martedì 29 settembre 2009

VARIETA’. La vera dieta naturale sana? Molto più varia, diversificata e completa.

Se chi segue l'alimentazione naturale mettesse da parte per esperimento, come le maestre insegnano ai bambini a scuola, i semi di tutte le specie e varietà botaniche che consuma ogni giorno – dal chicco del grano duro della pasta al fagiolo rosso, dal seme della pesca al semino della mela – si ritroverebbe dopo un anno una piccola, troppo piccola, collezione. Infatti mangiamo sempre le stesse poche piante, cioè gli stessi cibi.

Ed è un errore, un grave errore, che mina il principio della bio-diversità a tavola, che i Progenitori seguivano per istinto, curiosità e necessità, ma che noi moderni – che pure lo abbiamo scoperto e teorizzato – dovremmo seguire per scienza e cultura, e invece non lo facciamo. Soprattutto per pigrizia, tradizioni recenti sbagliate e ignoranza.

Che cosa mangia la gente ogni giorno? Guardando dal punto di vista della classificazione scientifica, anche aggiungendo alla botanica la zoologia, normalmente non più di quattro, cinque o sei specie! Che si ripetono sempre, nonostante forme e nomi diversi delle pietanze e prodotti alimentari.

E’ divertente immaginare che uno scienziato naturalista maniaco, distolto dai suoi studi e trasportato a viva forza al ristorante, leggerebbe nel tipico menù, “equilibrato” pur nell’errore, invece dei soliti nomi gastronomici di fantasia, la lista seguente: Triticum durum (in alternativa Oryza sativa ), Triticum aestivum, Bos taurus, Lactuca sativa (spaghetti o riso, pane, bistecca e insalata). Stop. E se gli spaghetti sono al pomodoro, e il riso è ai funghi e, per miracolo si ordina un frutto, vi aggiungerà Solanum lycopersicum, Agaricus campestris, Malus domestica. E la sera? Di nuovo Triticum aestivum (pizza). E per far contenti i bambini capricciosi che amano il cibo spazzatura o junk food? Solanum tuberosum (patatine) e si azzittiscono. E il giovedi? Di nuovo Solanum tuberosum (gnocchi). E nei locali rustici di montagna (ma volendo ovunque, tanto è precotta e ce l’hanno pure al ristorante della stazione), Zea mais (polenta). E siccome è pignolo, ovviamente, noterà anche l’olio del condimento: giusto. E allora aggiungerà anche Olea europaea, se non Helianthus annuus (olio di oliva o addirittura di girasole)! Stop.

Insomma, uno può mangiar male e in modo trasandato, e abbuffarsi fino a star male, ingurgitando appena tre specie fondamentali e quattro-cinque secondarie o di contorno, tra botaniche e zoologiche. E’ il colmo.

Ma la scienza è scienza. E se uno si abbuffa di pastasciutta, pizza, panini, grissini, tramezzini, croissant e torte dolci di farina, nutrizionalmente (non solo botanicamente) si abbuffa sempre della stessa cosa, sotto le più diverse forme, ovvero solo di farina o semola di grano. Cioè ha ingerito solo due specie-varietà botaniche: Triticum durum e Triticum aestivum. E perfino nella tipica colazione di massa o da bar ci sono solo quattro specie: Bos taurus (latte), Triticum aestivum (pane, croissant o biscotti), Coffea arabica (caffè) e sempre troppa Beta vulgaris, var saccharifera, cioè zucchero!

Davvero troppo poco, se pensiamo che la sola insalata mista campestre del Lazio (la “misticanza”) di specie ne contiene oltre 20. Eppure, questa monotonia e povertà non la nota mai nessuno, nonostante si straparli di “bio-diversità”.

Al contrario, chi mangia “naturale” (o si illude di farlo) è più curioso, esperto o solo un poco più informato e di aperte vedute, quindi consuma più specie e varietà botaniche, p.es., anche  avena, saraceno, orzo, cavolo rosso, miglio, 2-3 varietà di mele (renetta, smith, annurca, impero, fuji ecc.), kiwi, verdure e radici rare come crescione, rutabaga, portulaca ecc., senza contare le decine di spezie ed erbe aromatiche che la massa ignora, specialmente in Italia. Un buon naturista curioso ed esperto potrebbe così, alternando specie e varietà, arrivare comodamente alle 20 e più specie botaniche e zoologiche quotidiane.

Ma l’uomo comune che mangia in modo convenzionale, cioè cibi raffinati e devitalizzati come si usa oggi nella società di massa, ogni giorno segue una dieta ridicolmente monotona di generi e varietà di cibi, e in conseguenza povera di micronutrienti (vitamine, sali minerali, acidi grassi insaturi essenziali), e soprattutto di sostanze non nutritive o addirittura anti-nutritive, ma farmacologiche attive e protettive (migliaia di polifenoli, inibitori delle proteasi, agglutinine, saponine e altre potenti sostanze naturali, tra cui numerose sono antiossidanti).

Chi mangia pasta bianca raffinata e pane bianco non avrà mai, per fare un esempio i potenti betaglicani di orzo integrale e avena. Anche perché psicologicamente chi è così trasandato e conformista da adagiarsi sulla dieta convenzionale industriale e raffinata di oggi non avrà la mentalità salutista per migliorare. Degli antiossidanti non saprà che farsene. Ecco, perciò, l'importanza delle indagini epidemiologiche.

Chi mangia all'italiana moderna, cioè pastasciutta raffinata, fettina di carne e patate fritte o pane bianco – cioè in carenza di bio-diversità a tavola – avrà a lungo andare seri problemi di salute, non solo perché quei cibi impoveriti dalla raffinazione e resi tossici dalla cottura sbagliata siano veleni (amine eterocicliche, malonaldeide, benzoapirene e grassi ossidati della carne cotta e delle patate fritte), ma anche per l'assenza di antiossidanti protettivi nella pasta, nel pane e nelle patate, e infine perché un soggetto del genere non avrà lo stimolo di cercare i rispettivi cibi completi, né di porsi il problema della varietà della dieta, con le sue decine di migliaia di composti chimici e farmacologici naturali.

Questa è la realtà. Altro che la finzione della "dieta mediterranea" come slogan pubblicitario sbandierato dai nutrizionisti italiani per far guadagnare le multinazionali alimentari.

Il mangiare odierno in Italia, secondo lo stile "finto-mediterraneo", dando retta alla pubblicità del made in Italy industriale, non diverso poi dal made in Usa, è una resa incondizionata di fronte ai rischi delle malattie cardiovascolari, metaboliche e tumorali, per tacere delle altre. Non per caso pasta bianca, riso bianco e pane bianco sono stati messi dagli scienziati più seri e conseguenti in cima alla Piramide alimentare (come la Piramide di Harvard di Willett), cioè tra i cibi che si devono mangiare "il meno possibile". Nelle statistiche mediche, pane bianco, pasta raffinata, riso brillato e patate sono collegati ad una maggiore probabilità di tumori allo stomaco e al colon.

Sono numerosi, infatti, e della più diversa provenienza, gli studi che collegano cereali raffinati e tuberi amidacei ad un maggior rischio oncologico, e invece pane scuro-verdure-frutta ad un minor rischio di tumori allo stomaco (da Trichopoulos 1985 in poi). Il fatto è che pasta bianca, pane bianco e riso bianco non sono protettivi e quindi non ci difendono da nulla, se non dalla fame. Il che è gravissimo in un'alimentazione ricca per natura o per cottura di sostanze ossidanti e prodotti cancerogeni.

Per di più i cereali raffinati, difesi in modo sospetto dai nutrizionisti all'italiana, favoriscono obesità, malattie cardiovascolari e tumori. Mentre i cereali integrali sono altamente protettivi ed antiossidanti, e ci difendono proprio dalle grandi malattie degenerative, come mostrano decine di studi e tabelle che pubblicheremo.

Basti ricordare qui che con i cereali integrali e i legumi c'è assimilazione parziale dei nutrienti, anche amidi e grassi - meno cioè di quanto indichino le tabelle nutrizionali teoriche - in quanto le fibre indigeste fermentano nel colon ad opera dei batteri, producendo preziosissimi acidi grassi volatili a catena corta (propionico, acetico e butirrico), che interferiscono con gli enzimi predisposti alla sintesi del colesterolo nel fegato, favorendo anzi l'eliminazione di quello già formato, e riducendo l'assimilazione dei grassi. Ecco in sintesi il meccanismo di base che protegge da malattie cardio-vascolari, diabete e alcuni tumori.

Insomma, è sufficiente passare in rassegna i cereali più consumati in Occidente, anzi nel Mondo, per avere un esempio della loro inadeguatezza e per spiegarsi anche l’insufficiente varietà dell’alimentazione di massa. A ciò si unisce lo scarsissimo uso nelle società moderne dei legumi. Ma, sia chiaro, la mancanza di varietà tocca tutti i tipi di alimenti, specialmente verdure, frutta e legumi.

Triticum, Oryza e Zea (grano, riso e mais): tutti qui i cereali?
D’accordo, il primo è davvero versatile e può giustificare in parte l’apparente monotonia grazie alle forme diversissime e perfino i sapori diversi che acquista per i diversi modi di cottura e condimento, ma gli altri due cereali potrebbero benissimo essere sostituiti in parte da molti altri. Comunque, la ripetitività di nutrienti e principi attivi è davvero preoccupante. Aggravata dal fatto che chi mangia in modo così botanicamente e nutrizionalmente monotono consuma solo e sempre cereali spogliati e raffinati, privi di antiossidanti e poveri di micronutrienti. Insomma quasi solo amido.

E i cereali "alternativi"? Per esempio l’ottimo e super-antiossidante grano saraceno? Il riso e il mais, guarda caso, sono i peggiori esistenti, quelli che pongono qualche problema nutrizionale e preventivo, perché hanno poche proteine, poche fibre perfino quando sono integrali. Il riso bianco favorisce la stitichezza, che è un rischio per la salute del colon, ed ha un altissimo indice glicemico, cioè il suo amido dopo la digestione si trasforma rapidamente e totalmente in glucosio, richiedendo un’immediata forte secrezione di insulina. Il mais, da parte sua, è gravemente carente di vitamine del gruppo B, e la sua semola si ossida facilmente provocando irritazione nel tubo digerente. Tant’è vero che è collegato epidemiologicamente, ma solo in individui a rischio debilitati da cattiva alimentazione (Africa) e deficit di vitamine B da alcol (Veneto), ai tumori allo stomaco.

Al contrario, chi mangia naturale, per restare ai soli cereali, li usa un po’ tutti, comprese le specie e varietà più curiose ed esotiche. Non solo grano tenero e duro in tutti i loro prodotti derivati (grani interi, fiocchi, pane, paste integrali, bulgur, pane e pizze), non solo riso integrale e mais, ma anche farro, spelta, molta avena, orzo, saraceno, di tanto in tanto segale e miglio, perfino quinoa e amaranto.

Non parliamo, poi, degli altri generi alimentari. Qualunque naturista dell’alimentazione si diverte a provare almeno una ventina di legumi diversi, dai colori più diversi: lenticchie (almeno 4 varietà), ceci, ceci neri indiani, piselli verdi, piselli gialli, fave, favino, soia, mung, dhal, azuki, cicerchie, lupini, fagioli. Solo le varietà di fagioli presenti in Italia, autoctoni e importati, sono oltre 20, uno diverso dall’altro per colore e sapore.

Tra gli ortaggi, oltre quelli abituali, sono riscoperti il crescione, le radici dolci, amare o piccanti (sedano rapa, scorzonera, rutabaga, navone, rafano, ramolaccio e daikon) il tarassaco o dente di leone, la malva e l’ortica, l’acetosa, il gombo o ocra, e un’infinità di erbe, dall’erba di San Giovanni alla pimpinella.

Tra i frutti si usano anche quelli esotici importati o naturalizzati (papaia, mango, carambola ecc.) oltre a quelli spontanei da raccogliere quando maturano (corbezzolo, giuggiola, mora di rovo, mora di gelso, rosa canina e perfino biancospino).

Lo stesso per le erbe aromatiche e le spezie, i condimenti e i complementi. E’ normale per chi segue un’alimentazione sana e naturale avere a che fare ogni giorno anche con zenzero e curcuma, senape in polvere, fieno greco, coriandolo, cumino e cardamomo, timo e santoreggia, melassa di canna e zucchero nero moscovado, noci brasiliane, lievito alimentare, germe di grano, e così via.
Insomma, di fronte alla decina di specie botaniche abitualmente consumate dall’uomo-massa, l’uomo naturista supera normalmente il centinaio, ma i più curiosi e amanti della varietà possono toccare le diverse centinaia di specie botaniche alimentari.

AGGIORNATO IL 9 MARZO 2015

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