domenica 30 novembre 2008

REBUS. Il germe di grano è anti-cancro, le sue lectine isolate sono pro-cancro?

Caro Nico, cosa c'è dentro il germe di grano? Vitamina B12? Perché in tal caso gli oncologi dicono che non va bene.
Elena
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"In tal caso"? Cara Elena, che vuoi dire esattamente? La domanda non è chiara. Qualche oncologo ti ha detto che non va bene qualsiasi fonte di B12? Oppure che non va bene il germe di grano? E non andrebbe bene per che cosa? Per prevenire i tumori oppure con un tumore già in atto (o già guarito)? E come germe nel suo complesso o considerando solo un suo componente? Le due cose, sai, sono un po’ diverse, come si vede appunto nel germe di grano.
      Ma andiamo con ordine e cerchiamo di chiarirci le idee. Il germe di grano, innanzitutto, essendo vegetale non può avere la B12. Però ha moltissima vit.E (record tra tutti gli alimenti, 22 mg nella tabella dell’Istituto Europeo di Oncologia, 16 mg in quelle Inran), grandi quantità di vitamine B, come B1 (2,44 mg, record tra tutti gli alimenti), B2, PP, B6, Zn (record tra tutti i vegetali: 17 mg), grassi 10 g (prezioso acido linoleico 2-5 g), magnesio 313 mg, ferro (10 mg), calcio (72 mg), molta lecitina che trasporta il colesterolo (150-300 mg, al primo posto tra i vegetali insieme alla soia), proteine di buon valore biologico ricche di aminoacidi essenziali (indice FAO 66).
      Insomma, un super-alimento, evidentemente antiossidante e anti-cancro, prescritto fin dagli anni Venti da medici e dietologi naturisti come G. Hauser e Bircher Benner (insieme con frutta, verdure e lievito), per una ideale dieta di salute e bellezza.
      Io infatti lo consiglio come unico integratore, insieme al lievito, sparso su zuppe di cereali da colazione (muesli), latte o yogurt, insalate e verdure all'agro, macedonie di frutta, frullati, gelati, dolci. Ha un piacevole gusto di noci.
      Ma come tutti i cibi, se isoliamo alcuni suoi componenti minori (il che è un errore, perché gli alimenti funzionano e vanno valutati nel loro complesso sinergico), vediamo che questi hanno anche potenziali svantaggi, come la minore assimilazione di minerali (i fitati) e di nutrienti attraverso la modificazione delle cellule dell’orletto a spazzola dei villi intestinali (le lectine o agglutinine). Riguardo ai tumori già esistenti, specialmente al colon, non il germe di grano ma le sue lectine estratte e isolate (WGA, wheat germ agglutinins) sono risultate in laboratorio tossiche. Ho letto un paio di studi.
Comprensibile che qualche oncologo che ha letto quegli studi lo vieti alle persone con tumore in atto. Ma le WGA sono una cosa, il germe di grano un’altra.
      Se noi isoliamo le sostanze degli alimenti ne troviamo tante di sorprese, visto che non esiste un solo "alimento" umano (notato le virgolette?) che non abbia centinaia e centinaia di veleni naturali, alcuni perfino cancerogeni. Perfino la vitamina C isolata è mutagenica (B. Ames), e in un famoso studio il betacarotene (potente anti-cancro quando è assunto attraverso gli alimenti naturali) si è rivelato cancerogeno come integratore.isolato.
      Come fa il germe di grano, con tutta la sua vitamina E antiossidante (record assoluto) a favorire i tumori? Certo che se uno isola le sue lectine, le estrae e le mette in una capsula Petri accanto a cellule cancerose…
Ma per fortuna, noi non mangiamo lectine, ma germe di grano e cereali integrali (tutti dotati di germe). E, anzi, sono stati proprio gli oncologi a propagandare per primi, e da decenni, per favorire la prevenzione del cancro, i cereali integrali e i legumi, tutti ricchi di lectine.
      Queste due famiglie di alimenti sono in cima alle raccomandazioni dei Consensus preventivi cardio-oncologici per tutto il mondo. E una delle motivazioni principali è proprio la maggiore velocità di transito intestinale del bolo alimentare, grazie alle fibre, quindi una minore presenza di sostanze tossiche - comprese le quantità infinitesimali di lectine che possono essere presenti nei cereali integrali - a contatto con le pareti del colon. E per i colonociti, le cellule del colon, l'acido grasso butirrico prodotto dalla fermentazione delle fibre e degli amidi resistenti ad opera dei batteri è utilissimo, trofico, una sorta di "alimento" che le cura e preserva. Perciò il germe di grano presente nella dieta a base di cereali integrali può fare solo "più bene che male"

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venerdì 28 novembre 2008

DIETA MEDITERRANEA? Non esiste, ma serve a spiegare tutto e a fare soldi.

Ecco tre tipici e popolari piatti della Grecia vera, scambiata dai turisti di provincia europei e dai ricercatori americani (il primo fu Ancel Keys), addirittura per la patria della cosiddetta “Dieta Mediterranea”. Un errore madornale che ormai fa parte della sottocultura scientifica (o della truffa) imperante. Potete osservare, 1. il pesantissimo, indigesto, ghiros di carne di maiale o montone, stra-ricco di grassi saturi e sostanze cancerogene da cottura, venduto e consumato in strada, ovunque; 2. una povera “insalata” rustica (koriatiki) di soli due o tre componenti, pomodori e cetrioli sbucciati, tracce di cipolla e due olive, ma con 1 o 2 etti di formaggio ultra-grasso e ultra-salato, la feta; 3. infine la tipica, terribile, pastasciutta alla greca (i Greci sono i più forti mangiatori di pasta al mondo), divorata quasi ogni giorno, in porzioni che escono dalle scodelle, ovviamente da semola e farina raffinate, di cui metà piatto è carne grassa (polpette o pezzi di montone o manzo). Anzi, qui è ritratta in una rara versione elegante, diciamo da “ristorante” con pretese: nel 99 per cento dei casi, invece, si tratta di spaghettacci scotti e sconditi annegati in misteriosa brodaglia che somiglia all’acqua che resta nel lavandino dopo il lavaggio dei piatti sporchi, e oliaccio stracotto che pare olio di macchina, coperti da una coltre di orribile carne tritata o polpette stranamente nerastre. Questi i piatti più diffusi ogni giorno in Grecia, per alcuni furbi o gonzi “Patria della Dieta Mediterranea”. I Greci sono i più grassi d’Europa. Diabete, sindrome metabolica, ipercolesterolemia, malattie cardiovascolari, tumori, mietono vittime come in pochi altri Paesi. Eppure nella letteratura scientifica, spesso con qualche ricercatore greco nell’équipe, dobbiamo sorbirci articoli sul “minor rischio” della Dieta Mediterranea. Quale? Dove? Ah, ah, ah! Gli Dèi dell’Olimpo, che sono ovviamente cattivi come ogni divinità, ridono alla grossa.

UN REGIME CHE E' UN'ASTRAZIONE. La "Dieta Mediterranea" non esiste. E' un'astrazione pseudo-scientifica, l'idealizzazione o mitizzazione di un regime atavico, antichissimo, preventivo, che si dovrebbe chiamare semmai "Alimentazione Naturale", come infatti l'ho chiamato nei miei libri, perché deve essere comune a tutti i Paesi, a tutti gli uomini.
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TUTTO E' "MEDITERRANEO". Ma è anche uno slogan per fare soldi in mano ai soliti furbi. Per i Greci il loro formaggio pesante di acidi grassi saturi e salatissimo, il loro yogurt poco attivo e addizionato di etti di panna, le loro porchette bruciacchiate, il loro "pastitzio" di maccheroni stracotti annegato in un mare di oliaccio di semi cotto, le loro rarissime verdure stracotte a pappetta, i loro dolci fritti e stucchevoli grondanti zucchero raffinato, sarebbero "dieta mediterranea". Basta cercare su Google Immagini digitando "mediterranean diet" e il divertimento è assicurato. Negli Stati Uniti c'è perfino il libro "Miami Mediterranean Diet".
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SEMMAI, POTREMMO TROVARLA IN QUALCHE VILLAGGIO ITALIANO. Perciò, se esistesse, sarebbe certamente l'Italia il luogo in cui, dopo molte ricerche, eventualmente potremmo trovare qualche villaggio, famiglia o ristorante in cui si mangia davvero "mediterraneo".
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ECCO I CAPI D'ACCUSA. I punti deboli del regime alimentare atavico, spontaneo e comunque di lungo periodo noto come alimentazione mediterranea (che per gli altri popoli e per i ricercatori scientifici non a caso è una "dieta", cioè un regime temporaneo e costruito, "Mediterranean Diet") sono:
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1. Ormai è una dieta virtuale, perché da molti decenni non la seguono più gli Italiani, eredi degli Etruschi-Romani, i suoi veri e unici inventori, visto che l’Italia è l’unico Paese del Mediterraneo ad avere la più grande varietà di cibi vegetali d'Europa, per non parlare dell'uso dell'olio d'oliva e del pesce. E quindi va di nuovo appresa, imparata;
2. Anche nella sua attuazione pratica consigliata dalle autorità nutrizionali italiane è troppo moderata, anodina, tautologica, bamalizzata. Insomma, si confonde con la normale alimentazione occidentale.
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MA SE LA "MEDITERRANEA" E' QUESTA, CHE SARA' LA "NON-MEDITERRANEA"? Non mancano gli esempi di questo grave lassismo nelle "autorità" - si fa per dire - scientifiche e sanitarie italiane e straniere. Ma i nutrizionisti italiani, di Stato o no, in questa banalizzazione appaiono i più zelanti. Il primo loro errore madornale? Pensate un pò: limitare, come si legge nelle raccomandazioni, ai sani e fondamentali legumi a 3-4 volte a settimana. Il secondo, prescrivere i cereali raffinati perché, nientemeno, quelli integrali sarebbero "poco adatti agli italiani", come ha scritto in risposta ad un quesito su Corriere-online il dott. Ghiselli, insomma "un'americanata". E sì, perché noi mangeremmo secondo lui molta frutta e verdura. Terzo, permettere contro ogni studio scientifico, addirittura 3-4 porzioni di carne a settimana, perfino un po’ di salumi, più il pesce… C'è forse lo zampino della ricca industria della carne? Insomma, non manca nulla, ci aspettiamo perfino il liquorino, il cioccolatino (in fondo il cacao amaro contiene polifenoli...), il digestivo e il caffé dopopasto. Insomma, tutto.
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Ci chiediamo allora, e chiediamo con preoccupazione ai nutrizionisti di Stato (dipendono dal Ministero dell'Agricoltura) dell'ineffabile INRAN, Istituto Nazionale per le Ricerche sulla Nutrizione: se questa è la vostra banale e balzana "dieta mediterranea", che cosa sarà mai la "dieta non-mediterranea"? Vorremmo spiegazioni precise: da domani vogliamo mangiare non-mediterraneo...
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ANCHE LE DIETE CONTINENTALI SI SONO EVOLUTE. Insomma, poiché anche le altre diete nazionali si sono evolute in chiave salutistica (Finlandia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada, Australia, Giappone), va a finire che la dieta mediterranea è il normale non-naturale regime alimentare dell'Occidente. Soltanto, con un po’ più di olio di oliva, pane e pasta, oltretutto raffinati, quindi dannosi. Infatti, la Piramide mediterranea salutistica di Willett mette farine bianche, riso bianco e pasta bianca al vertice, insieme alle carni rosse: tutti cibi da consumare "il meno possibile". Un duro colpo di immagine all'irrazionale e dannoso "mangiare all'italiana moderna". E infatti è stata censurata in Italia.
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Ma la cosiddetta Dieta Mediterranea è un’astrazione così evidente da far sospettare che si sia trasformato ormai in uno slogan pubblicitario, un logo per far vendere, e permettere il business alle multinazionali alimentari che in Italia, senza essere più italiane, fanno il bello e il cattivo tempo.
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VERDURE CON CONTORNO DI VERDURE? SIAMO A ROMA. Perciò, fin dal primo libro L’Alimentazione Naturale, nella prima edizione di 300 pagine, nel 1980, ho sempre scritto che per alimentazione mediterranea si deve intendere quella degli antichi Etruschi e Romani, gli inventori dell'agricoltura italica (basti considerare le opere di Catone e Columella), tenendo conto degli usi dei contadini, che non avevano carenze di legumi o ortaggi come certi cittadini che vivevano accalcati - già allora - nei palazzoni, le insulae. Ai tempi in cui in un’opera teatrale di Plauto, mi sembra lo Pseudolus, un cuoco si lamenta che in quella casa si mangiavano soltanto verdure, troppe verdure, tanto da essere costretto ad inventare contorni di verdure per piatti di verdure. E infatti Plinio spara una cifra simbolica - mille - per significare l'abbondanza delle specie vegetali mangerecce a disposizione dei Romani. Ancor oggi, per le poche vecchine che se le ricordano, sono oltre 20 le specie botaniche che bisogna conoscere per una vera insalatina mista selvatica romanesca, la celestiale misticanza carica di aromi strani e sapori inconsueti (raponzolo, pimpinella, caccialepre, rosolaccio, tarassaco, crespigno ecc.).
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Perciò, una battuta come quella del cuoco scontento poteva risuonare solo nell'antica Roma di Plauto. Dove evidentemente con 2000 anni di anticipo già si rispettavano in pieno le odierne dure raccomandazioni dei Consensus internazionali - del tutto inascoltate - che predicano al vento ben 6 porzioni di verdure e frutta al giorno.Testi del genere non potevano venire in mente ad un autore greco come Aristofane. Non avrebbero fatto ridere, ma destato solo invidia e acquolina in bocca.
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E non parliamo dei cereali: il miglio della prima polentina di Romolo e Remo, la puls fitilla, fu il simbolo del mangiare naturale etrusco-romano. Magari con contorno di lenticchie o fave o ceci. I Romani mangiavano quasi ogni giorno legumi. "Cicero pro domo sua". E sì, perché il nome stesso di Cicerone viene da cicer, cece. E Lentulo da lens, lenticchia. E poi i vari grani: spelta, farro piccolo, orzo. Iinfine in tempi più tardi i grani spogli: grano duro e grano tenero estivo che lievitavano di più. E i pesci non mancavano. E il vino e l'olio, per quanto maltrattati e spesso di scarsa qualità (le colture della vite e dell'olivo erano agli inizi) non mancavano.
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MA COME SI MANGIA MALE SULLE COSTE MEDITERRANEE. Altro che dieta mediterranea: la Grecia è arida e senza acqua: non ha mai avuto verdure sufficienti. E fa specie che con la loro abituale furbizia i greci oggi cerchino di farsi passare come popolo centrale della dieta mediterranea. Con baklavà e kataifi, i dolci turchi di olio fritto e zucchero, o l’eccesso di formaggi, e pure salatissimi, la mancanza di legumi e di frutta (perfino i pomodori rossi sono tutt’oggi rari in certi villaggi di Creta), la rarità di vere insalate, l’uso diffuso di oliaccio raffinato di semi in tutti i ristoranti, le polpette, l’olio stracotto, l’abbondanza di carni bruciate e grasse, e addirittura la scarsità di pesce? Non mi sembra un bell’esempio di dieta mediterranea. E anche noi, specie al sud, ci stiamo avviando su questa strada. Per fortuna il terreno d’Italia è così fertile che verdure e frutta ci sono anche se non le vogliamo. E non parliamo della Spagna, dove sono tutti gran divoratori di carne, e del mondo arabo, dove si mangia malissimo (ma almeno ci sono i legumi).
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IL SOSPETTO-CERTEZZA DELLA MISTIFICAZIONE. Grava, insomma, sulla dieta mediterranea il sospetto-certezza della mistificazione commerciale, industriale, perfino scientifica. Non esiste, non è mai esistita una "dieta mediterranea": i regimi alimentari di Italia, Francia del sud, Spagna, Marocco, Tunisia, Grecia, Turchia, Jugoslavia e Albania, sono diversissimi tra loro. Io non mangerei mai in un ristorante "tipico" greco o turco o marocchino o spagnolo o croato. Lì non si mangia "mediterraneo".
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STUDI SCIENTIFICI: IL MEDITERRANEO COME ALIBI. Quando non si sa che fare, quale esperimento condurre, ecco che i giovani ricercatori e studiosi fanno uno studiolo facile facile, giustificando tutto con l'ipotetica "dieta mediterranea" dei soggetti analizzati. Ma per fortuna la comunità scientifica è all'erta e molti medici protestano per la faciloneria e l'invenzione di attribuire la riuscita di uno studio ad una dieta che non esiste, che non è praticata come si proclama per comoda retorica. Tipico il caso di uno studio greco sui bambini dell'isola di Creta apparso sulla rivista Thorax l'anno scorso.

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sabato 8 novembre 2008

CIBO IDEALE. Esiste, o dobbiamo accontentarci del meno peggio?

La prima delle leggende: il "cibo dell’Uomo". Non esistono in Natura alimenti ideali, perfetti, indirizzati all’Uomo. Non esiste biologicamente o chimicamente un "cibo per l’Uomo". Le leggende, le prescrizioni o i tabù delle antiche religioni monoteiste, tutte nate in climi caldi, erano in realtà utili consigli dietetici, igienici ed economici. Perfino la definizione di "alimento" rivolta a piante e animali dall’Uomo – che pur ha dovuto mangiare qualcosa per sopravvivere – è arbitraria, cioè viziata di antropocentrismo. Nella Natura non è come nella Civiltà: l’Uomo non è al centro di tutto, ma anzi è l’ultimo arrivato. Le piante tendono a conservare e difendere se stesse e la specie, non esistono certo per essere "alimento" per l’Uomo. Figuriamoci, poi, gli animali.
Tantomeno esiste un cibo ideale, completo, o solo sufficiente. Tutti sono insufficienti, quale più quale meno. E non esistono cibi tossicologicamente "sani". Tutti contengono – chi più chi meno – sostanze naturali antinutrizionali o tossiche, alcune perfino cancerogene. La prova è drammatica: con questi pretesi "cibi" si vive e si muore. Dal 30 al 50 per cento di tutte le morti per cancro (epidemiologi Peto, Doll e altri) è dovuta agli alimenti. Per un paragone, si pensi che il fumo di tabacco è responsabile "soltanto" del 30 per cento delle morti da cancro.
Per tacere dell'influenza del cibo sulle altre grandi malattie della civiltà ("Civilization Disease").
Tutta colpa della carne e dei suoi grassi che, si sa, quando è cotta produce numerose sostanze cancerogene? No, certo ha gravi responsabilità, ma dal 12000 a.C., presumibile nascita dell'agricoltura, fino al 1950 d.C. circa, l'Uomo in media ha mangiato pochissima carne. E allora?
Sono proprio i cosiddetti "alimenti vegetali" a riservare sorprese. Perché sono così ricchi di sostante anti-nutritive, tossiche o cancerogene, è ormai noto. Le usano per difendersi dai raggi ultravioletti, per crescere, ma anche per difendersi dalla predazione di insetti e animali, e quindi anche dall’Uomo, sintetizzando grandi quantità di sostanze chimiche, veri e propri "pesticidi naturali" (rapporto in peso stimato tra pesticidi naturali e artificiali 5000:1, cfr.Ames).
Altro che "amiche dell'Uomo", "cibo predestinato" o "frutto dell’Eden". Dal punto di vista propriamente "ecologico" e funzionale, l'Uomo e i vegetali che egli considera abusivamente "alimenti" sono tra loro nemici mortali. Il cibo ha selezionato la specie umana molto più duramente degli animali "feroci", sostiene il famoso oncologo Della Porta. Solo in passato? No, anche oggi. Tanto è vero che con tutte le conoscenze scientifiche attuali, la stima detta sopra del 30-50 per cento di i tumori di origine alimentare appare plausibile. Ma almeno i vegetali "biologici"...
Macché. E' stato provato che meno li trattiamo con pesticidi artificiali, più ne emettono di propri ("pesticidi naturali") per compensazione. Anche se il termine può ingannare: va aggiunto che tra queste sostanze antinutrizionali emesse in maggior quantità ci sono anche antiossidanti per noi utili. E, anzi, di solito nei regimi alimentari lungamente sperimentati con successo, come l’alimentazione italiana atavica o mediterranea antica, le sostanze protettive prevalgono sulle tossiche.
E’ per questo bilancio in attivo nel rapporto costi-benefici che l’alimentazione tradizionale "etrusco-italica" è durata per millenni, e oggi è l’unica ben considerato dalla scienza. Per questo finlandesi, britannici, americani, australiani ecc, la stanno imitando.
Ma per le piante, sia le sostanze utili sia quelle dannose per l’uomo, sono tutte "pesticidi" di autodifesa. Però va anche considerato che mentre i pesticidi umani sono sempre meno pericolosi, per le proteste di cittadini e movimenti salutistici che hanno obbligato i chimici a creare nuove molecole meno tossiche e labili nel tempo, quelli della Natura sono sempre gli stessi da che mondo è mondo e sono persistenti. Il che non significa che l’agricoltura sana e naturale non debba essere un importante obiettivo dell’Uomo, visto che testimonia la salubrità dell’ambiente.
L’Uomo, perciò, non era evidentemente "atteso" sulla Terra. La sua formazione nell’evoluzione delle specie deve essere stata casuale. Ma poiché l’uomo deve pur vivere, è stato costretto a sperimentare nei milioni di anni il proprio presunto cibo, alla ricerca di quello meno dannoso possibile, a seconda delle epoche, delle tecniche di raccolta, di cottura, e dei luoghi, col metodo drammatico "prove ed errori". Il cibo, dunque, anche il più "pulito" o biologico possibile, non nutre soltanto, ma può anche uccidere. Come mai? Perché non solo ogni alimento contiene sostanze antinutrizionali o dannose (che andranno a sommarsi o ad interagire con altre, tanto più se la dieta è sbagliata), ma a lungo andare la conservazione, l’igiene, la cucina, i condimenti, i modi di assunzione (in Cina ed Estremo Oriente, molta gente muore di cancro alla bocca o all’esofago solo per la tradizione orientale di sorbire zuppe bollenti…), e soprattutto la scelta della dieta complessiva o abbinamento tra cibi, possono provocare in individui predisposti (p.es. per malattie, sedentarismo, fumo, cause genetiche) danni gravi per eccessi, carenze o composizione sbagliata del menù. Basti pensare, p.es., se ogni pasto contiene sufficienti antiossidanti o no.
L’alimentazione naturale (cioè tipica, elettiva, scelta dall’Uomo nei millenni per prove ed errori, e quindi la più sana o meno insana possibile) non vuol dire "che deriva dalla Natura", come dice la pubblicità. Sarebbe ovvio: tutto "deriva dalla Natura". Significa invece che è "naturale per l’Uomo", adatta all’Uomo. E’ appunto un’invenzione dall’uomo, parte della sua cultura antopologica, cioè è creazione umana, artificio, a partire dalla coltivazione (incroci compresi) fino alla cottura, alla gastronomia, alla conservazione, agli antichi e moderni cibi industriali o sofisticati. Basti pensare alla semplice pasta da cuocere, un cibo altamente tecnologico, artificiale e parzialmente precotto, "modernissimo" che non ricorda minimamente il chicco di grano. Eppure fu inventata, forse casualmente, nel 1000 dC. Lo stesso pane era considerato male da Catone, un vero e proprio fast-food. E si diffuse come cibo per tutti e d’ogni giorno molto tardi, solo verso il 300 aC. E anche gli Antichi non scherzavano con sofisticazioni e trattamenti dannosi. I Romani mettevano argilla e gesso in alcune farine, affumicavano l’olio, conservavano il vino o ne correggevano il sapore di aceto con resina, gesso, albume d’uovo, acqua di mare e le sostanze più diverse. Basta del resto vedere quanto cibo per l’uomo esiste in una foresta o in un prato spontaneo. Solo oggi, in epoca scientifica, guardando indietro alla Storia dell’Uomo e confrontandola con gli studi scientifici recenti, possiamo finalmente dedurre quale può essere stata, e quale è tuttora, l’alimentazione più indicata, cioè naturale perché elettiva e più sana, nel senso di meno rischiosa, per la specie umana.
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Immagine: Il mangiatore di fagioli, di Annibale Carracci (1583). Nel famoso quadro sono chiaramente distinguibili una scodella colma di fagioli (prob. i fagioli dall'occhio), una pagnotta di pane scuro, un mazzo di cipolle fresche, una torta rustica di verdure già tagliata a spicchi. Un tipico, sanissimo pasto popolare e contadino, che ancor oggi potrebbe essere preso a modello di alimentazione naturale. Come si può notare, mancano sia il tofu, sia il seitan.

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