lunedì 10 settembre 2007

TE’ VERDE ed “esperti” poco esperti. La "teina" del "thè" è la caffeina di Dio?

I gruppi di discussione (News Groups e Forum), dedicati ai più diversi argomenti, dalla medicina alla poesia, oggi in decadenza per la concorrenza di Facebook, avevano un tempo fior di esperti volontari, molto altruisti, che gentilmente rispondevano perfino a Natale o a Ferragosto alle domande, anzi agli s.o.s., degli inesperti. Grazie a loro si poteva col tempo diventare quasi dei praticoni di computer (quanti problemi ci hanno risolto quei buoni samaritani dei NG!). Ed era buona norma morale restituire la gentilezza: chi era stato aiutato in un campo si sentiva in dovere, se esperto in qualche altra materia, di dare una mano a risolvere i problemi degli altri nei NG più adatti.

Ma il NG di alimentazione (it.salute.alimentazione), oggi in disuso, lasciava già anni fa molto a desiderare. Discreto o mediocre quando si trattava di spiegare calorie, dispendio calorico, carboidrati, proteine ecc, cioè i concetti di base, rivelava paurose carenze ed errori macroscopici quando si parlava di contenuto nutrizionale e non nutrizionale, cioè di proprietà biochimiche, farmacologiche e tossicologiche degli alimenti, specialmente quelli poco comuni al largo pubblico. In questi casi i volontari autonominatisi "esperti", esperti non erano davvero, mostrando di bersi tutte le leggende metropolitane, le etichette e i volantini pubblicitari, che pure dicevano di voler combattere.

Per il godimento degli amici lettori, ecco una chicca tra tante, presa a caso. Un certo Manuel, che poi è quello che ci faceva la figura meno brutta, chiedeva notizie sul tè verde:
- Manuel: "Scusate ho una domanda: il the (sic) verde giapponese contiene caffeina? Grazie".
- Fulmo (sicuro di se e quindi lapidario): "No contiene teina!".
- Francesco Mineo (che così teorizza sul "the classico", sicuro di ortografia e chimica): "Non capisco cosa intenda con giapponese, ma il classico the verde, così come il the classico, contiene ovviamente anche caffeina, oltre alla teina".
- Crononauta: "Il the verde giapponese (che poi ne hanno di diversi tipi) in realtà non è verde ma brunito, grossomodo come quello "classico" (che è classico per noi, ovviamente, ma non per i giapponesi!). Il the giapponese ha usualmente un sapore più amarognolo di quello verde cinese, che è dolciastro, con variazioni di retrogusto a seconda dell'insaporimento del the".
- Manuel: "Si è quello, comprato in Giappone, al gusto amarognolo, è quello che loro bevono cosi , bollente senza zucchero mentre mangiano il sushi o il sashimi. Sta di fatto che se io ne bevo anche un litro la sera non mi fa niente, mentre mi basta un bicchiere di the normale per non dormire fino alle 5 del mattino....
- Crononauta: "Boh, questo è curioso. AFAIK [uno stupido acronimo inglese che vuol dire “per quanto io ne sappia”, NdR] il the giapponese non è deteinato. Ma potrebbe essere una qualità che "di natura" contiene poca teina, questo lo ignoro. Fossi capace di leggere sulle confezioni dei vari the di mia moglie... :-( (ah prima o poi dovrò impararlo quel benedetto giapponese... :-O )..
Ma per fortuna è intervenuto Oliver Kahn, uno che non frequenta quasi mai il NG. Ed è un peccato. Anche perché quando lo ha fatto è stato zittito e svillaneggiato dagli ignoranti "esperti". Ma stavolta, evidentemente, a leggere simili amenità non ha potuto trattenersi. .
- Oliver Kahn: "Non dar retta alle risposte, tutte fasulle:
1. In italiano si scrive , perché the è solo l'articolo inglese e thé* è il tè scritto in francese (ma allora bisognerebbe pronunciarlo non all’italiana, con la e aperta, ma alla francese con la e chiusa.
2. La teina* non esiste in chimica come molecola autonoma: è un vecchio nome in disuso della medesima molecola della caffeina, così chiamata quando presente nel té. 
3. Il tè verde altro non è che il normale tè naturale non ancora fermentato (quello nero è fermentato), quindi ha la stessissima quantità di caffeina del tè nero.
4. Ma la caffeina del tè verde, a causa delle abbondanti catechine presenti (che invece nel tè nero si trasformeranno per ossidazione in flavani cioè in tannini) modula la farmacocinetica cioè l'assimilazione e l'azione farmacologica della caffeina nell'organismo. Cioè la rallenta e la proluinga nel tempo.
5. Quindi il tè verde, pur avendo la medesima quantità di caffeina del tè nero e la medesima qualità di caffeina del caffè, è meno eccitante sul momento ma eccita (leggermente) per molte più ore. Un po' come la Coca Cola (dove infatti ci sono catechine oltre alla caffeina).
6. Tanto che in individui sensibili e non abituati (la caffeina dà abitudine) può dare insonnia anche se lo si prende nel primo pomeriggio.
7. Le catechine sono molto comuni in natura, e stanno perfino sulla buccia delle mele e di altri frutti e ortaggi. Sono sostanze di difesa del frutto, dei pesticidi naturali. Sull'uomo hanno effetti molto positivi (anticancro ecc). Però riducono l'assimilazione dei nutrienti".
Così la risposta competente. Viva Oliver Kahn. Ma perché non risponde più spesso sul NG?
* Il francese thé e la "teina" sembrano termini usati a sproposito in Italia già nell'800. Cfr. A. Communicato, Analisi del Thé del sig. Peligot, Il Cimento, 1843. "Le ricerche fatte sin qui sulla composizione del Thé hanno provato che conteneva il tannino, un olio essenziale aromatico, e la teina, ecc"
AGGIORNATO IL 5 FEBBRAIO 2015

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mercoledì 5 settembre 2007

VIOLA A TAVOLA. More, uva nera, mirtilli e cavolo rosso? A più non posso

Ancora coi mirtilli, frutto selvatico quasi di stagione: ce ne saranno ancora, ai primi di settembre e con questo clima matto, nei cespugli di montagna? L'uva spina, sì, almeno in certe valli interne dell'Appennino. Per associazione di idee mi viene voglia di camminare tra boschi, ruscelli, vette e dirupi, insomma il sano e catartico sport che negli Stati Uniti si chiama hiking, e che nei Paesi anglosassoni, è molto diffuso tra i giovani e le persone intelligenti di ogni età. E' la Wilderness, la vita naturale e selvaggia, che ognuno di noi dovrebbe praticare almeno per un giorno a settimana. Lontano dalle città, dal rumore, dal cemento e dagli uomini. A contatto con se stessi e gli elementi della Natura. Invito tutti a farlo. Senza cravatte e tacchi a spillo, camici bianchi, diplomi, ruoli e divise, senza le stupide convenzioni e le falsità sociali. La Natura fa vedere quello che veramente sei, quello che davvero vali. Ecco perché da noi molti si sottraggono di fronte alla Natura. La vedono giustamente come un esame. Anche una formica li impressiona. Tutto li spaventa. E temono di essere inadeguati, di apparire quello che sono, cioè delle nullità, senza la rassicurante corazza comportamentale, tutta finta, tutta costruita. Del resto, se fanno una "colazione sul prato", si mettono ad una rassicurante vicinanza dalla strada: 2 metri. E la seconda corazza difensiva, l'automobile, deve essere a non più di 5 metri. Homunculus quater-rotalis, l'omuncolo a quattro ruote, una nuova sottospecie purtroppo non in via di sparizione.

Ma torniamo ai mirtilli, anzi ai coloranti violetti antocianosidi, abbondanti anche nelle more e nel cavolo rosso. Paola Magni mi ha citato e intervistato su Life Gate proprio su questo argomento (N.V.)

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Mirtilli, frutti di bosco e vegetali violetti: le virtù degli antociani
Terapia del colore" per capillari, cuore e tumori

“I frutti di bosco (ma anche il cavolo rosso, l’uva nera da vino e lo stesso vino rosso), insomma tutti i vegetali di color violetto-bluastro o rosso scuro che hanno il brutto vizio di macchiare dita e tovaglie, sono ricchi di antociani, coloranti fenolici che se assunti regolarmente e in buona quantità migliorano la vista, proteggono il sistema vascolare, prevengono i capillari fragili e riducono il rischio di malattie cardiache e, secondo una recente ricerca, anche di cancro.

“Antinfiammatori, antiossidanti, antibatterici, rinfrescanti, astringenti, tonici, diuretici: le attività terapeutiche dei mirtilli sono numerosissime. Dotati di vitamine A e C, acido citrico e malico, mirtillina (sostanza che lo rende disinfettante delle vie digestive), fosforo, calcio, manganese, questi piccoli dal gusto dolce leggermente acidulo, rinforzano i capillari delle gambe e del viso e sono ottimi per combattere la stanchezza oculare.

“Secondo studi scientifici riportati da Nico Valerio sul suo L’alimentazione naturale, gli antocianosidi del mirtillo (i pigmenti che ne determinano il colore) "sono probabilmente responsabili dell’inattivazione dei batteri che sono spesso la causa di diarree dei bambini" e di infezioni renali negli adulti, specie nelle donne. "Gli antocianosidi mostrano anche una spiccata attività di protezione dei vasi e delle arterie, utile nella prevenzione delle malattie cardiache, nell’arteriosclerosi e nell’ictus" - prosegue Valerio. Una capacità nota di queste sostanze è quella di migliorare la vista e la sensibilità della retina dell’occhio: agendo sui capillari della retina, migliorano l'irrorazione delle cellule sensibili alla luce e favoriscono l'adattamento all'oscurità. L'uso del mirtillo è indicato in tutti i casi di degenerazione della retina, compresa la retinopatia diabetica. Ma la performance migliore, i mirtilli, la esplicano "aumentando la resistenza dei capillari e diminuendo la loro permeabilità, ovvero nel trattamento di disturbi circolatori come le vene varicose, le emorroidi e la fragilità capillare" scrive Valerio. Almeno fino ad ora.

Una recentissima ricerca dell’Università dell’Ohio, infatti, ha ora dimostrato che i mirtilli (e tutti i frutti di bosco) sono anche dotati di importanti proprietà anticancerogene dovute, ancora una volta, alla presenza di antocianine. Pochi giorni fa il sito scientifico della BBC ha diffuso i risultati di uno studio dell’Università statale dell’Ohio che conferma il potere anti-cancro del mirtillo e spiega il meccanismo d’azione dei suoi antocianosidi, come ha notato l’oncologo inglese Henry Scowcroft.
Il mirtillo con le maggiori proprietà curative è quello nero-bluastro; il mirtillo rosso è perlopiù diuretico e rinfrescante. Il mirtillo gigante (la varietà coltivata), grosso il doppio della varietà selvatica, ha la proprietà di impedire ai batteri di attaccarsi alle cellule e previene efficacemente le infezioni delle vie urinarie. Le foglie del mirtillo contengono sostanze che abbassano il contenuto di zuccheri nel sangue, sono quindi ipoglicemizzanti e consigliate ai diabetici.
Mirtilli freschi da raccolta spontanea, mirtilli coltivati, succhi, marmellate… Qual è il modo migliore di metterli in tavola per approfittare delle loro preziose virtù? Lo abbiamo chiesto direttamente a Nico Valerio: "I mirtilli si consumano al naturale, freschi o essiccati, oppure nella zuppa dolce di fiocchi di avena della colazione, in macedonia con limone e miele, nella panna di latte o nello yogurt, con ricotta e miele, come decorazione sulle torte di pasticceria, nelle crostate, nelle omelettes (o sopra, sotto forma di salsa di mirtilli al latte), perfino per personalizzare e colorare i primi piatti di cereali salati (riso integrale ai mirtilli, crema di riso, di miglio o di avena con mirtilli ecc.), e come contorno contrastante e acidulo in alcuni secondi piatti.
Una volta tanto, con i mirtilli siamo fortunati: il principio attivo non si degrada col calore e lo troviamo intatto anche nel succo e nelle marmellate. Piuttosto, attenti allo zucchero aggiunto come conservante, che ne fa un cibo calorico. Non vorrei che per ritrovarvi con i vasi sanguigni più sani, vi scopriste dopo qualche settimana…sovrappeso! Infatti, non basta mangiarne un po’ ogni tanto, come se fosse una pillola farmaceutica: bisognerebbe consumarne tanto e di continuo.
E allora, con quello che i mirtilli e derivati costano - e spesso non sono neanche reperibili - vi do una "dritta" scientifica: mangiate anche molto cavolo rosso, uva rossa da vino, more, gelsi neri, frutti di bosco in genere, prugne nere, ravanelli rossi (perciò, non il daikon giapponese). I primi tre alimenti sono ottime ed economiche (se le more le raccoglioete da voi...) fonti di antocianosidi. Non tentate, poi, di "curarvi col vino rosso", come facevano certi montanari del Piemonte: oltre un bicchiere da 100 ml a pasto - il classico bicchiere da vino italiano - l’alcol diventa prevalente, ed è un tossico. Piuttosto, conviene diversificare le fonti e usare insieme regolarmente tutti gli alimenti sopra elencati. In caso di malattie serie, come quelle cardiache, non interrompete le cure farmacologiche".
IMMAGINE: Una "testa" di cavolo rosso e un rametto di mirtillo nero (disegno), entrambi molto ricchi di antocianosidi protettivi.

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