sabato 26 dicembre 2009

CIBI DI ANTENATI. Piselli da piccioni e sorgo primi cereali e legumi dell'uomo

Altro che “Paleolithic Diet” o “Dieta dell'Eden” consistente in enormi quantità di carni, frutti ed erbe, secondo la vulgata diffusa in seguito a supposizioni di “esperti” americani, fantasiose quanto certe ricostruzioni cinematografiche di Hollywood. E il bello è che c'è chi li prende sul serio, e si prova a mangiare così anche oggi, eccitato dall'idea di imitare i cavernicoli.
In realtà, i trogloditi (dal greco trogle=caverna) mangiavano in modo più simile a noi di quanto s’immagina. Il perché è ovvio.

Dato per scontato che la fame continua era il problema principale dei nostri lontani antenati, è noto che non ci si sfama con la carne, i frutti e le erbe, ma solo con gli amidi, la cui digestione richiede diverse ore. E gli amidi sono presenti in buona quantità soltanto in cereali, legumi e tuberi. Proprio gli alimenti di base del primordiale Uomo raccoglitore, come dimostra un recente studio.
Anzi, la raccolta di piccoli semi selvatici amidaceo-proteici, i problemi che deve aver posto la loro trasformazione per poterli masticare e digerire (metodi di spogliatura e molitura, tecnologia dei recipienti adatti, cottura al fuoco ecc.), e i successivi tentativi di riprodurli per coltivazione, devono aver costituito le prime tappe fondamentali della civiltà.

Un recente studio canadese ambientato in Africa - ne dà notizia un comunicato dell'Università di Calgary ripreso da Le Scienze (peccato quel "cave" tradotto ad orecchio in "cava", anziché in "caverna") - ha riconfermato il ruolo dei cereali e dei legumi nell'alimentazione di 100 mila anni fa, quindi ben prima di quanto finora accertato (90 mila anni fa, circa), e ovviamente molto prima dell'invenzione dell'agricoltura (10-12 mila anni fa).

Fa impressione, ad ogni modo, constatare che i cereali e i legumi trovati nella grotta sono ancora consumati in Africa e in Asia. Si tratta del piccolo cereale sorgo o dagussa e del piccolo legume Cajanus cajan, detto pigeon-pea ("pisello da piccioni"), presenti nelle tabelle nutrizionali della FAO per il vicino e medio Oriente. Il sorgo selvatico e coltivato è presente anche in Europa e in Italia, dove è destinato all'alimentazione del bestiame. Il solito assurdo spreco di preziose risorse amidacee, che potrebbero servire a ridurre la fame nel Mondo, utilizzate per ricavare costosissima e poco utile carne per gli abitanti dei Paesi più ricchi, che paradossalmente di eccesso di carne si ammalano.

Questi dati archeologici confermano le precedenti scoperte in varie parte del mondo, che risalgono alla fine dell'ultima Era glaciale, circa 12.000 anni fa. In questo caso, però, c'è un poderoso balzo all'indietro. I reperti sono datati all'inizio di quell'era, cioè a circa 90.000 anni prima. Questo ridicolizza i tanti libretti alternativi e gli articoli a ruota libera dei tanti ignoranti su internet che danno poca importanza a cereali e legumi, oppure li considerano cibi relativamente recenti (addirittura "4000 anni fa", abbiamo letto). La lezione da trarne è che non può esistere regime di alimentazione naturale senza legumi e cereali, meglio se integrali. Sono il nostro cibo "di resistenza" atavico – come comprovano ancora una volta queste recenti scoperte scientifiche – quello capace di sfamarci per un’intera giornata, e che ci permette di pensare ad altro, finalmente, oltre che ad una caccia improbabile e all’affannosa raccolta di erbe e frutti (N.V.).

DA UNA CAVERNA IN MOZAMBICO I PRIMI CEREALI DI HOMO SAPIENS. "Il consumo di cereali selvatici tra le popolazioni di cacciatori e raccoglitori potrebbe essere molto più antico di quanto ritenuto finora, stando a una recente ricerca dell'Università di Calgary, in Canada, nell'ambito della quale gli archeologi hanno trovato il più antico esempio di dieta basata in buona parte su cereali e radici in una popolazione di Homo sapiens più di 100.000 anni fa.

Julio Mercader, ricercatore del Dipartimento di archeologia dell' Università di Calgary ha recuperato infatti decine di strumenti di osso in una profonda grotta in Mozambico che mostra come il sorgo selvatico, antenato del principale cereale consumato tutt'oggi nell'Africa sub-sahariana per produrre farina, pane, pappe e bevande alcoliche era presente nella "dispensa" di Homo sapiens insieme con palma, falsa banana (Enset ventricosum), il legume della specie Cajanus cajan e la patata africana.

Si tratta della prima e più antica diretta evidenza di cereali pre-domesticati ovunque nel mondo. "Il risultato retrodata notevolmente l'inizio dell'utilizzo dei semi da parte delle specie umane e rappresenta una prova di una dieta estesa e sofisticata molto prima di quanto ritenuto", ha spiegato Mercader. "Ciò avvenne durante l'Età della pietra quando la raccolta di cereali selvatici è stata percepita come attività irrilevante se non altrettanto importante di radici, frutti e frutta secca."

Nel 2007 Mercader e colleghi dell'Università del Mozambico effettuarono alcuni scavi nella grotta di calcare nei pressi del Lago Niassa che venne utilizzata in modo intermittente da antichi raccoglitori nel corso di 60.000 anni. Nel fondo della grotta, i ricercatori hanno scoperto decine di strumenti di osso, ossa animali e resti di piante, tutti segni indicativi di pratiche alimentari preistoriche. La scoperta di diverse migliaia di particelle di amido e di strumenti per raschiare e molare il sorgo selvatico dimostrano come tale cereale venisse portato nella grotta e lavorato in modo sistematico.

"Si è ipotizzato che l'uso dell'amido abbia rappresentato un passo cruciale nell'evoluzione umana, poiché migliorò la qualità della dieta nelle savane e nelle foreste africane, in cui si è evoluta la prima linea di esseri umani moderni", ha commentato Mercader. "L'inclusione dei cereali nella nostra dieta è considerato un passo importante in virtù della complessità tecnica della manipolazione culinaria richiesta per convertire i cereali in alimenti."

Mercader sostiene che questo tipo di evidenze archeologiche sono in accordo con altre dello stesso tipo rinvenute in ogni parte del mondo, durante gli ultimi stadi dell'ultima Era glaciale, approssimativamente 12.000 anni fa. In questo caso i reperti sono datati all'inizio dell'Era Glaciale, cioè a circa 90.000 anni prima".

IMMAGINI. I piccoli semi del legume pigeon-pea o pisello da piccioni (Cajanus cajan), molto consumato in Africa e Asia, e i piccoli chicchi del sorgo o dagussa. Quelli selvatici sono ancora più piccoli.

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mercoledì 16 dicembre 2009

RISO NERO. Più antiossidante, più saporito (gusto di cioccolato) e italiano.

RISO NERO E RICOTTA DI BUFALA. Questo piatto è solo mio: l’ho creato quindici anni fa in occasione d’una cena in terrazzo, e guai a chi me lo tocca. E ne preparai due versioni, una salata e una dolce. Era il ’95, nei giorni precedenti l’uscita del mio libro "Manuale di Terapie con gli Alimenti". E allora usai addirittura il pregiatissimo e affilatissimo "riso" nero selvatico, che non è vero riso ma Zizania aquatica (Canada, Stati Uniti). Era costoso, ma non come oggi: ora costa un occhio della testa, più o meno 20 euro al chilo. Invece, il vero riso integrale nero, molto più economico (circa 3 euro per 500g), che è quello di cui parlo qui, sarebbe stato incrociato, prodotto e venduto in Italia solo due anni più tardi, nel '97 (v. sotto, la ricerca). Un primato in Europa, merito della risicoltura italiana e di un ibridatore cinese che lavora per una cooperativa di Vercelli.

Ed è davvero super-squisito questo riso integrale nero. Una delizia. In Oriente i pochissimi che lo conoscono, o che si possono permettere di acquistarlo (gli orientali stupidamente non amano il riso integrale, nonostante gli sforzi dei Governi, ma mi piace immaginare che soffrano d'un atavico timor reverentialis. Infatti, secondo una leggenda su cui si sono buttati a pesce gli Uffici Stampa dei produttori di riso Venere e tutti i blog copioni, il riso nero sarebbe stato considerato "afrodisiaco" dai Mandarini. Come qualunque cosa strana o costosa, del resto. Insomma, una bufala.

Riso nero italiano Venere e ricotta bufala (NV 2009)

E gli abbinamenti? Molti, e non hanno tutti i torti, abbinano anche il riso nero con le verdure. In Oriente è più che giusto, e anche in Occidente: con ortaggi e verdure non si sbaglia mai. Sempre meglio, comunque, di quei cafoni snob (sine nobilitate, cioè senza nobiltà, insomma, il classico “vorrei ma non posso” del buongusto) che come i grassi americani del Texas o i mafiosi della Russia ex-sovietica vi aggiungerà in cottura il solito champagne dei nuovi arricchiti (che il calore distrugge, ben gli sta – lo champagne non i cafoni arricchiti, purtroppo –), e tanto vale allora metterci un vinaccio in bottiglione...), oppure il solito burino salmone, i soliti gamberetti o scampi dell’impiegato in vacanza. Perché, secondo molti, se un alimento è appena un po’ costoso bisogna mettergli sopra o accanto qualcosa di altrettanto costoso o almeno ricercato o raro. Ma se lo fanno tutti, non sarà più raro.

No, come dimostrano quei raffinati della semplicità che, proprio in Russia, gustano il caviale in uno spacco praticato nelle patate al forno, cotte con tutta la buccia, oppure sul pane integrale nerissimo e forte di sapore acido, anche per una delicatezza di forte sapore come il riso nero ci vuole una semplicità geniale.

Perciò sono partito dal colore. La gastronomia va immaginata anche come pittura, composizione. Tenendo conto, però, del sapore e degli accostamenti. E la logica del colore mi ha dato la versione storicamente giusta e plausibile: lacto-vegetariana. Il "cioccolato" (e già, perché il miscuglio di riso integrale nero e riso integrale bianco che ho inventato dà alla pietanza cotta il colore e il sapore del cioccolato) andava assolutamente coperto di panna, insomma pretendeva sopra un grosso fiocco, una sfera d'un qualche latticino bianco.

La delicata, pannosa, acidula, ricotta di bufala ho visto che andava benissimo. Un abbinamento perfetto anche nel sapore. E’ stata, come sempre un’intuizione rapidissima. Questo piatto semplice e unico ha come base il riso nero italiano della varietà Venere, ottenuto incrociando il nostro riso con le varietà orientali (var. japonica) di riso nero, presenti da millenni in Cina ma molto rare. Si è ottenuto un riso di color viola scuro che sembra nero, ricco di sapore e profumo. Quando lo si cuoce, già si capisce che siamo in presenza di qualcosa di speciale, unico: ha un odore molto più forte del pane integrale a pasta madre appena sfornato. Che è tutto dire. Grazie ai suoi potenti antociani antiossidanti.

Riso nero Venere e riso comune Baldo a confronto. Sali minerali (tabella) Il riso nero Venere è costoso, ma non proibitivo. Quello che ho provato e riprovato è prodotto dalla Cascina Falasco (famiglia Cirio, risicoltori da sei generazioni nel Novarese), l’ho pagato da Castroni di via Cola di Rienzo, a Roma, 2,80 euro per 500 g, in confezione sottovuoto che conserva freschezza, fragranza e impedisce l’ossidazione del germe. Anche il riso nero Venere della marca Guerrini è proposto su internet a buon prezzo: euro 2,90-3,00 circa. Anzi, approfitto per mettere in guardia i tanti ingenui: non dovete assolutamente pagarlo di più. Su internet ho visto speculazioni che gridano vendetta:  500 g del medesimo riso Venere offerto da altri produttori o intermediari furbi a euro 4,00 o addirittura a 7,50. Non comperatelo a questi prezzi, o vi farete vittime-complici, rivelando una componente psicologica masochista…

E poi non è affatto obbligatorio consumarlo da solo, al 100%, ma è possibile ridurre drasticamente i costi e perfino modulare il gusto come si vuole unendolo al normale riso integrale (da metà ad 1/6), ottenendo in quest'ultimo caso un colore a fine cottura ancora più invitante, il colore del cioccolato. Ma anche solo 4-5 cucchiai di riso nero riescono a colorare di cioccolato e ad insaporire in modo incredibile 500 g di riso integrale normale.

Il riso nero, però, è più duro del normale riso integrale, e come per i legumi va messo a bagno in poca acqua una notte (attenzione a non gettarla: ha molti antociani protettivi, utilizzatela per la cottura). Va cotto per 40-50 minuti o secondo gusto. Meglio, allora, la pentola a pressione, che oltretutto riduce le perdite di vitamine del gruppo B.

Per la mia ricetta, invece, se volete il gusto e il colore del cioccolato, dovrete unire nell’ammollo preliminare e poi nella cottura il riso nero al riso integrale. Che quest’ultimo non sia il sottilissimo tipo Ribe che si cuoce troppo rapidamente, preferite un classico riso italiano integrale a grano più grosso, p.es. l’originario. Si cuoce in acqua fredda, sempre a basso fuoco e con coperchio semichiuso, dopo che ha raggiunto il pieno bollore.

Ma ora mi viene un dubbio: sapete “come si cuoce” il riso, no? No, in Italia, patria della cottura rapida della pasta (che è in pratica pre-cotta). Il riso integrale non si cuoce in acqua abbondante e quindi non si scola come gli spaghetti. Cuocere il riso bianco "all’italiana", in stile pastasciutta, cioè versandolo in acqua bollente, è un errore grossolano, tipico di chi è abituato a quel prodotto tecnologico semi-cotto che è la pasta. Un metodo che si può tollerare per quel pessimo cibo che è il riso raffinato che oltretutto tende a scuocere rapidamente, ma è inammissibile per il riso integrale. Che se scolato finirebbe per perdere anche vitamine B e sali minerali. Invece, dopo averlo messo a bagno per qualche ora, lo si cuoce nell’acqua fredda, calcolata giusta giusta, perché deve essere tutta assorbita a cottura ultimata. L’abile uso del coperchio (coperto, scoperto, semichiuso), l’uso di una spatola piatta di legno per raschiare in fine cottura sul fondo per evitare che si attacchi, la fiamma più o meno bassa, e soprattutto l’esperienza, sono elementi che aiutano il neofita a regolare l’acqua, primo segreto per la cottura di qualsiasi cereale in chicchi o in semola.

6 CUCCHIAI DI RISO NERO PER 500 GRAMMI DI INTEGRALE
La ricetta è semplice e squisita. Io suggerisco qui la versione economica, la più “miracolosa” e ad effetto: 6 cucchiai da minestra colmi di riso integrale nero Venere per 500 g di ottimo riso integrale a chicco grosso o medio, tipo Originario. Vanno messi a bagno insieme la sera precedente, come i legumi, o comunque almeno 6-8 ore prima. Se invece vi ostinate a usare il sottilissimo e tenero riso integrale Ribe, sappiate che dovete mettere a bagno solo quello nero, per cercare di uniformare i tempi di cottura. L'acqua di ammollo del riso nero, nerastra per le notevoli tracce di antociani, va assolutamente utilizzata per la cottura. Aggiungere il sale a metà o a fine cottura, così si assorbe solo sulla superficie del chicco e si risparmia qualcosa in cloruro di sodio (ha provato uno studio): il sale fa male. A questo punto condimenti diversi  per la versione dolce e la versione salata:

1. VERSIONE SALATA ALLE ERBE. A cottura ultimata - per la versione salata - aggiungere generosamente erbe aromatiche e spezie. Io preferisco attualmente timo, prezzemolo tritato e zenzero in polvere. In passato ho sperimentato anche cannella, santoreggia, origano, semi di finocchio tritati. Invece, curcuma, menta, basilico e cipolla non vanno bene: quello è praticamente "cioccolato"!

2. VERSIONE DOLCE AL MIELE E ZENZERO. Per la versione dolce, aggiungere in parti uguali alcuni cucchiai di miele grezzo e zucchero nero di canna del Brasile ("moscovado"), che ha un sapore di melassa con retrogusto di liquirizia. Insaporire e aromatizzare con abbondante polvere di zenzero. Attenzione, non deve essere troppo dolce, e comunque il sale va messo lo stesso. Rimestare bene con la spatola piatta raschiando il fondo di acciaio, e lasciare coperto a fuoco spento.

Intanto a parte si condisce la ricotta di bufala. E’ unica, inimitabile. Se non l’avete mai provato fatelo ora. E’ acidula, molto acidula. E molto pannosa. Un po’ informe. Sta alla ricotta di pecora o di vacca, come la vera ovolina di bufala sta all’insapore mozzarella Galbani o Invernizzi del supermercato. I romani sono fortunati: arriva ogni giorno nei negozi del caseificio Francia. Al Nord e al Sud non si troverà: usate quella di mucca, la più grassa che trovate.

Per la versione dolce, lasciatela così com'è.

Per la versione salata, invece, in una coppa semisferica lavoratela lentamente con una forchetta aggiungendo timo e santoreggia polverizzati sul momento. Ma in Italia queste e altre erbe aromatiche, a meno che non le raccogliate selvatiche voi stessi, e anche le spezie in commercio, fanno letteralmente schifo: non hanno aroma né sapore. Solo con l'origano avrete qualche probabilità di avere aroma persistente.

Aggiungete anche sale fino, e uno-due spicchi d’aglio spremuti con lo schiaccia-aglio in un cucchiaio d’olio. Appena uno spicchio per 400g di ricotta (4 persone), per non dispiacere troppo alle donne. Ma se non ci sono problemi con l’aglio, ci vanno 3 spicchi: la ricotta assorbe benissimo l’aglio, senza lasciare il giorno dopo troppo sgradevoli sensazioni.

Basta così. Le porzioni individuali sono formette semisferiche ottenute rovesciando sul piatto una tazza da tè riempita di riso nero cotto. Sull’elegante forma così ottenuta si pongono tre cucchiai o più colmi di ricotta aromatizzata alle erbe. Due foglie di basilico sulla ricotta. Versare sopra ottimo olio verde fresco di frantoio e pepe. Ah, dimenticavo, questa delizia, leggermente salata o leggermente dolce che sia, si gusta meglio col cucchiaino.

LA RICERCA. Ed ora l’aspetto tecnico-scientifico. Innanzitutto il riso integrale nero della varietà "Venere" è stato creato a Vercelli nel 1997 dall'ibridatore cinese Wang Xue Ren, che lavora da anni nella risicoltura piemontese, per conto della cooperativa Sa.pi.se. Per l'incrocio sono stati utilizzati un riso italiano e un raro riso nero della varietà "japonica" concesso da un istituto di ricerca filippino che conserva la più rinomata banca delle varietà di riso al mondo.
Il riso "è venuto molto bene", dicono gli esperti: stabile e con caratteristiche molto decise, tra cui il colore viola scuro, quasi nero. Straricco, quindi, di polifenoli antocianosidi. Ma molto dotato anche di sali minerali. Dalla tabella in alto si vede che il riso integrale nero italiano ha ben il 400 per cento in più di ferro e il doppio di selenio rispetto a quello integrale ordinario. Tra antociani e selenio, quindi, il riso nero integrale è il più antiossidante al mondo.

Inoltre, un recente studio, tra i tanti, di ricercatori cinesi di Tapei (Taiwan), dimostra non solo in vitro ma anche in vivo, cioè su organismi viventi (mammiferi), la potente attività dei flavonoidi antociani del riso nero, in particolare cianidina e peonidina, nella protezione antiossidante, e quindi tendenzialmente cardioprotettiva, antinfiammatoria e anti-cancro, attraverso non solo la diminuzione della formazione dei radicali liberi, ma anche l’aumento dell’attività difensiva del SOD, il potente enzima superossido-dismutasi, e della catalasi (161.6% and 73.4% in più rispetto al riso bianco raffinato). La parola "grassi" ("Lipids") nella testata della rivista scientifica, apparentemente fuori luogo per un profano, la dice lunga sull’interesse dei biochimici verso gli antociani e altri antiossidanti capaci di prevenire la perossidazione dei grassi della membrana lipidica che protegge la cellula, evitando così danni irreversibili a DNA e RNA. Ecco come, alla lunga, si spiega la migliore conservazione della salute nei consumatori abituali di cereali integrali.

ANTIOXIDANT EFFECTS OF BLACK RICE EXTRACT THROUGH THE INDUCTION OF SUPEROXIDE DISMUTASE AND CATALASE ACTIVITIES

An-Na Chiang, Hua-Lin Wu, Hung-I Yeh, Chi-Shuen Chu, Hui-Chiao Lin and Wei-Chin Lee. Journal Lipids 41, 8, August 2006, 797-803.

Our ex vivo study revealed that BRE had significantly stronger ability to inhibit LDL oxidation than white rice extract (WRE). The purpose of this study was to investigate whether black rice extract (BRE) supplementation might ameliorate oxidative stress and enhance antioxidant enzyme activities in HepG2 cells and in C57BL/6 mice. In the cellular study, superoxide anions (O2.−) and reactive oxygen species (ROS) in the BRE group were significantly suppressed. The BRE group also showed significant increases in superoxide dismutase (SOD) and catalase (CAT) activities by 161.6% and 73.4%, respectively. The major components responsible for the free-radical-scavenging and antioxidative properties might be cyanidin−3-O-glucoside chloride and peonidin-3-O-glucuside chloride. In the animal study, male C57BL/6 mice were divided into three groups (control, BRE, and WRE). Plasma HDL-cholesterol was significantly higher, and thiobarbituric, acid-reactive substances were significantly lower in the BRE group, whereas plasma levels of total cholesterol and triglyceride were not affected by BRE supplementation. Increased hepatic SOD and CAT activities were observed in BRE-treated mice as compared to the control mice. Our data suggest that antioxidative effects exerted by BRE are mediated through decreases in free-radical generation as well as increases in SOD and CAT activities both in vitro and in vivo.

IMMAGINI. 1. Così si presenta una manciata di riso nero italiano, var. Venere. 2. Dal vero non si vede così chiaramente, ma la foto, trattata con un contrasto particolare, rivela che alcuni chicchi sono più neri degli altri. Sono quelli di riso integrale nero della varietà Venere. Gli altri sono chicchi di normale riso integrale che si è colorato durante la cottura grazie agli antociani del riso nero. 3. Tabella fornita dai produttori che mette in evidenza le differenze in micronutrienti tra la varietà comune Baldo e la varietà Venere. Non è chiaro, però, se la Baldo sia integrale. 

AGGIORNATO AL 5 SETTEMBRE 2013

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