirà il concetto, e ricadrà nell’errore. E soprattutto continuerà a chiedere, anziché imparare a darsi una risposta.
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Nutrizionisti e dietologi diseducativi
Insomma, è paradossale, ma anche i nutrizionisti possono risultare diseducativi. Per mancanza di intelligenza psicologica. L’esattezza scientifica li porta all’ottusità, come accadde a quel dietologo da tv che, con l’aria sapiente di chi la sa lunga e fa l'anticonformista, esortava a sbucciare la frutta, "perché è una leggenda metropolitana che sulla buccia ci siano più vitamine". E bravo. Così che otteneva? Che la gente sbucciando la frutta e gli ortaggi si privava, magari non delle vitamine (ma in parecchi frutti la buccia contiene più vitamine) ma dell’enorme quantità di polifenoli e sostanze antiossidanti e anti-cancro, tipici della scorza. Ecco: quel laureato, pure professore universitario, lo definireste intelligente? Ecco come certi "esperti" confondono le idee alla gente.
Ma torniamo alle interviste in Tv o al Forum del Corriere. In molte risposte sembra proprio che il nutrizionista stronchi i cibi anti-cancro o anti-diabete o anti-colesterolo più del burro fritto, o delle patatine o del pane bianco, dei gelati, dei grissini e biscotti industriali, e della pasta fatta di farina raffinata. E’ o no un paradosso che genera sconcerto e disorientamento nel pubblico, distruggendo le ultime speranze in una tavola più naturale e sana? Così, la gente finirà per deprimersi e penserà: "tanto vale, allora, tornare a mangiar male come si fa al bar sotto casa o al ristorante". E' quello che vogliono i nutrizionisti di Stato e tutti i pessimisti? Be', speriamo di no.
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Fast-food? Quasi meglio dello slow-food pseudo italiano
E' comprensibile lo sfogo emotivo contro il fast food. Uno pensa al cibo-spazzatura. Solo che è illogico, perché nel mercato libero il motore sono i consumatori, non i produttori. E se i nutrizionisti gli spiegano bene le cose, il pubblico capisce e fa scelte consapevoli. Invece, considerare tutti i consumatori di McDonald dei bambini stupidi è paternalistico e reazionario. Semmai, si tratta di fornire un fast food sano e naturale come alternativa. Infatti alcuni produttori già lo fanno. Oltretutto, i danni del presunto, mai esistito, "slow food" italiano nato per reazione - tutto grassi, fritture, stracotture e proteine sovrabbondanti - sono ben superiori a quelli del fast food: basta ordinare un pasto tradizionale all'antica (da grande festa aristocratica, perché popolani e borghesi non hanno mai mangiato così: ecco un'altra contraddizione) in un ristorante tipico del Piemonte, con i suoi pesantissimi "antipasti" di carni diverse, ad altissimo rischio per coronarie, peso, reni, diabete e alla lunga cancro.
Ma è anche una critica antistorica, perché il fast food c'era già al tempo dei Romani e dei Greci antichi, come ho dimostrato nel libro "La Tavola degli Antichi". E infatti Catone tuonava contro il pane usato al posto della polenta, nuova moda dei "paninari" del 200 aC., come testimonia il toponimo romano di via Panisperna, "pane e prosciutto". E proprio noi italiani, che abbiamo inventato il più tipico fast food industriale della storia, la pastasciutta (che è precotta, infatti è pronta in 5-10 min anziché in un’ora come la semola di grano), non possiamo certo parlare.
D'altra parte, ripeto, oggi in Grecia e nel Sud d'Italia, dove seguono la "dieta mediterranea ignorante" (che non si pone problemi e ignora ogni regola naturista, salutista, integrale, crudista o vegetariana, che i nutrizionisti italiani ritengono faddism, fisime), sono tutti super-grassi e malati. Peggio che negli Stati Uniti. Dove, almeno, ci sono hanno fior di nutrizionisti salutisti.
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"Pastasciutta in Usa? Con lo zucchero"
Insomma, il paradosso è che i nutrizionisti italiani, polemizzino col cibo integrale e naturale (health food) osannato dalla scienza, in favore del cibo raffinato, artefatto, conservato e perciò carente di sostanze utili protettive che oggi mangiamo in Italia.
Fingendo che sia solo per antipatia agli Usa, magari, come fanno alcuni esperti. Fosse vero, sarebbe una idea come un’altra, da rispettare. Ma fa "guerra psicologica". Per terrorizzare i lettori ha avuto il coraggio di scrivere nel Forum che i salutismi Usa - per esempio i cereali integrali consigliati da tutti i Consensus internazionali e anche da alcune Piramidi alimentari - non sono credibili perché - udite, udite - gli Americani "mettono lo zucchero sui maccheroni". Dove? Quando? Siamo stati semmai noi italiani a farlo per primi. Chi è che diffonde leggende metropolitane? Siamo al limite della disinformacija sovietica.
Quello che dicono certi "esperti" nutrizionisti non è vero. Si leggano i ricettari Usa: nessuno americano sensato mette lo zucchero sulla pasta. Ma se anche fosse, l'esponente dell'Inran mostra di non conoscere la storia della pastasciutta: le lagane etrusco-romane in origine erano cosparse di miele (crustula), e oggi ne resta una testimonianza nelle frappe o negli stracci di Carnevale. Oppure erano distese a strati in timballi di ricotta e miele (placenta). Troppo antica quella pasta, perché non bollita ma arrostita al forno o fritta? Va bene, allora ricordiamo che i maccheroni "moderni", siculo-arabi, cioè bolliti, fino a tutto il Rinascimento erano conditi con "zucharo et amandole" (mandorle). Sopravvive infatti la squisita ricetta natalizia dei maccheroni dolci con le noci (Viterbese, Umbria, bassa Toscana) che io preparo ogni Natale e che offrirò a qualcuno di questi ignari nutrizionisti di regime (e si leccheranno i baffi). Quindi, triplice errore, cari finti esperti: scientifico, psicologico e storico.
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Silenzi eloquenti
Anziché contro i cibi naturali e integrali prescritti dagli scienziati di tutto il mondo, vorremmo sentir parlare i nutrizionisti di Stato contro i grissini dell'industria made in Italy, pieni di grassi e di sale (il loro contenuto in sodio nelle tabelle Inran - guarda caso - non c'è. Come mai? Che ci dirà la dott. Carnovale, responsabile delle tabelle? Bisognerebbe indagare su certe assenze nelle tabelle di Stato. Eppure, sono troppi e troppo grassi e troppo artificiali i biscotti che si consumano in Italia. L’Italia è il Paese dei biscotti, delle caramelle. Per forza, manca l’abitudine ai cereali integrali, che riempiono senza ingrassare, e rilasciano meno glucosio e molto lentamente. Perché non parlarne e mettere in guardia bambini e adulti? Macché, silenzio. E anche il pane bianco italiano non è buono, è tra i peggiori al mondo. Perché non denunciarlo?
E che dire della famosa "pasta italiana" da cuocere, ormai quasi solo amido insapore, degli spaghetti che proprio per la loro struttura (fabbricazione industriale) sono poco digeribili perché scendono velocemente nello stomaco senza poter essere masticati? E le lodatissime ma indigeste pizze "napoletane", che non possono non essere malcotte nei pochissimi minuti in cui restano nei (ebbene, sì, cancerogeni, ma non è questo il punto) forni a legna, fatte con farina raffinata 00 o 0, piena di additivi e "facilitatori"? E ancora, quale nutrizionista accennerà al famigerato granturco o mais italiano pieno di pericolose aflatossine per difetti nella raccolta e conservazione (ci sono studi sulla cancerogenicità della polenta italiana)? L'abbiamo dovuto apprendere da un articolo del prof. Corbellini, dell'Associazione Coscioni. E certo pessimo olio italiano "d'oliva" e perfino "extravergine", ben poco salutare, a differenza delle noci su cui, solo perché ormai di moda tra i salutisti, qualche nutrizionisti di regime esercita il suo sarcasmo nel Forum? Povere noci: nessuno le difende perché non esistono lobbies di produttori di noci, come esistono quelle dei pastifici e degli oleifici?
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Le leggende metropolitane degli esperti
Per sintetizzare, sbagliano certo alcuni, pochi, "alternativi", e il largo pubblico, che si bevono qualsiasi leggenda pseudo-scientifica di opuscoli, internet, libri o pubblicità, e credono, per esempio, che uno yogurt biologico, una galletta di riso soffiato (non esiste cibo più artificiale, tecnologico e inutile), un torroncino di quinoa o una tazzina di tè verde una volta tanto, risolvano la loro dieta trasformandola in "salutare" e preventiva. E infatti io nei miei libri mi sono ormai specializzato nello smentire luoghi comuni e leggende. Fino ad essere odiato dalla lobby commerciale dei macrobiotici e da molti "alternativi".
Ma di più non si può. Negare addirittura il cibo terapeutico in sé è, se possibile, ancora più sottoculturale e antiscientifico. E' reazionario e oscurantista, se non peggio. Altro che iconoclasti e anticonformisti come vogliono apparire. I nutrizionisti che si rifiutano di guardare nel canocchiale di Galileo negano ogni validità o valore pratico a migliaia di studi sprimentali od epidemiologici di importanti riviste. E contraddicono anche tutti i Consensus mondiali cardio-diabeto-oncologici. Non credono più nella scienza? Benissimo: si dimettano dalle loro cariche, e non pontifichino più da tv e giornali.
Un tempo esistevano le leggende dei medici di famiglia (vi ricordate la famigerata "pasta in bianco" al burro e formaggio, molto meno sana e digeribile di quella rossa al pomodoro, o il divieto delle uova "a causa" del loro colesterolo?). Ora sappiamo che esistono anche leggende e fisime di nutrizionisti e dietologi di Stato. Non vorremmo che la nutrizione degli Italiani finisse in mano ai burocrati delle provette e alla scienza "ufficiale" di Governo di infausta memoria. Se invece all’esterno si limita a ripetere due sole parole ("dieta mediterranea") senza neanche spiegarle bene al largo pubblico, se non educa secondo la scienza up-to-date ma secondo direttive dall’alto o fisime personali, a che serve un costoso ente di Stato con quasi mille dipendenti, come l'Inran?
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Come sarebbe bello se...
Come sarebbe bello e utile, invece, se anche l’Italia avesse una politica dell'alimentazione fondata non su quello che vuole il Ministero, l’industria, o qualche suo dirigente a titolo personale, ma come nei Paesi anglosassoni sulle acquisizioni della scienza? Perché i nutrrizionisti di regime non chiedono a quello che si chiamava Ministero dell'Agricoltura come mai nella deprecata America, patria di tutti gli studi scientifici e inventrice perfino della Dieta Mediterranea, è così facile trovare al mercato gli italianissimi broccoli che in Italia sono così rari anche d’inverno, mentre abbondano le insipide lattughe sbiancate e i finocchi, inutili sul piano preventivo?
Non sarà che tutta questa scienza di origine anglosassone sul cibo sano e preventivo, come sull’health food, rompe le uova nel paniere dell'industria agroalimentare italiana che ha paura di riconvertirsi? Ma ormai, cari nutrizionisti, altro che "made in Italy" e "Dieta Mediterranea" come marchio furbo per vendere di più e a caro prezzo. Apprendiamo periodicamente dai carabinieri del NAS come mai l’Italia sia diventata improvvisamente prima in Europa e tra le prime al mondo nella redditizia industria del "biologico". Del resto, ci sembravano sospette certe rapidissime riconversioni, per non parlare del sistema delle ditte certificatrici, cioè i controllori, espressione delle ditte produttrici. Altro che costosissimi studi, pagati da tutti noi cittadini, per dimostrare l’indimostrabile sia sul "Bio", sia sugli Ogm.
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Il conte Monaldo e il mercato globale
La verità è che in un mercato globale, delle idee, della scienza e delle merci, non solo i cibi migliori ormai si scelgono non più in Italia, dove la furbizia, l’assenza di controlli e il diffuso sistema di connivenze permette ogni trucco e legittima ogni sospetto, ma per fortuna a livello mondiale (il mio ottimo pane integrale lievitato a pasta acida è fatto di ottima farina canadese). Non solo gli alimenti industriali comuni, da supermarket, ma anche quelli di nicchia e l’health food o cibo della salute.
In quanto ai dietologi e nutrizionisti nostrani, se giustificano qualunque cosa, e propagandano i cibi raffinati e artificiali, i cereali spogliati e l’uso regolare della carne, mentre in controtendenza mondiale sono contro il valore preventivo degli alimenti, contro i cereali integrali, contro il naturismo o salutismo alimentare, che sono alla base della nostra civiltà e ora sono riscoperti dai ricercatori di tutto il mondo per ridurre il sovrappeso e i rischi di malattie, be’, vuol dire semplicemente che sono insieme contro la storia, la scienza e perfino la libertà di nutrizione e di cura dei cittadini. Il conte Monaldo Leopardi, al confronto, era un progressista.

AGGIORNATO IL 7 OTTOBRE 2015

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VEGETALI VIOLA E BLU. Anti-cancro? Sì, ma conta di più l’intera dieta

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Una ricerca dell’Università dell’Ohio conferma le importanti proprietà anticancerogene (e non solo) dei frutti di bosco
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Le cosiddette antocianine, gruppi di pigmenti presenti nella frutta e nella verdura che vanno dal colore rossastro al viola al bluastro, avrebbero la capacità ci contrastare le cellule tumorali. Ciliegie, bacche, mirtilli, uva nera, persino melanzane e cipolle rosse (va tolta solo la prima pellicola sottile, e non vanno lavate), sono tutti alimenti che contengono questi potenti antiossidanti le cui proprietà terapeutiche sono state spesso celebrate da diversi studi. L’ultimo in ordine di tempo si riferisce a un esperimento fatto sui topi in cui si è constatato che le antocianine, presenti nella maggior parte del cibo rosso-bluastro, possono inibire le cellule del cancro al colon. In particolare l’inibizione di queste cellule, con la somministrazione di alcuni alimenti, si è verificata in una percentuale che va dal 50 all’80 per cento dei casi e in generale il 20 per cento delle cellule malate sono state uccise dalle molecole in questione.
La ricerca, presentata all’American Chemical Society da ricercatori dell'Ohio University, si spinge a varie interpretazioni nell’ambito della farmaco-profilassi del cancro e già si pensa a sviluppare una sorta di pillola utilizzandone il principio attivo. Henry Scowcroft, del Cancer Research britannico, ha dichiarato: "Nonostante questo sia solo un piccolo passo in avanti, va sottolineato come questa analisi ci aiuti a comprendere esattamente come e quanto alcune sostanze contenute nella frutta e nella verdura abbiano proprietà anticancerogene".
Inutile dire che gli esperti invitano alla cautela: del resto se si guarda ai risultati delle ultime ricerche che vanno in questa direzione si potrebbe dedurre che i mirtilli prevengono le carie e stimolano una pelle perfetta, mentre le ciliegie hanno proprietà terapeutiche notevoli nelle patologie cardiovascolari e nel diabete. Tutto ciò può essere vero per gli esperimenti in laboratorio, ma in un intero ciclo di vita dell’essere umano il fattore veramente importante a livello di profilassi non può che essere un corretto stile di vita e di alimentazione globale e completo, evitando di individuare solo in particolari cibi elisir di lunga vita.
Come fa notare Andrea Ghiselli, esperto nutrizionista dell’Inran (Istituto Nazionale Ricarca Alimenti e Nutrizione) di Roma, questo tipo di ricerche sono utili soprattutto nell’indagare i meccanismi di certe patologie, più che per la prevenzione, anche perché "si rischia altrimenti di spostare l’attenzione dalle abitudini globali alla singola molecola, cercando ricette facili e sostanze magiche inesistenti. In altri studi, finanziati dal National Cancer Institute, è stato dimostrato che i mirtilli o altri frutti di bosco proteggono dalle malattie cardiovascolari, riducono i livelli di colesterolo nel sangue e rinforzano la memoria, ma sono tutte verità da prendere con le pinze e soprattutto l’impatto degli studi in questione, sancendo gli effetti benefici di sostanze come le antocianine o il pterostilbene (un altro antiossidante naturale), è molto scarso a livello di scienza dell’alimentazione, mentre può essere determinante nella medicina, per approfondire i meccanismi che regolano certe malattie".
Emanuela Di Pasqua
Corriere della Sera online
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Foto: una composizione di mirtilli