martedì 24 aprile 2007

LATTE. Cibo “non adatto” all’uomo? Ma gli Antichi lo bevevano, eccome

Sul latte cibo dell'Uomo, la realtà antropologica e storica è chiara e indiscutibile: in tutto il Mondo la Civiltà è iniziata proprio da comunità pastorali. Il latte è stato uno dei primi cibi offerto agli Dei, e gli Antichi lo bevevano ovunque e in ogni occasione. Gli Etrusco-Romani, p.es., anche aromatizzato con erbe aromatiche (Lepidium sativum o crescione dei ruscelli, menta ecc., cfr il mio volume La Tavola degli Antichi, ed. Mondadori). E a Roma si allevavano addirittura cagne da latte, ed era venduto perfino il colostro, a cui si attribuivano speciali proprietà protettive. Senza contare il grande uso di latticini, come provano la puls fitilla, pietanza nazionale della Roma dei Re, polenta rappresa di miglio cotta nel latte, la placenta (timballo di lasagne e ricotta, descritto da Catone) e il rituale libum (dolce di farina, ricotta e miele) offerto agli Dei o scambiato tra gli sposi.
Insomma, la nostra società, nata dalla pastorizia, nasce dal latte, che è uno dei primissimi alimenti dell'Uomo (adulto), addirittura prima che si diffondessero i principali cereali, le varie specie di legumi, le coltivazioni di verdure e frutta. Perché i vegetali abbisognano di invenzioni, pazienti miglioramenti genetici e tecnologie adeguate, impensabili all'alba della civiltà, mentre il latte è un cibo già pronto, perfetto, offerto gratis dai mammiferi, non bisognoso di trattamenti, immediatamente consumabile.
Il latte è quindi nel nostro Dna culturale, come conferma anche una ricerca scientifica sull'enzima lattasi, che sposta molto indietro la trasmissione genetica tra uomini dell'enzima capace di digerire il lattosio. Tuttavia la forza dei pregiudizi ideologici o religiosi (spesso ammantati di finte argomentazioni serie) è tale che il problema viene sempre riproposto. Si sa che i fanatici di una tesi o ideologia leggono solo i testi a loro favorevoli, senza curarsi della loro qualità.
L'articolo precedente non è piaciuto al vecchio amico Marino Mariani*, che lo avrebbe preferito molto più duro e tranchant, come dimostra la sua lettera che pubblico qui di seguito. Essendo io poco diplomatico, sincero e diretto, anzi un polemista, sono sorpreso dall'aggettivo "accomodante" che Marino mi indirizza. E' che il tempo passa, e lui non si ricorda più della mia personalità e del mio carattere. Ma ormai l'alimentazione è collegata alla scienza sperimentale (e all'epidemiologia), e dunque le posizioni preconcette, irrazionali, ideologiche sono superate. Il cibo non deve essere uno sfogo per rigori che andrebbero manifestati in altri campi. E interessa molte scienze, è un tema complesso e delicato, non lo si può semplificare in modo drastico e manicheo. L'alimentazione sana e naturale, con tutti i limiti e il relativismo che dico nella mia risposta, è fatta per prove ed errori dalla Storia dell'uomo e dalla Scienza moderna. Terze posizioni (ideologiche, etiche, filosofiche, religiose, superstiziose ecc.), anche se camuffate da pseudo-scienza, non devono avere spazio, perché hanno sempre fatto più male che bene all'Uomo.
NICO VALERIO
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Ecco la lettera: "Caro Nico, domattina parto per la Svizzera ove rimarrò una decina di giorni, tanto per festeggiare in famiglia il mio compleanno, pertanto adesso mi tratterrò solo per un brevissimo accenno. Innanzitutto complimenti per la tua rubrica salutistica, ma temo che tu sia troppo gentile, troppo accomodante , troppo garbato e permissivo. Il latte è un alimento riservato all'intimo rapporto tra madre e figlio, e non mi limito alla razza umana, ma alla totalità universale degli esseri viventi. È come la piccola riserva di alimento che si trova nei semi delle piante per assistere la nascita e la crescita nella fase iniziale dello sviluppo del germoglio. Il suo uso come alimento è contro natura. Inoltre, dal punto di vista chimico, esso è acidificante, quindi predatore di calcio dalle ossa e dai denti, causa quindi di osteoporosi.
Anche lo zucchero ed i suoi equivalenti sono alimenti contro natura, dato che l'alimento delle cellule è l'ATP (trifosfato di adenossina), cioè lo zucchero prodotto dal nostra organismo come risultato finale della metabolizzazione dei carboidrati. Somministrare zucchero dall'esterno significa vanificare le funzioni dell'organismo.
Il compleanno che vado a festeggiare è il numero 78. Di questi 78 anni, gli ultimi 53 li ho passati nello stato di completa ed assoluta immunità nei confronti di ogni malattia, malanno, disturbo, malessere e nausea, e da tale data non ho preso più nessunissimo medicinale, nè tantomeno cibi contenenti prodotti chimici estranei all'atto costitutivo dell'essere umano.
Quando eravamo bambini, le mie sorelle ed io, per noi la carne era un incubo: dura e sfilacciosa. Ecco una battuta pubblicata su un numero della Domenica del Corriere degli anni Trenta. Un signore al ristorante studia la lista delle vivande, e domanda al cameriere: "Che differenza c'è tra le vostre bistecche da una lira, e quelle speciali da uno e settantacinque". Risposta: "Con quelle diamo coltelli specialmente affilati".
E perché la carne di adesso si scioglie in bocca e va giù senza masticarla? I Cimbri e i Teutoni erano popoli dediti alla pastorizia e mangiavano esclusivamente carne, latte e formaggi. La loro costituzione fisica era imponente, al punto che le loro fanciulle erano tanto grandi e grosse da sovrastare i legionari di Mario che si nutrivano di pappine di grano macinato. Questi legionari macellarono i loro avversari, come la storia riporta. Ciò per rispondere a chi afferma che l'alimentazione vegetale è incompleta. Non voglio farla lunga e mi fermo qui. Ciaociao,
MARINO MARIANI
PS: se vuoi, questa lettera puoi anche pubblicarla. A tuo rischio, beninteso"..

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LA MIA RISPOSTA. Caro Marino, che piacere ritrovarti. Sono d'accordo con la tua critica alla carne, tanto più che cotta è facilmente cancerogena (amine eterocicliche ecc). Forse non sai che non la mangio da tanti anni: dovrei essere il primo vegetariano a Roma.
Non ti è andato giù che nell'articolo precedente abbia consigliato il signore con ipertrofia prostatica di ridurre un po' il latte. Avrei dovuto vietargli del tutto i latticini, pur avendo visto che sta sotto 1g di calcio al giorno (il Ca è anche un indicatore dei latticini, dispensatori di calcio disponibile), limite emerso dallo studio statistico finlandese?
Ma ammetto pure che si possa proibire in una maniacale "dieta preventiva" per la prostata o per il seno ogni derivato del latte e ogni eccesso di grassi saturi. Ma perché essere "più severi" e vietare assolutamente i latticini a tutti, come sembri suggerire, quando la loro responsabilità è così incerta ed inferiore ad altri cibi? Conosco bene quella leggenda pseudo-scientifica che circola contro il latte. Ma il latte è quasi solo acqua (l'87%). Per il resto, non contiene sostanze misteriose, ma aminoacidi (proteine appena 3,3g), acidi grassi (lipidi appena 3,6g) e minerali uguali a quelli contenuti da altri alimenti. Un bicchiere scarso di latte, 100ml, che gli ho suggerito invece dei 200ml che prendeva, che veleno mai dovrebbe nascondere per provocare tutte quelle cose negative e paradossali che dici tu? Solo le intolleranze al lattosio o alla caseina, che toccano una minoranza estrema, sono accertate.
Ma vietare il latte a intere popolazioni, anzi al genere umano, mi sembra una cosa - questa sì - innaturale, sia per la biologia sia per la Storia. Per la Storia e l'Antropologia, intanto, vedi in alto all'inizio dell'articolo. Per il resto io seguo la scienza sperimentale e la prevenzione, che oltretutto oggi convalidano la dieta naturale che - primo in Italia - ho sempre propugnato in libri e articoli. Ma senza divieti draconiani ed inutili estremismi. La biologia e la Storia non sono così drastiche come la fisica e la matematica. Anche perché ogni alimento è composto di centinaia, migliaia di sostanze.
Ma, credimi, la motivazione che il latte non è nostro ma riservato ad altri esseri viventi, è così grave, porta così lontano, che quelli che la fanno propria sono come minimo avventati. Secondo il tuo esempio, se il latte è una riserva per la crescita del piccolo mammifero, anche i chicchi di cereali, i legumi e i semi oleosi sono riserve per le giovani piante. Vogliamo fare del razzismo tra esseri viventi e privilegiare gli animali sulle piante? O non dobbiamo mangiare assolutamente nulla, visto che ogni nostro "alimento" (notate le virgolette?) serve in realtà a qualcun altro, e non è stato pensato dalla Natura per l'Uomo, come infatti io credo?
Nel mio manuale Il Piatto Verde, un Oscar Mondadori sul vegetarismo (oggi esaurito) affronto il problema, mettendo in guardia dall'estremismo della "non violenza assoluta", dal giainismo caricaturale, incompatibile con la vita umana, e suggerendo il minimo di violenza possibile (p.es., con un'alimentazione vegetariana e una coscienza naturista).
Anche lo zucchero tu vieteresti. Lo sconsiglio anch'io vivamente, specie quello raffinato, ma non vieto quello naturale, purché in piccole quantità: miele, melassa, fichi secchi e altri alimenti naturali dolci. Perché è contenuto come saccarosio nel miele e nei frutti: un segno della Natura. E' tanto "naturale" che il nostro sistema digestivo e metabolico-energetico, come tu stesso ricordi, trasforma tutti i carboidrati in glucosio. E non c'è differenza tra il glucosio esterno e quello interno. Certo, deve essere poco, ma per motivi dietetici: se no, non si ha fame per consumare gli altri cibi più importanti.
Ma torniamo al latte. Da tipico alimento del primo accrescimento dei mammiferi, con un'operazione "culturale", cioè antropologica, che nascondeva in realtà l'istinto di sopravvivenza, è diventato ad opera dell'uomo, un alimento come tutti gli altri. Perché l'Uomo deve pur vivere, e se è vero che nessun cibo è stato predisposto per lui, deve pur arrangiarsi, e prova a mangiare qualunque cosa.
Anzi, in certi casi, si è visto che il latte è un cibo protettivo. Sarebbe utile a Indiani e Orientali per proteggerli dai tanti tumori a esofago e stomaco causati dal loro cibo piccante o conservato sotto sale.
L'alimentazione "naturale", dunque, non è predisposta dalla Natura. Lo aveva capito perfino il poeta Lucrezio, nel De Rerum Natura: la Terra (cfr. Gaia di Lovelock) non pensa affatto all'Uomo, ma solo alle piante, che difende con migliaia di veleni e sostante anti-nutritive, che poi noi ritroviamo nei cibi vegetali. Ma è l'Uomo che crea la sua "alimentazione naturale", cioè elettiva, ovvero scelta come la più adatta per prove ed errori lungo milioni di anni. In questa prospettiva, l'alimentazione è la prova della nostra civiltà e intelligenza. E così, tutti i popoli che hanno scelto male il loro cibo, o sono stati così pigri da non spostarsi alla ricerca di cibi migliori, si sono estinti o sono arrivati fino a noi deboli e incapaci di tutto. Il darwinismo passa necessariamente attraverso la scelta corretta del cibo e del territorio più adatto a produrlo.
Ma c'è un'ulteriore prova schiacciante: la Storia. Come sai, ho anche studiato e scritto di alimentazione antica (La Tavola degli Antichi, Mondadori 1988), e quindi so bene che i Romani, tipico popolo di pastori, si nutrirono agli inizi in abbondanza di latte e latticini, anche se poi, nell'età dell'Impero, dimenticando le proprie origini considerarono nomadi e barbari i popoli "bevitori di latte e mangiatori di carne". Ma il latte in commercio era per lo più di pecora, considerato il più nutriente. Le vacche erano da lavoro, non "da latte", e quel po' che avevano bastava quasi solo per i vitelli, che allattavano per un anno (Columella).
Eccoti prove inconfutabili, riportate dagli antichi storici: 1. Nel primo periodo, quando ancora il vino non era diffuso a Roma, le offerte agli dei erano a base di latte. Plinio dice che Romolo faceva libagioni di latte. Tanto che nella festa della Bona Dea, protettrice delle donne, il vino continuò sempre a chiamarsi "latte" nelle etichette: anche per questo quel giorno le donne potevano berlo bascostamente nel tempio della dea; 2. I Romani erano grandi "consumatori di latte" (Cicerone, Ovidio, Plinio, Columella), come prova citando numerose fonti il docente universitario francese J. André. E Virgilio riferisce che ogni mattina all'alba arrivavano nelle città i contadini con i bidoni di latte, proprio come si è fatto fino a ieri; 3. Il piatto nazionale della Roma antica prima della puls di farro, cereale ricco e costoso perché soggetto a carestie, era la puls fitilla, una squisita farinata di miglio o panico. Ebbene, tutte le polente erano cotte nel latte o nell'acqua; 4. Una celebre bevanda atavica - riporta Plinio - era di latte insaporito e aromatizzato col sedano (ligusticum) o crescione (lepidium), come un frullato salutistico di oggi; 5. A malati, convalescenti e donne incinte delicate si ordinava il latte di cagna, giumenta o asina, o il colostro di pecora, considerato prelibato; 6. Nel poemetto latino Moretum, attribuito falsamente a Virgilio, è descritta la colazione tipica del contadino Symilo, a base di formaggio fresco pestato nel mortaio e aromatizzato di erbe e olio, da spalmare su una sorta di pane azzimo cotto sulla pietra arroventata come una piadina. Non bastano come prove della popolarità dei latticini nella nostra cultura?
Accennerò ancora alla melca o oxygala (cagliata o yogurt), alle ricotte, ai tanti formaggi antenati dei nostri attuali, e alla costante presenza di latticini nella gastronomia romana antica, come la ricotta o i formaggi (anche in funzione di lievito) in quasi tutti i dolci di farina, come il pan-dolce rituale libum, ma anche il timballo di lasagne e ricotta, la famosa placenta quadrata di Catone, le frittatine o sformati al latte dei cuochi dell'Impero.
Come vedi, gli Etrusco-Romani nostri progenitori erano a loro agio tra i latticini, ci sguazzavano benissimo. Diciamo che, pur essendo baldi guerrieri, erano nati nel latte.
Perciò, magari in piccole quantità, specialmente nella nostra cultura antropologica, latte e formaggi sono sempre stati consumati dall'uomo. E vanno consumati ancor oggi, specialmente da giovani, donne e anziani, sia pure con i limiti della Scienza (2-3 porzioni al giorno secondo la Piramide alimentare italiana). Salvo diete restrittive particolari prescritte dagli specialisti clinici.
E auguri di buon compleanno!
NICO VALERIO
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* Il prof. Mariani, fisico di origine, super-esperto di riproduzione del suono, e grande cultore di musica classica, è stato il fondatore e il direttore di "Audiovisione", elegante rivista di musica e alta fedeltà, della quale Nico Valerio è stato per alcuni anni critico jazz.

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sabato 21 aprile 2007

PROSTATA. Troppi formaggi e grassi: Finlandesi a rischio. Che c’entra il calcio

Un’amica è preoccupata perché il marito ha la prostata ingrossata e ama molto i formaggi. In un sito - mi dice - è citato un recente studio scientifico secondo i quali i formaggi sono a rischio statistico nel tumore della prostata. «Mio marito predilige i formaggi. Secondo te, qual è la dose da non superare per non aver problemi in futuro? 200 ml di latte intero e 30-50g di formaggi stagionati sono una quantità a rischio?»
      Rispondo così. Intanto, bisogna vedere quanto quel sito sia serio e affidabile dal punto di vista scientifico. Perfino alcuni studi sono discutibili, figuriamoci i siti web che li citano! Anzi, la maggior parte dei siti internet di salute, alimentazione e vita sana sono poco affidabili (a proposito, per valutare a occhio quanto sia alto il rischio che un sito dica delle "bufale", si veda la mia guida pratica). Poi, in caso di qualunque malattia, bisogna rivolgersi a un medico specialista reale, che si assuma la responsabilità di visitare, consigliare esami ecc. Infine si deve considerare che, anche se fosse provato che un eccesso di formaggi è collegato a un maggior rischio di tumore alla prostata, innanzitutto ci deve essere l'eccesso, e poi si tratta di aumento di rischi e probabilità, non di certezze matematiche. Ci sono pur sempre le diversità del metabolismo di ognuno, le difese naturali, le più diverse e imprevedibili caratteristiche e predisposizioni nei singoli soggetti, e anche i vari rischi aggiuntivi. Dall’abstract ho visto che lo studio, riguardava uomini tutti fumatori. Il che significa un rischio molto più alto, che sicuramente accresce i rischi dei grassi alimentari. Ma che non può essere riferito pari pari, senza correzioni, a uomini non fumatori.
      Ciò detto, lo studio di Mitrou, Albanes e altri, pubblicato su International Journal of Cancer ("A prospective study of dietary calcium, dairy products and prostate cancer risk"), sembrerebbe confermare il legame statistico tra consumo di latticini e maggior rischio di cancro della prostata. Ma è molto discutibile, tra i tanti cibi consumati ogni giorno, isolarne statisticamente uno (o un gruppo) e metterlo in correlazione con una malattia. In questo modo si può dimostrare quasi qualsiasi collegamento. E alla fine, chi ci rimette è l’incolpevole calcio, tanto più quello molto assimilabile di cui i latticini sono ricchi. Con enorme confusione da parte dei medici e del pubblico, che potrebbero pensare che ad aumentare il rischio cancro della prostata sia davvero l’anti-cancerogeno calcio, non uno squilibrio ormonale, una predisposizione ereditaria o l’eccesso di acidi grassi saturi dei formaggi (e di chissà quanti altri alimenti grassi e cotti ad alta temperatura…).
      Ad ogni modo, gli autori hanno controllato l'assunzione del minerale calcio (come rivelatore di consumo alimentare) e latticini in 29.133 uomini (finlandesi e fumatori), e hanno appurato che durante i 17 anni dello studio il rischio di cancro alla prostata aumentava con l'aumento del consumo di latticini e calcio. Gli uomini che consumavano più formaggi (il calcio, come minerale abbondante nei formaggi viene usato quasi come un marker: in questo caso la misura scelta era oltre 2 grammi al giorno) avevano un rischio superiore del 63%, rispetto agli uomini che assumevano formaggi per meno di 1 g di calcio al giorno.
      Come viene motivato dai ricercatori questo maggior rischio? Un modo d’azione probabile è che dosi elevate di calcio aiutino l’escrezione dall'organismo di vitamina D, essenziale per la salute della prostata. A leggere titolo e abstract, c'è da restare di stucco: lo studio collega il maggior rischio all’assunzione di calcio sopra 1 g al giorno (e quello dei latticini è calcio altamente assimilabile). Ma come - direte voi - il calcio non era un minerale anti-cancro? Certo che lo è. Il calcio è anti-cancro: lo dimostrano molti studi. Si comprende, perciò, che nello studio il calcio svolge il ruolo di marker, cioè di rivelatore, del latte e dei formaggi realmente consumati. Un criterio scientifico, quantitativo e sicuro (secondo gli autori) della quantità di latticini consumati. In realtà ci pare un criterio vecchio, sorpassato, quello del calcio come marker dei latticini. Sembra sfuggire agli autori che nuovi studi provano l'alta assimilabilità anche del calcio presente nell'acqua (di rubinetto e in bottiglia) e della discreta o buona assimilabilità del calcio di alcuni vegetali.
      Ad ogni modo, sia chiaro, qui il calcio serve solo a denotare una particolare dieta, ma non ha colpe proprie. Anzi di per sé il calcio è protettivo dal cancro. Basta prendere uno studio scientifico a caso, però pubblicato su una prestigiosa e prudente rivista di medicina pratica (The Lancet) e su un gran numero si soggetti. Qui si guarda al rischio di tumore al colon:
      Comunque, anche seguendo lo studio di Mitrou, il marito della mia amica, probabilmente non fumatore, che consuma le quantità di latticini sopra dette, non dovrebbe avere un rischio troppo alto. Facciamo dei calcoli all’ingrosso: 50g di stagionato danno 500-600mg di Ca, più 125g di latte: 147mg. Totale: 640-750 mg circa di Ca.
     Ma, attenzione, altri studi attribuiscono il maggior rischio ai grassi saturi o ai grassi complessivi della dieta, altri ancora ipotizzano un ruolo delle casomorfine (prodotte durante la digestione d’una proteina dei latticini).
Perciò, per chi ha ipertrofia prostatica, con buonsenso contadino io ridurrei le 2-3 porzioni ammesse dalla Piramide alimentare, che si rivolge genericamente a tutti. P.es., solo 100g di latte al mattino, più 30-40g, un assaggio, di formaggio, ma non ogni giorno. Se quella è la sua quota proteica e non un’aggiunta extra, molto meglio allora i legumi, e perfino un uovo. Se poi non è vegetariano, consiglio il pesce (sgombro, acciughe e pesce azzurro in genere), purché non fritto, almeno non regolarmente.
      Come fare colazione con poco latte? Per dargli più corpo e sapore lo si trasforma in quasi-yogurt aggiungendo il succo di mezzo limone (acido citrico e vit.C, sempre utili). E subito vi si versano dentro o fiocchi di avena già spugnati in acqua, oppure il pane integrale in tocchetti. Un cucchiaino di miele sopra darà un tocco delizioso. In alternativa c'è sempre il vasetto di yogurt da 125 mL. Non va bene, però, quello greco Total, perché è povero di fermenti vivi ed ha molta panna aggiunta.
      Ma per la prostata io ridurrei in modo drastico i grassi totali e i saturi. In due modi: sia mangiandone pochi (eliminerei del tutto salumi e carni grasse, e ridurrei molto i formaggi), sia ostacolandone l'assorbimento con legumi e cereali integrali ogni giorno. L’ideale sarebbe una dieta vegetariana.


DIETARY VITAMIN D AND CALCIUM AND RISK OF COLORECTAL CANCER: A 19-YEAR PROSPECTIVE STUDY IN MEN. C.Garland, The Lancet, 325, 8424, 307-309. Mortality rates from colon cancer in the USA are highest in populations exposed to the least amounts of natural sunlight; differences in endogenous vitamin D production and calcium absorption could be responsible. To investigate this possibility, the association of dietary vitamin D and calcium with 19-year risk of colorectal cancer was examined in 1954 men who had completed detailed, 28-day dietary histories in the period 1957-59. Risk of colorectal cancer was inversely correlated with dietary vitamin D and calcium. In the quartiles of a combined index of dietary vitamin D and calcium, from lowest to highest, observed risks of colorectal cancer were 38·9, 24·5, 22·5, and 14·3/1000 population. This association remained significant after adjustment for age, daily cigarette consumption, body mass index, ethanol consumption, and percentage of calories obtained from fat.

AGGIORNATO IL 12 MAGGIO 2016

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CHINOTTO O COCA COLA? Proviamo a farci in casa una bevanda più naturista.

chinotto_in_vaso Ieri al supermercato sono stato colpito dalla quantità di bottigliette di chinotto esposte sugli scaffali. E dire che la ritenevo una bibita sparita. L’ultima volta che l’ho bevuto, avrò avuto otto anni.

Il frutto del chinotto (Citrus aurantium, var. myrtifolia) è un piccolo e raro agrume simile a un mandarino (v. immagine), ma con scorza spessa e molto odorosa, e polpa poco succosa e amara, importato come curiosità botanica dalla “China”, come dice il nome, secoli fa, forse nel Rinascimento. Fino a ieri era coltivato solo in Liguria, soprattutto nel Savonese: ormai in via di estinzione. I suoi frutti, immangiabili al naturale, sono stati utilizzati soprattutto per produrre canditi, liquori, marmellate e mostarde. La prima bottega di canditura fu aperta nel 1877 a Savona, dove alla fine del secolo fu fondata la Società Cooperativa dei Chinotti. Oggi, solo la pasticceria savonese Besio candisce ancora le scorze dei chinotti. Squisite anche le marmellate, che a dar retta agli amatori avrebbero il gusto dolce-amarognolo delle marmellate di arancia amara, ma “con un aroma in più”, in realtà indistinguibile.

Da questo si capisce che la parte utile del frutto del chinotto è solo la scorza. Buono a sapersi per coloro che vogliono cimentarsi avventurosamente a farsi la bibita di chinotto in casa. Questa bibita è nata sull’esempio di tante bibite analoghe, più o meno curative e dolci-amare prodotte dai farmacisti tra 600 e 900, agli inizi del Novecento. Di queste pozioni “per tutti i mali”, una sola, però, avrebbe avuto grande successo, quella a base di estratti di noce di cola e foglie di coca prodotta dal farmacista John Pemberton ad Atlanta, Usa, già nell’Ottocento. Era il periodo in cui i severi amari medicinali dello spartano Ottocento si addolcivano, e per incontrare i nuovi gusti del pubblico (il primo “consumismo”) diventavano bevande blande e zuccherine.

Così la bibita di chinotto divenne in Italia negli anni Cinquanta una tipica bevanda non tanto da casa o “da passeggio” (allora non si usava, giustamente, passeggiare bevendo) quanto da “caffé”, intendendo con questo nome, in buon italiano, i futuri “bar”, dove era sorbita al banco o – con supplemento notevole – al tavolino. I garzoni del caffé, che indossavano camicia bianca e lunghi grembiuli bianchi sempre macchiati, la riponevano a raffreddarsi in grandi e pesanti ghiacciaie di legno rivestito all’interno di lamiera zincata dove il freddo veniva dato da grosse e lunghe stecche di ghiaccio. Queste stecche, fatte di acqua qualunque, conservata in serbatori o cassoni mai puliti dove spesso si trovavano topi morti e insetti, maneggiate con guanti lerci o mani sporche dagli stessi operai della “fabbrica del ghiaccio”, poi trasportate poggiandole direttamente su montacarichi, carrelli e pianali di camion, e infine adagiate dall’acquirente su rozzi sacchi di juta mai lavati e ideali per le colonie di batteri, venivano tagliate con l’accetta o la sega a mano in pezzetti irregolari. Gli stessi pezzetti di ghiaccio, dal caratteristico sapore di acqua piovana o acqua di pozzo, che avreste trovato nel bicchiere di chinotto sedendovi a caro prezzo nel raffinatissimo Florian di Venezia o nell’ultima taverna operaia di Sesto San Giovanni, fumosa di sigari. E quando anche i bar si munirono di frigoriferi propri? Gli eleganti cubetti di ghiaccio serviti ai clienti col chinotto erano comunque fatti con lo stesso tipo di acqua: di cassone. Bei tempi. Del resto, non penserete mica che le stesse bevande industriali fossero (anzi, siano) fabbricate con acqua di sorgente!

Era famoso il marchio Chinotto Neri, con fabbrica a Capranica (Viterbo). Poi, dopo gli anni 60, col “miracolo economico” e l’entrata nel consumismo in stile americano, allora considerato sinonimo di progresso, già ci fu la prima sconfitta d’un prodotto italiano per la globalizzazione: cominciò a diffondersi la Coca Cola, che ormai priva di coca era di fatto un dolcissimo chinotto con un po’ di caffeina in più. Dopo decenni di oblio in cui a chiedere un chinotto al bar erano solo pochi provinciali, dagli anni 90 si assiste ad una curiosa “riscoperta”, sull'onda d'una, come dire, reazione "nazional-popolare" alla Coca Cola, tanto che si sono formati addirittura dei club di fans, e i supermercati più popolari oggi lo mettono in evidenza.

Ma che alternativa è? Sempre d'una bevanda artificiale e industriale si tratta. Coca-Cola e chinotto pari sono. Ed entrambe si sono molto degradate nei decenni. Coca Cola e Chinotto hanno ormai solo gli aromi, seppure, dei frutti esotici da cui prendono nome. Infatti alcuni marchi di “chinotto”, fateci caso leggendo l’etichetta, non hanno l’estratto di chinotto tra i componenti. Va bene che, in fondo, visto che si tratta solo di scorze, una scorza di agrume vale l’altra (anche come contenuti di oli essenziali), e vista la penuria di chinotti è più che legittimo usare gli aromi delle scorze di arancia siciliana, come oggi accade in molti casi. Inoltre, il colore della bevanda è assurdo, e già da solo dovrebbe sconsigliarne l’acquisto: il pochissimo succo della scorza dovrebbe essere giallastro-verdognolo e la molta acqua di diluizione trasparente. Lo stesso per la Coca Cola. Comunque, vogliamo proprio imitare la Coca Cola? Ecco il massiccio ricorso al colorante artificiale "caramello", molto più economico del caramello vero (zucchero cotto).
Fatto sta che oggi le due bevande si assomigliano troppo: sono solo acqua, zucchero, conservanti, coloranti e aromi. Così tutti sono buoni a fare una bevanda. Anche noi. Anzi, noi la faremo sicuramente meglio dal punto di vista salutistico. E non ci vuole molto.

Poiché a noi appassionati di alimentazione piace "pasticciare" in cucina sperimentando le cose più strane, visto che Coca-Cola e chinotto sono del tutto innaturali, ma hanno formule elementari, perché non proviamo a prepararli in casa con ingredienti sani e naturali?

Per stare al gioco e stupire gli amici dobbiamo imitare soprattutto due cose: gusto, aroma, colore (anche se è sbagliato, imposto dalla psicologia del marketing: nessuno acquisterebbe una bevanda alla cola o al chinotto davvero sincere, cioè “color sciacquatura di piatti”…

Per il gusto serve qualcosa di amaro forte (decotto di luppolo, suggerisce un amico birraio, io aggiungo anche caffè, così battiamo anche la Coca Cola), o amarognolo-dolce (melassa, che è anche un buon colorante) e di dolce (zucchero integrale scuro Muscovado o Panela). Altro colorante il caffè d’orzo o una delle miscele di surrogati di caffè. Per il gusto è fondamentale qualcosa di acidulo che ricordi l’arancia. La formula che propongo è una mia scelta personale, e comprende acqua minerale molto frizzante, zucchero nero Moscovado o Panela, melassa di canna, succo di limone o di arancia, scorza di arancia e di limone in quantità (i famosi aromi)non trattata, caffè. E’ tutto. Mescolando questi componenti nelle giuste proporzioni otterrete una "Coca-Cola naturista" o un Chinotto più sano. Le proporzioni? Le ho trovate – perfette – per un bicchiere da bibita, ma in Italia i bicchieri da bibita non sono standardizzati e hanno le capienze più diverse. Perciò non so dirvi le proporzioni per litro. Sperimentiamo, proviamo. Se sbagliate proporzioni potete avere una vera schifezza, se le indovinate farete restare a bocca aperta gli amici.

Sulle modalità di lavorazione suggerisco per praticità di lavorare tutto a freddo, non a caldo come fa l’industria. Con buon senso, direi di non superare le tue tazzine di caffè per litro. La melassa è un buon colorante e insaporente naturale, ma si scioglie con lentezza nell’acqua fredda: diluitela nel caffè in tazzine prima che diventi freddo. Per cominciare, provate sciogliendo bene vari cucchiai di melassa in 2 tazzine colme di caffè bollente, insieme con alcuni cucchiai colmi di zucchero nero. Lasciar freddare. Aggiungere almeno il succo filtrato di 1-2 arance. Infine, come facevamo da bambini a tavola, spruzzare l’essenza aromatica della buccia di 1 arancia e di 1 limone direttamente nel liquido (per una preparazione artigianale più seria, ovviamente non è questo il metodo…). Versare questa mistura in una bottiglia semi-piena di acqua minerale fredda molto gassata, contenente solo mezzo litro di acqua. E cominciare a provare il gusto. Se troppo leggero o troppo forte, regolare l’acqua minerale o raddoppiare i componenti di base.

Insomma, sperimentiamo. Ricordatevi che il sapore dolce si attenua molto col freddo. Ma impariamo anche a non dolcificare troppo le bibite: la bevanda dovrebbe risultare amarognola (il che non è facile, lo ammetto, senza ricorrere anche al luppolo; altrimenti dovrebbe bastare la triade caffè-melassa-orzo o cicoria, tanto più che lo zucchero nero è meno dolce). A me una bottiglietta di mezzo litro è venuta benissimo: molto più gustosa e sana di Coca-Cola e chinotti vari. Aveva, però, un colore bruno medio. Buon esperimento!

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lunedì 16 aprile 2007

INSULINA. Ma a tavola il rischio cancro non si riduce certo con la macrobiotica.

Gli oncologi e i cardiologi ormai dettano legge in cucina. Ne siamo contenti, perché hanno la responsabilità di fronteggiare in tempo reale le due più diffuse malattie al mondo. E, a differenza di nutrizionisti e dietologi che in tv o sui giornali sparano banalità o si mostrano inadeguati in modo imbarazzante, hanno l'obbligo dell'aggiornamento e sono abituati a esibire validi "risultati". Fatto sta che i ricercatori clinici spignattano peggio di vecchie casalinghe di provincia, e di alimenti ne sanno molto più di nutrizionisti, dietologi e alimentaristi.

L'oncologo milanese Franco Berrino, molto interessato da anni all'alimentazione naturale (lo troverò come collega relatore al Convegno di Bari "Le medicine negate", dal 9 al 10 giugno) è al centro d'un articolo di Antonella Sparvoli sul Corriere della Sera, che fa il punto, purtroppo con una coda di esempi gastronomici  orientalizzanti non troppo felici o poco salutari (cotture “saltate” in padella, alghe, salse salate di soia come il tamari ecc., tratte dalla dieta macrobiotica o dalla cucina del Giappone) dello chef “di successo” Giovanni Allegro, sulla dieta preventiva dei tumori. Lo riportiamo qui di seguito. L'obiettivo è ridurre l'insulina, collegata quando è in eccesso al maggior rischio tumori.

Ma, o perché Berrino è macrobiotico e potrebbe essersi lasciato influenzare da questa sua tendenza personale (e la macrobiotica non è affatto anti-cancro, come si dimostra in questa monografia corredata di molti studi scientifici, anzi è una dieta sbagliata e a rischio, anche perché stracuoce tutto, ha troppo sale e riduce al minimo proprio i cibi più protettivi: frutta e verdura specialmente crude), o perché la giornalista non ha capito o si è persa un capoverso del documento, o perché si tratta d'una fase parziale o mirata dello studio (appunto, l'ipotesi di lavoro dell'insulina), fatto sta che appare curiosa e scandalosa tra le “regole” proposte l’assenza della raccomandazione di consumare più frutta e verdura, le cui famose 5 o 6 porzioni al giorno sono ormai un must ineliminabile in prevenzione.

E invece, verdure e frutta, cibi protettivi fondamentali, sono citati di sfuggita, e per di più accompagnate da un messaggio profondamente sbagliato e diseducativo perché spinge alla cottura: "anche fritte" vanno benissimo, sostiene l'articolo. Incredibile! Che cos'è, un residuo mnemonico del famigerato nituké macrobiotico? Certo, i polifenoli antiossidanti restano, ma che dire degli inevitabili grassi cotti e degli idrocarburi cancerogeni che si aggiungono, del sale, e della mancanza di altrettanto cibo crudo? C’è di che essere meravigliati e anche scandalizzati. Meno male che si dà spazio ai cereali integrali! (Nico Valerio).

Ed ecco il contestato articolo del Corriere della Sera, seguito dalle discutibili ricette orientalizzanti a base di alghe e cotture in padella dello chef Giovanni Allegro che non riportiamo (ma leggibili nel link):

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DIETA ANTICANCRO IN QUATTRO MOSSE
L' ha formulata l'Istituto dei tumori di Milano che da anni studia le relazioni tra cibo e malattia. Le regole alimentari scientifiche studiate dagli specialisti

Corriere della Sera, 15 aprile 2007

Le ricerche parlano chiaro: migliorando l' alimentazione si potrebbe prevenire più di un terzo dei tumori. Lo sanno bene gli esperti del Dipartimento di medicina preventiva e predittiva dell' Istituto dei tumori di Milano, che da anni studiano le relazioni tra dieta e cancro. Il risultato? Una serie di raccomandazioni alimentari mirate a modificare in modo favorevole alcuni parametri sanguigni associati a un maggior rischio di malattia. L' obiettivo principale della dieta per la prevenzione del cancro è ridurre i livelli di insulina nel sangue. "L'insulina - spiega Franco Berrino, direttore del Dipartimento - fa aumentare i livelli di ormoni sessuali e di IGF-I (fattore di crescita insulinosimile di tipo 1) e alti livelli plasmatici di questi fattori sono associati ad un più alto rischio di vari tipi di cancro, tra cui quello al seno. L' insulina aumenta normalmente dopo ogni pasto; se questo è abbondante o particolarmente ricco di zuccheri semplici rapidamente assimilabili l' insulina aumenta di più. La sua funzione è infatti quella di favorire l' ingresso del glucosio nelle cellule e il pancreas la produce ogni volta che i livelli di glucosio nel sangue (glicemia) aumentano. Questa funzione dell' insulina è ostacolata dalla presenza di troppi grassi saturi nelle membrane cellulari, a sua volta dipendente da troppi latticini e carni rosse nella dieta. Anche le proteine, soprattutto quelle di provenienza animale, favoriscono una produzione abbondante di insulina e di IGF-I". Su un piano pratico che cosa bisogna fare per tener bassi i livelli di insulina? "Occorre innanzitutto mangiare poco e ridurre l' introito di cibi che fanno alzare rapidamente la glicemia [zuccheri semplici, cereali raffinati, farinacei]. Non solo: è importante limitare il consumo di grassi saturi e di proteine animali" riferisce Berrino. Vediamo, allora, le 4 regole principali della dieta anti-tumori.
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Un taglio alle calorie.
Numerosi studi hanno dimostrato che un elevato apporto calorico favorisce lo sviluppo dei tumori, mentre la restrizione calorica sembra ridurne il rischio. Tra i tumori in qualche modo associati a sovrappeso e obesità ci sono quelli al seno. "Per cercare di ridurre l' apporto calorico il consiglio è quello di privilegiare i cibi che saziano molto: i cereali integrali, frutta e verdura, che fanno volume e hanno il pregio di contenere pochi grassi" dice Berrino. Un' alimentazione incentrata sui vegetali avrebbe infatti un ruolo protettivo nei confronti di diversi tumori, tra cui quelli del cavo orale, del polmone (contrastando gli effetti negativi del fumo di sigaretta) e quelli dell' apparato gastrointestinale. "Un grande studio prospettico denominato EPIC, in corso in dieci Paesi europei e al quale partecipiamo - prosegue Berrino - ha confermato il ruolo protettivo delle fibre vegetali per il cancro dell' intestino, della frutta per quello del polmone, di frutta e verdura per i tumori della bocca e della gola, mentre non ha evidenziato protezione da parte dei vegetali per i tumori della mammella e della prostata". Molti studi suggeriscono, infine, un' associazione inversa tra consumo di crucifere (broccoli, cavolini di Bruxelles, cavolo) e il rischio di sviluppare alcuni tumori. Come conseguenza, fin dal 1982 il National Institute of Health statunitense ha stilato linee guida per l' aumento del consumo di crucifere da parte della popolazione.
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Ridurre dolci e pane bianco. "I cibi che fanno aumentare molto la glicemia, cioè ad alto indice glicemico, causano un innalzamento maggiore dei livelli di insulina post-prandiale, che a sua volta fa aumentare i livelli di ormoni sessuali e di IGF-I associati ad un più alto rischio di vari tipi di cancro" spiega l' esperto. Cautela, quindi, con: prodotti preparati con farine raffinate (tipo 00), ad esempio la pasta fresca o le torte (va bene invece la normale pasta industriale di grano duro); pane bianco, in particolare se fatto con farine di grano tenero (via libera a pane integrale a lievitazione naturale); prodotti di pasticceria commerciale (biscotti, paste, brioches); patate, purè, patatine fritte (vanno bene invece tutte le altre verdure di stagione, anche fritte); no al riso brillato (sì al riso integrale e agli altri cereali); zucchero (saccarosio); bevande gasate e zuccherate (preferire tè verde, tisane, caffè d' orzo senza zucchero).
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No ai grassi, sì al pesce. Negli ultimi anni diverse ricerche hanno indicato un' associazione tra il consumo di grassi e il rischio di alcuni tumori, legame confermato anche da uno studio appena pubblicato sul Journal of National Cancer Institute, condotto su più di 180mila donne di età compresa tra i 50 e i 71 anni. Dalla ricerca emerge che le donne in postmenopausa che seguono un dieta ricca di grassi hanno più probabilità di sviluppare il tumore al seno. "I grassi animali si trovano soprattutto nelle carni bovine, nel latte e derivati, nelle carni suine e nelle uova. Per cucinare e per condire è meglio utilizzare grassi vegetali, in primo luogo l' olio extravergine d' oliva; per friggere, l' olio di sesamo - consiglia Berrino -. Le carni sono anche ricche di grassi insaturi che converrebbe limitare". Meglio, quindi, ridurre la carne rossa e mangiare più pesce. "Lo studio EPIC dimostra che il consumo di carni rosse, specialmente se conservate, aumenta il rischio di tumori dell' intestino, mentre il pesce sembra proteggerlo" puntualizza l' esperto.
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Meno carne, più legumi. "Secondo stime dell' Organizzazione mondiale della sanità il consumo abituale di proteine, soprattutto animali, delle popolazioni occidentali è circa doppio di quello necessario (16% delle calorie totali, rispetto a un fabbisogno medio di 8) - sottolinea Berrino -. Mangiarne meno non espone a carenze e può avere solo effetti positivi. Un piatto di cereali con un pò di legumi fornisce tutti gli amminoacidi (che formano le proteine) di cui abbiamo bisogno, senza sovraccaricare l' organismo con quelli di provenienza prevalentemente animale".

AGGIORNATO IL 28 NOVEMBRE 2014

sabato 7 aprile 2007

CIBI ANTIOSSIDANTI e anticancro: mettono d’accordo scienza e tradizione.

D'accordo tradizionalisti, modernisti, scienziati e vegetariani. Finalmente una "dieta" giusta, quella anti-cancro, mette tutti d'accordo. E’ possibile realizzare una dieta protettiva per tutti che riduca i rischi dei tumori? Gli scienziati oncologi e la ricerca stanno mettendo a punto un regime alimentare di lungo periodo fondato sugli alimenti protettivi antiossidanti e anti-cancro. Paola Magni, di LifeGate, mi ha intervistato per conto del supplemento femminile "D" di Repubblica. Ecco le risposte scritte che le ho dato, e che sicuramente verranno tagliate e sintetizzate perché ha avuto solo 4000 battute più due riquadri.
      Quali sostanze rendono anticancro un alimento? Gli antiossidanti, ma anche altre sostanze. Una dieta a base di cereali integrali e legumi ci dà ogni giorno i seguenti anti-cancro: inibitori delle proteasi, saponine, agglutinine, flavonoidi, fenoli, fibre alimentari, oligosaccaridi, inositoli, fitati, fitoestrogeni, lignina, acidi grassi n-3, selenio, tocoferoli, zinco. Che oltretutto essendo in gran parte anti-nutritive ci rendono più magri. Un vantaggio non da poco. Verdure e frutta ci danno ogni giorno polifenoli e flavonoidi in quantità, indolo-glucosinolati e altri principi attivi, fibre, vitamina beta-carotene e altri carotenoidi anti-cancro (come il licopene) e vitamina C.
      Vediamo uno per uno gli alimenti o i gruppi di alimenti più indicati.

      Cereali integrali (frumento tenero e duro, riso, avena, orzo, mais o granturco, saraceno ecc., e tutti i loro derivati, dal pane alla pasta, dalle polente ai pizzoccheri). La scienza li promuove e li consiglia come altamente protettivi, ma consumatori e nutrizionisti li snobbano. I cereali non sono, come molti credono, le colorate "scatole pronte da colazione", a rischio perché ricche di grassi aggiunti, zucchero, calorie, e strani miscugli alimentari iniettati per "estrusione", come i corn flakes. Ma sono i normali cereali che già consumiamo da secoli, però non raffinati cioè integrali, con tutto il loro rivestimento. Perché è lì che si concentra gran parte delle sostanze protettive. Il tutto, tra l’altro, è molto più buono e saporito dei cereali raffinati. I nutrizionisti "da tv" non li amano perché ci fanno perdere un po’ di sali minerali. La "Piramide" alimentare italiana non li mette in evidenza, e parla di "pane" e "pasta" genericamente: il che è diseducativo. Si dimentica che i cereali integrali sono anti-cancro, anti-diabete, anti-colesterolo, anti-obesità, anti-stipsi. Invece, in Italia le paste integrali sono rare e il pane integrale in vendita (tranne quello delle botteghe naturiste) è pessimo. Cibi consigliati: pane integrale, paste integrali, pizzoccheri, fiocchi di avena, semola di grano integrale, pizza napoletana e torte rustiche integrali, grano tenero in chicchi, riso integrale, orzo mondo, torte dolci e perfino panettoni di farina integrale.
      Legumi (ceci, fagioli, lenticchie, piselli, fave, soia ecc.). Vanno consumati più spesso, anche ogni giorno. Indigesti? Solo se non sono ben cotti e li si mangia di rado e conditi con grassi cotti: hanno dei polisaccaridi a cui i batteri del colon si devono abituare. Mangiandoli ogni giorno non si ha il minimo effetto, e si scopre che sono digeribilissimi, leggeri e perfino dimagranti (vedi Indiani, che hanno perfino il pane fatto di legumi). Chi non li mangia spesso dovrà reintrodurli a poco a poco nella dieta, cucchiaio dopo cucchiaio, giorno dopo giorno. Con tutta la buccia, ovviamente, dove si concentrano le sostanze utili anti-cancro. Saporitissimi con i loro cento colori e sapori, adatti per minestre, crocchette, ripieni per torte, perfino dolci. Cibi consigliati: lenticchie, meglio quelle piccole "di montagna" quasi sferiche, fagioli bianchi gialli rossi e neri (preferire quelli più colorati), ceci, piselli, azuki, mung, cicerchie.
      Broccoli (e crucifere: cavolo rosso, broccoletti, ravanello, rucola, verza ecc.). Ricchi di indolo-glucosinolati che nell’organismo si trasformano in tiocianati, sono potenti anti-cancro. Ma solo le parti verde scuro. Non solo bloccano gli enzimi che attivano la formazione del cancro, ma inducono gli enzimi della "fase 2" a detossificare i metaboliti e a provocare l’apoptosi o "suicidio programmato" delle cellule cancerose. Purtroppo, i consumatori fanno degli errori: richiedono di più il cavolfiore bianco, meno aromatico durante la cottura, ma il meno efficace, o si limitano a mangiare le radici di rapa e ravanello gettando via le più efficaci foglie. Consumare di preferenza le crucifere verde-scuro. La cottura riduce i pincipi attivi, quindi puntare anche sulle crucifere che si possono mangiare crude in insalata (le prime tre). Cibi consigliati: crescione, foglie di ravanello, rucola, broccoli verdi, foglie di rapa, cavolo toscano, verza verde di Milano, senape, rafano.
      Pomodoro maturo. Altro che mela, è il vero simbolo del cibo anti-cancro: se ne può mangiare molto, si può aggiungere a molti cibi (insalate, pastasciutta, salse, condimenti, minestre, pizze), è economico, si conserva bene, le sue salse in bottiglia e conserve sono ultra-economiche, sopporta benissimo la cottura. Che altro vogliamo? Una vera fortuna. Oltre al betacarotene di cui è ricco, il suo colorante rosso licopene, potente antiossidante, si è rivelato anche un preventivo del tumore della prostata. Pochi parlano di altri componenti fenolici: naringenina, bioflavonoide antiossidante (e antiestrogenico) disponibile con la cottura, presente nel sangue 2 ore dopo il pasto, rutina, acidi clorogenico e caffeico. Il massimo è il doppio concentrato in tubetto, a 40 centesimi nei discount: lo consiglio su tartine integrali con prezzemolo tritato e aglietto: una delizia. Scandalo? No: licopene, carotenoidi, e polifenoli sono più assimilabili dopo la cottura. Cibi consigliati: solo pomodori freschi maturi, rossi anche all’interno, da usarsi anche in insalata; doppio concentrato; salse in bottiglia. Scartare i tossici pomodori verdi.
      Verdura e frutta in genere. Più la prima che la seconda. Perché oltre alla famosa vitamina C, ha più beta-carotene, polifenoli e antiossidanti potenti come gli indolo-glucosinolati, e fibre come l’inulina. Un principio antiemorragico, il fillochinone, è presente nelle verdure verdi, specialmente in foglie di rapa, broccoli, lattuga, cavolo, spinaci, asparagi, piselli freschi. Riscopriamo le verdure spontanee altamente protettive che abbiamo intorno. Il dente di leone o tarassaco (ben 992 mg di beta-carotene), oggi anche coltivato, la malva ricca di mucillagini preziose, tra cui un arabinogalattano capace di stimolare le cellule anti-cancro "natural killer". Ha ben 197 mg di vitamina C, quattro volte arancia e spinaci, e può essere unita a minestroni e insalate. L’ortica, la verdura più ricca di ferro, si può unire a minestroni e ripieni. Evitare la borragine, tossica per alcune pirrolizidine. Meno efficacii le verdure imbiancate (lattuga, gambi di sedano, radicchio rosso): hanno pochissime vitamine e sostanze utili. Lo stesso per finocchi e zucchini. Meglio le foglie verdi del gambo del sedano, meglio il radicchio verde del rosso. Bieta, spinaci e barbabietola rossa sono ricche di acido ossalico mangia-calcio. Cibi consigliati: cicorie, cicorietta da taglio, radicchio verde, foglie di sedano, zucca gialla, agretti, bieta, spinaci, tutte le verdure di colore verde scuro, dente di leone, malva, ortica, porcellana.
      Arancia (e agrumi: mandarino, pompelmo ecc). E’ il frutto più anti-cancro tra quelli a noi più vicini, non solo per la vitamina C, ma anche per flavonoidi e carotenoidi. Provate le sue proprietà antiossidanti e protettive. Definitivamente bocciata, invece, la vitamina C isolata (sintetica o naturale) presa come integratore: è inutile o dannosa. Perfino la sua scorza è ricca di polifenoli antiossidanti, terpeni, acidi grassi essenziali e vitamina E. L’arancia rossa è ancor più protettiva grazie agli antociani. Cibi consigliati: arancia, mandarino, pompelmo, limone.
      Carota (radice e foglie). Hanno forte potere antiossidante grazie al beta-carotene, al contrario di quello isolato usato come "integratore", che in molti esperimenti sull’uomo si è dimostrato inutile o addirittura cancerogeno. Masticare bene, però. Cibi consigliati: carote di color arancione carico crude (ma da masticare bene), foglie fresche di carota, piacevolmente amarognole, da unire alle insalate o da cuocere con altre verdure.
      Peperone rosso, giallo, verde. Ha molti polifenoli, ed è la fonte di vitamina C più abbondante e assinilabile dei nostri mercati: il triplo dell’arancia. Perciò va tagliato in striscioline e mangiato crudo in insalata, l’unico modo per digerirlo bene. Il migliore è quello carnoso rosso o giallo. Cotto è indigesto e perde gran parte della vitamina C. Cibi consigliati: peperoni dolci carnosi rossi e gialli, da mangiare crudi in insalata.
      Cipolla (e altre liliacee: aglio, scalogno, porro, erba cipollina). I principi attivi solforati e molto odorosi, tipici degli ortaggi a bulbo svolgono l’azione di "spazzino" di sostanze cancerogene, come nitriti e nitrosammine. Nella cipolla è il diallil-solfuro. Nell’aglio l’allicina si attiva quando la alliina (0,24% dell’aglio) viene a contatto con l’enzima allinasi: cioè quando lo spicchio è schiacciato con lo spremi-aglio (consigliato). Altrimenti, se lo tagliuzziamo, la sostanza utile si forma solo lungo la superfice del taglio, e il resto è perduto. La cottura distrugge i principi attivi. Cibi consigliati: aglio, cipolla, scalogno, porro, erba cipollina.
      Curcuma (e altre erbe e spezie). In Italia si fa poco uso di aromi e sapori, il che è un paradosso nel "giardino d’Europa". Oggi va di moda il basilico, che solo da noi si mangia, la meno anti-cancro delle erbe visto che in laboratorio – ma non in una dieta varia – il suo estragolo è cancerogeno. Riscopriamo le tante erbe e spezie antiossidanti (secondo i valori Orac, "Oxygen radical absorbance capacity") e quindi anti-cancro, grazie a polifenoli come acidi vanillico, caffeico, rosmarinico e carnosico, curcumina, zingiberina, luteolina, hispidulina, apigenina, naringina, rosmarolo. Prudenza con peperoncino e pepe: riducono i rischi di alcuni tumori, ma sono anche collegati ai tumori alla bocca, al naso e all’esofago, in studi su soggetti in estremo Oriente, dove si mangia molto piccante. Cibi consigliati: curcuma, rosmarino, timo, salvia, zenzero, chiodo di garofano, anice, finocchio (semi), origano, noce moscata, scorza d’arancia, cannella, menta, serpillo, senape, prezzemolo, maggiorana.
      Porzioni. Bastano una foglia d’insalata e un cucchiaio di lenticchie? No, la dieta anti-cancro va calcolata a porzioni. Verdure e frutta: minimo 6 porzioni al giorno, tra crudo e cotto (Consensus internazionali). Le porzione: 250 g di verdure o ortaggi da cuocere, 100 g di insalate, un frutto grande intero (arancia, mela), o 100 g o l’equivalente in volume di frutti medi o piccoli (prugne, ciliegie, fragole ecc). Ma negli studi si è visto che era più protetto chi assumeva 7 e più porzioni. Un trucco: è possibile raddoppiare le porzioni, p.es., mangiando due arance, o consumando carote o frutta per spuntino o merenda in ufficio, in auto o in treno, anziché merendine, crackers e caramelle. Cereali e legumi (National Research Council Usa), ogni giorno sulla tavola almeno 6 porzioni. Cereali: 60 g di pane integrale, 40 g di fiocchi di avena, 80 g di pasta o riso integrale, 60 g di polenta (semola), 100 g di chicchi di mais freschi. Legumi: 100-120 g freschi o surgelati, 35-50 g secchi.
      Cottura. distrugge le sostanze anti-cancro? Alcune sì, altre no. La vitamina C si riduce molto o si perde. Per cui la tendenza è quella a mangiare più crudo possibile. Il beta-carotene (verdure verdi e arancione) resiste alle brevi cotture al vapore. Ma la dura carota è meglio che sia affettata, così il calore apre le cellule e lo fa assimilare di più. Dopo la cottura il colore deve restare arancione vivo. Invece, il licopene del pomodoro resiste anche alle lunghe cotture (ragù). I glucosinolati di broccoli, cavoli e rape si riducono al calore. Il che consiglia di integrare con crucifere che si possono mangiare crude (ravanello con le foglie, crescione, rucola). Gli anticancro di cereali e legumi invece resistono alla cottura.
      Congelamento e surgelazione riducono la vitamina C, che però – abbiamo visto – non è certo l’unico anti-cancro dei vegetali. In compenso il freddo previene i danni dovuti a muffe e tossine cancerogene dovute alla cattiva conservazione in ambienti caldi-umidi. Il frigorifero ha eliminato in Italia e in Europa i numerosi – un tempo – tumori allo stomaco da cattiva conservazione degli alimenti.
      E fuori casa? Ricchi premi a chi trova le paste integrali in mense aziendali e ristoranti italiani. Conviene scegliere un primo di legumi e una insalata mista alla rucola. Col solito pane finto-integrale, purtroppo. Non dimenticate la frutta. Più arduo al bar. ordinate il panino più integrale che trovate pregando di farcirlo con pomodoro rosso, una fettina di cipolla e una striscia di doppio concentrato (il cameriere vi guarderà: dite che state facendo una "cura"). Ma non sono pochi gli snack-bar per impiegati dove servono anche fagioli. Come bevanda una spremuta fatta all’istante di arancia. Non ci sarà il tè verde (anti-cancro) ma quello nero (idem), e il caffè (anti-cancro per i polifenoli e la caffeina).

martedì 3 aprile 2007

IL CORSO A ROMA. Concluso con una cena esotica nel Centro ayurvedico

Ginger-dinner: la cena dello zenzero. Tra spezie esotiche e i quadri a forti tinte di Romina Power, si è concluso ieri sera con una cena al centro Bibliothè, la biblioteca e sala da tè di cultura ayurvedica e indiana che ci ha ospitato, il seminario romano di Alimentazione Naturale e Terapie con gli Alimenti. Un omaggio doveroso all'impagabile padrone di casa, il cuoco e "guru" Enzo, che ha messo a disposizione il locale per il Corso.
Corso che era iniziato il 15 gennaio ed è durato oltre due mesi (12 incontri settimanali di 1 ora e mezza ciascuno). Curiosa la sua evoluzione in progress. Da seminario intensivo di specializzazione sulle ultime acquisizioni di medicina naturista con gli alimenti, dedicato a terapeuti, medici, omeopati e un pubblico di "addetti ai lavori" - così era stato pensato - si è allargato subito, per venire incontro a molti partecipanti, in corso intensivo sull'intera alimentazione sana, compresi i fondamenti della nutrizione. Ma a questo punto, non bastando più le 12 ore programmate, per le continue "finestre" che le domande dei partecipanti e i "links" del relatore aprivano sulle varie materie (dai veleni naturali dei cibi ai trucchi in cucina), per prima cosa siamo passati da un'ora a un'ora e mezza ad incontro, per un totale di almeno 20 ore, poi si sono rese necessarie ben 7 dispense di appunti, per 167 pagine fitte complessive, corredate di 54 tabelle (molte delle quali composte appositamente per il Corso) e di un'appendice di 176 studi scientifici selezionati e riportati in abstract, come prova sperimentale di quanto si andava dicendo nelle varie lezioni. Questi appunti, naturalmente, sono ancora delle bozze, e dopo essere stati corretti e integrati verranno probabilmente inseriti in pubblicazioni future.
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Ecco l'indice delle dispense del Corso, che è sempre possibile richiedere (gratis per chi ha partecipato al Corso, con un versamento di 35 euro per gli altri):
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Seminario di Alimentazione naturale, Nutrizione e Terapie con gli Alimenti
(Roma, gennaio-aprile 2007)
1. SANITA' DEGLI ALIMENTI E NUTRIENTI (p.27, 17 tabelle)
2. CEREALI E FIBRE (p.25, 13 tabelle, 29 studi)
3. LEGUMI E PRINCIPI ATTIVI (p.10, 4 tabelle, 6 studi)
4. VERDURE E FRUTTA (p.39, 6 tabelle, 70 studi)
5. CIBI ANIMALI (p.17, 2 tabelle, 34 studi)
6. COMPLEMENTI E GRASSI (p.22, 8 tabelle, 37 studi)
7. REGIMI, DIETE E CUCINA (p.27, 4 tabelle)
Totale: 167 pagine, 54 tabelle, 176 studi in abstract
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Subito dopo Pasqua si organizzerà la cena-saggio di fine Corso. In futuro, si potranno tenere anche degli Incontri di aggiornamento.Naturalmente il Seminario potrà essere organizzato anche in altre città, tornando però alla sua veste originaria: il rapporto tra alimentazione naturale e terapia con gli alimenti.
Tutti i partecipanti al Corso appena concluso potranno darsi appuntamento qui, sul sito-blog, sia inviando domande o proposte, sia articoli o commenti ai più diversi articoli.
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Foto 1: Scolaresca in una foto ricordo di fine anno scolastico. Foto 2: Cena di fine Corso al Bibliothè (inviata da Maria Cristina Compagnin)