martedì 2 agosto 2016

B12. Ecco tutti gli alimenti che danno la indispensabile vitamina ai vegetariani.

NUOVA TABELLA. Eccola, la vitamina B12, finalmente in una nuova nostra tabella originale dedicata ai vegetariani, che comprende le fonti vere (scelte tra le più rappresentative) e smentisce le fonti leggendarie propalate nei decenni da opuscoli e libri “alternativi”, in realtà molto legati all’import e all’industria farmacologica degli integratori, entrambi ovviamente interessatissimi al redditizio mercato dei Veg. Che, però – questo articolo e questo sito lo dimostrano – non sono proprio tutti creduloni.
      La tabella è stata aggiornata con le ultime raccomandazioni dei “Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia” per la popolazione italiana (LARN) pubblicate dalla Soc. It. di Nutrizione Umana (SINU) nel 2014, sulla base di nuovi studi scientifici e di considerazioni statistiche prudenziali per andare incontro alle esigenze di tutta la popolazione sana, anche quella con problemi (molti infatti sono i fattori che inibiscono o distruggono la vitamina B12: disturbi digestivi, antibiotici, farmaci, compresi gli integratori di vit. C, alcol, luce, calore, trattamento industriale dei cibi ecc.).
      Interessante la netta differenziazione di valori tra fabbisogno medio e assunzione raccomandata per le diverse età. La nuova raccomandazione 
è per gli adulti 2,4 μg, per le donne in allattamento 2,8 μg. I nuovi valori  raccomandati rettificano di poco quelli precedenti, e naturalmente vanno ben oltre il fabbisogno medio della vitamina a suo tempo stabilito dall’Unione Europea su valori nettamente inferiori, che potremmo definire i valori minimi biologici, “sufficienti a soddisfare i fabbisogni del 50% dei soggetti sani” della popolazione.
      Colpisce la variabilità e relatività del fabbisogno medio nelle varie nazioni, a seconda di abitudini alimentari, salute e stile di vita delle popolazioni, ma forse anche – consentitemi – del diverso grado di ossessione o paranoia delle autorità nutrizionali e sanitarie. E se tra i lacto-ovo-vegetariani di oggi in buona salute, che non prendono antibiotici o farmaci, non bevono alcolici, che rifiutano i cibi industriali, che consumano le giuste porzioni di latticini e uova, che non cuociono tutti i cibi, si accontentassero dell’attuale fabbisogno minimo di 2 μg (v. tabella sopra) o addirittura immaginando di vivere negli anni Novanta rispettassero quel fabbisogno generale di 1,4 μg previsto dalla Commissione Europea? Io non lo suggerisco, ma qualcuno sicuramente ci penserà. Ecco la tabella comparata del fabbisogno per Europei e Americani degli anni Novanta:

CHI, QUANDO E PERCHE' E' CARENTE. La vitamina B12 o cianocobalamina è così rara, desiderata, mitizzata, ma anche odiata, perché per alcuni è irraggiungibile, che spesso per paradosso, non potendola avere a causa d’una dieta troppo severa, si cerca addirittura di negarla. Basta dare uno sguardo (non meritano più di tanto) ai moltissimi siti, opuscoli e libri “alternativi”. In realtà è una vitamina impossibile per quattro categorie di persone.
      Miraggio improbabile per il vegetaliano (è la parola corretta in italiano, dal lat. vegetale, da cui per abbreviazione il recente neologismo inglese vegan, sost. e agg.) che non la trova mai nel piatto. Ma tutto sommato sta benino lo stesso, finché durano le riserve accumulate nel fegato quando non era vegan. Purché resti in perfetta salute, purché non beva alcolici, purché non prenda antibiotici ecc. ecc. Insomma, per qualche mese o anno.
      Croce e delizia del vegetariano, detto lacto-ovo-vegetariano dai ricercatori scientifici (dal lat. vegetus = sano, che viene dal sanscr. -vag = vigore), che è sempre al limite del fabbisogno, non di rado al di sotto, non potendo per ovvi motivi dietetici abbuffarsi di troppe porzioni di latticini e uova. Eppure, vive ugualmente sano e felice, finché durano le riserve accumulate nel fegato quando non era vegetariano. Purché…. (v. nei due successivi paragrafi).
      Problematica anche nell’onnivoro (dal lat. omnis= tutto e voro=divoro, mangio con avidità), se difetta del Fattore Intrinseco, glicoproteina secreta dalle pareti dello stomaco indispensabile all’assorbimento e al trasporto della vitamina B12, ma anche in soggetti che soffrono di difetto genetico del FI, anoressici, malati (p.es., per infezione gastrica da Elycobacter pylori, gastriti in genere, insufficienza del pancreas, colite ulcerosa e morbo di Crohn, anziani con carenza di acido cloridrico nella secrezione gastrica ecc.). In questi casi si parla di “anemia perniciosa”.
      Carente spesso anche in alcolisti, tabagisti, operati di resezione gastrica o dell’ileo, malati con compromessa funzionalità epatica (fegato, ma anche pancreas),  persone che usano antibiotici, lassativi, contraccettivi orali e altri farmaci a rischio, in chi prende molta vitamina C come integratore, in coloro che hanno una dieta di bassa qualità proteica, o carente di folati (acido folico), di calcio, di ferro e di vitamina E, o a base di cibi poco variati e tutti cotti (junk food o “cibo spazzatura”), tipici non solo di snack bar e mense, ma ormai sempre più spesso di qualunque cucina “normale” frettolosa e trasandata.

EPIDEMIOLOGIA. Fatto sta che secondo studi epidemiologici in tutto il Mondo la carenza di vitamina B12 “dovuta al vegetarismo” mal praticato, e al caso analogo dei tanti anziani con dieta carente e malassorbimento di B12, è in aumento, e può provocare iper-omocisteinemia, cioè eccessiva presenza dell’aminoacido omocisteina nel sangue, sindrome collegata a maggiore produzione di radicali liberi e a più alti rischi di degenerazione nervosa, cardiovascolare, ossea, cerebrale (demenza, Alzheimer). Come hanno mostrato vari dati di cronaca, un neonato allattato al seno da una madre vegan carente di vitamina B12 è a rischio di gravi anomalie dello sviluppo, deficit di accrescimento, e anemia.  Rischi più alti se c’è anche carenza di folati (che però – obiettiamo – in una tipica dieta vegetariana adulta di solito sono abbondanti) e vitamina B6 piridossina. Indicatori sensibili di diete carenti di vitamina B12 sono alti livelli di acido metilmalonico e/o di omocisteina, che sono collegati ad anomalie cliniche (Stabler e Allen. Vitamin B12 deficiency as a worldwide problem. Ann. Rev. Nutr. 24, 2004:299-326). La Storia e la statistica medica, però, riservano anche sorprese e dati in controtendenza (v. più in basso in Sintomi e Vorremmo tanto ecc.).

CERVELLO E SISTEMA NERVOSO. Recenti studi su anziani finlandesi e americani pubblicati su Neurology hanno dimostrato che bassi livelli di vitamina B12 e alti livelli di omocistinemia sono collegati a restringimento del cervello, che è causa del declino cognitivo e demenza nella malattia di Alzheimer, e rischi di ictus (Hooshmand et al. 2010; Tangney et al. 2011).  Le nuove ricerche scientifiche su invecchiamento, capacità cognitive e memoria mostrano un ruolo importante della B12. In un follow-up durato 5 anni su oltre 100 soggetti sopra i 60 anni si è visto che quelli con minori livelli di vitamina B12 avevano una maggiore riduzione del volume del cervello (fino a sei volte). «Deficit e perdite di memoria potrebbero essere correlati agli effetti delle vitamine del gruppo B sul cervello, e quindi a ciò che mangiamo», ha commentato David Smith, responsabile dell’équipe dell’Oxford Project to Investigate Memory and Ageing, che ha pubblicato uno studio su Neurology e su American Journal of Clinical Nutrition un primo studio e un secondo studio.

FONDAMENTALE. La vitamina B12 è fondamentale per la produzione dei globuli rossi o emopoiesi (e se carente a lungo, provoca anemia), per l' integrità del sistema nervoso insieme con le altre vitamine B (preserva la guaina mielinica che protegge i neuroni, proteggendo così le funzionalità delle cellule del cervello), per la produzione del DNA, per i depositi di folati, per la nutrizione (metabolismo di proteine, carboidrati e grassi), per l’attività del ferro, per la protezione da tossine e allergeni, per la divisione e la rigenerazione cellulare (crescita, sostituzione di cellule morte o danneggiate ecc.), e per molte altre funzioni ancora. Eppure, tra i tanti studi futili o finalizzati a favorire le aziende, nel nostro Paese “non si dispone di dati specifici relativi al contenuto medio di vitamina B12 nella dieta italiana, né relativi allo stato di nutrizione per la vitamina B12 della popolazione italiana” (SINU).

LE FONTI REALI. La vitamina B12 l’uomo la trova solo negli alimenti animali, perché è prodotta soltanto dai batteri simbionti per fermentazione di fibre e amidi resistenti della dieta nel colon umano (Girdwood, Blood 5, 1950 : 1009-1016) e nel rumine degli animali. Ma la prima – quella endogena umana – si è sempre ritenuto che non fosse utilizzabile, perché prodotta troppo in basso rispetto all’ileo, la parte finale dell’intestino tenue dove la B12 è di norma assimilata (Booth e Mollin, Lancet 1,18-21,1959).
     Tuttavia, studi effettuati in India su soggetti sani hanno provato che anche l’intestino tenue, dove la B12 si può assorbire, spesso nasconde un notevole microflora (tra cui Pseudomonas e Klebsiella) capace di sintetizzare piccolissime ma significative quantità di vitamina (Albert, Mathan e Baker, Vitamin B12 synthesis by human small intestinal bacteria, Nature 283, 21 Feb 1980: 781-782). Il che spiegherebbe, commentiamo, la inspiegabile sopravvivenza e perfino la buona salute di singoli individui e intere popolazioni antiche e moderne cronicamente carenti di fonti alimentari di B12, ma potenti consumatori quotidiani di cereali integrali, legumi e verdure, cioè di fibre e amidi resistenti.
      Comunque, viste la aleatorietà, la difficile dimostrabilità, soggetto per soggetto, e le quantità minime di queste eventuali quote di B12 endogena assimilata, si è convenuto di considerarle come tendenti a zero, e che la B12 utile, cioè realmente assimilabile, si trovi con certezza in carne e pesce, e anche nei cosiddetti “frutti” degli animali, cioè negli alimenti che per lunghissima tradizione antropologica e storica l’Uomo ottiene dagli animali senza ucciderli: latte, latticini e uova.
      Le uova e i latticini (latte, yogurt, ricotta e formaggi), perciò, sono le uniche preziose, quotidiane, risorse di vitamina B12 per il vegetariano. Senza questi alimenti, il vegetariano diventa vegetaliano (vegan), cioè non assume affatto B12.

LE UOVA NON SONO TUTTE UGUALI. Attenzione alla tabella: le uova non si possono calcolare facilmente in porzioni di 100 g come i latticini. Un uovo è indivisibile. Ed esistono in commercio uova medie (50 g circa), grandi (60 g circa) e grandissime (70 g circa). E più sono grandi, più ovviamente sono ricche di B12. Anche se l’esperienza ci dice che esistono alcune uova grandi e grandissime che hanno un tuorlo  piccolo; così come ci sono uova medie o grandi che hanno più albume che tuorlo. E’ forse un’astuzia genetica di allevamenti anti-colesterolo?
      Vediamo, ad ogni modo, le porzioni reali e quali sono i trucchi possibili per guadagnare più vitamina B12.
      Un uovo di gallina medio in commercio (circa 60 g) ha (crudo) circa 1,5 μg di vit.B12, mentre uno piccolo, da circa 50 g, crudo, ne ha 1,25 μg. Si vendono anche uova da circa 70 g (1,75 μg di B12). La cottura drastica com’è la bollitura (uovo sodo) è però un duro colpo per la B12 dell’uovo: in pratica la dimezza. La B12 d’un uovo sodo scende a μg 0,55 (uovo da 50 g), μg 0,66 (uovo da 60 g) e μg 0,77 (uovo da 70 g). Uno spreco insopportabile per chi ha fame di vitamina. 

LE CINQUE ARMI DELL’OVO-VEGETARIANO: A LA COQUE, ALL’OSTRICA, TEGAMINO, MAIONESE, ZABAIONE. Vediamo ora i trucchi per conservare al massimo tutta la B12 delle uova.  Quasi tutta la vitamina B12 dell’uovo è nel tuorlo, che ne è ben dotato (8,21 μg per 100 g di tuorli), mentre l'albume ne è quasi privo (0,1 μg/100 g, ma 0,33 μg secondo Dept. Health, UK). Perciò, al vegetariano conviene assolutamente consumare il tuorlo crudo! Cosa facile, perché a differenza dell’albume è gradevole e perché ben cinque preparazioni vogliono il tuorlo crudo: l’uovo à la coque,  l’uovo in tegamino, l’uovo all’ostrica, la crema maionese e lo zabaione (e non è poco in gastronomia, dove quasi tutto è cotto):
      1. L’uovo cotto in tegamino, a cottura ultimata dell’albume, deve avere il tuorlo totalmente liquido e crudo, per conservare tutta la B12. Per i più rapidi in cucina, il tuorlo dovrebbe restare addirittura freddo. Molti sbagliano a versare olio prima dell’uovo: avete calcolato quanto inutile e poco sano grasso cotto avrete consumato in un anno? Visto che dovrete farlo spesso, ecco un segreto per risparmiare grassi dannosi: se la cottura avviene a bassissima fiamma si può ungere appena col dito o evitare del tutto di mettere l’olio. Per disattivare le sostanze antinutrienti è sufficiente che l’albume si rapprenda a soli 70° diventando bianco liquido o cremoso, non duro e bruciacchiato come fanno tutti (proprio vero che l’uovo in tegame è l’esame di laurea dei cuochi). Attenzione a non “strapazzare” l’uovo, facendo cuocere insieme tuorlo e albume: perdereste parte della B12, quasi come nell’uovo sodo. 2. L’uovo al guscio o à la coque
da consumare col cucchiaino, con l’albume diventato bianco ma fluido e il tuorlo ancora totalmente crudo. Qui la difficoltà sta nei minuti esatti (è importante leggere questo articolo sulle uova). 3. L’uovo all’ostrica. E’ un uovo un po’ acrobatico e virtuosistico (non tutti ci riescono): rompere con abile mossa un uovo in due, eliminare con un gioco di rapidi travasi da un mezzo guscio all’altro tutto l’albume (non gettatelo: servirà per una squisita frittata di albumi, colorata con curcuma, insaporita di paprica e aromatizzata con erbe). Ora sulla finta “ostrica, cioè il tuorlo in un semi-guscio, strizzate del limone. Squisito. 4. La crema, più che salsa, maionese è una stupenda e sanissima crema fatta solo di tuorlo d’uovo crudo, olio extra-vergine d’oliva e succo di limone, tutto a crudo. Attenzione alla tecnica, deve essere perfetta: va imparata. 5. Zabaione, il "ricostituente" per bambini della civiltà contadina, quando erano scarse addirittura le proteine. E' facile da preparare: i tuorli sono semplicemente sbattuti con cucchiaio o frusta insieme allo zucchero finché non si ottiene una crema spumosa.
       In tutte e cinque le preparazioni avrete il massimo possibile di vitamina B12, perché il tuorlo, che la contiene quasi tutta, è crudo.
      Partendo da ben 1,5 μg circa di B12 con un solo uovo medio da 60 g (con tuorlo crudo), non è difficile integrare un po’ con latte, ricotta, mozzarella o grana, fino a raggiungere il fabbisogno quotidiano per adulto di B12 (2.4 μg).
      Senza considerare che se giovane, in buona salute e non appartenente a famiglia affetta da ipercolesterolemia, il vegetariano potrà benissimo consumare  anche 2 uova (μg 2,5 di B12), spesso o di tanto in tanto, raggiungendo senza preoccupazioni il fabbisogno. 

CHE SUCCEDE A MANGIARE UOVA OGNI GIORNO PER 40 ANNI?Nessuna ambulanza, non accadrà nulla di sconvolgente: il giovane  di cui sopra starà benissimo e si sentirà attivo e leggero anche con 2 uova al giorno. Ma che accadrebbe se uno mangiasse – ho timore perfino a dirlo – un uovo al giorno per tutta la vita? E’ scritto in questo interessante articolo, che è anche molto divertente e istruttivo (con molti studi). Non c’è solo il famoso “vecchietto dell’Oregon”. Dai 20 anni di età, io stesso ho consumato per 10 anni 2 uova al giorno (ora uno solo). Un totale, ho calcolato, per difetto, di ben 20.000 uova consumate da quando sono vegetariano, cioè dal 1 gennaio 1970. Risultato oggi? Appena 145 mg di colesterolo ematico totale.
      I giovani vegetariani possono facilmente raggiungere il fabbisogno anche solo bevendo 5 bicchieri piccoli (“da vino”, cioè di 100 ml) di latte di mucca nel corso della giornata: totale B12 μg 2che è pochissimo meno dei 2,4 μg oggi consigliati. La tabella prevede quello pastorizzato, quindi le perdite di B12 sono state già calcolate. Il che vuol dire che un bicchiere di latte crudo, alla stalla, avrebbe decisamente più B12. Ma vedi oltre al capoverso del latte.
      Ma che accade se un vegetariano o onnivoro raggiunge una quota un poco inferiore ai 2,4-2 μg? Non accade assolutamente nulla.
      Perciò si potrebbe dire con un calembour, e non solo per quanto riguarda la vitamina B12, che i vegetariani sono fortunati: sono a posto con la scienza e la coscienza, a differenza degli onnivori che mangiano pesce e carni bianche* (scienza, ma non coscienza) o consumano carni rosse (*) in eccesso (né scienza, né coscienza), e dei vegan (coscienza, ma non scienza).

LE FONTI ALTERNATIVE NON SONO PROVATE. Alghe varie, soia fermentata (tempeh, natto, miso, shoyu), semi di cereali o di legumi germogliati, germe di grano, lievito di birra fresco o secco, insomma tutte quelle che a lungo sono state propagandate su opuscoli e libri non scientifici o in studi poco controllati come fonti alternative non danno vitamina B12, nonostante che per decenni i lettori abituali di dépliant pubblicitari  e di opuscoli, libri, articoli e siti di ciarlatani ideologici che enunciano “meraviglie” e miracoli che contrastano con la biologia umana siano stati illusi dai produttori di costosi integratori e alimenti asiatici importati che promettevano la B12 nel tempeh, preparato probabilmente in locali fatiscenti (ma lo stesso, prodotto secondo le
norme d’igiene, ne risultava privo). Ci sono studi sugli analoghi della B12, specie su alghe e funghi, da parte di medici vegan, ma sono approdati a poco o nulla.
      Infatti è stato provato che la cobalamina delle alghe, quando c’è, è solo un
analogo chimico, ma non biologico, cioè è inefficace come vitamina nel corpo umano, anzi è pericolosa perché trae in inganno i recettori dell’organismo e i test della B12, cosicché nelle analisi può occultare la carenza della vitamina vera portando a forme gravi, perché non diagnosticate, di anemia. Forse l'alga nori in rari casi potrebbe averla, per la particolare simbiosi con batteri che convivono su di essa. Ma come sarà stata essiccata, forse in pieno sole? Come sarà stata conservata? Insomma, con quello che costa, meglio non farvi affidamento. E ancora, c’è il farmacista che scopre tracce di B12 nel lievito fresco o secco. In alcuni casi ce ne potrebbe essere una quantità infinitesimale: 0,01-0,02 μg in ben 100 g di lievito, un'enormità impossibile da assumere per un supplemento che si prende a grammi, cioè poche compresse. Per questo, d’accordo con tutta la letteratura scientifica seria, abbiamo lasciato lo zero nella tabella. E poi c’è il vecchio naturista fedele alla giustissima linea cerealicola di Gayelord Hauser e del medico Bircher Benner (primi decenni del Novecento, preistoria per la ricerca) che la individua nel germe di grano, o nei chicchi di grano germogliato. Cibi utilissimi, sia chiaro, ma non per la B12, che non possono avere. I vegetali non hanno B12. Ce ne saranno, come sempre, delle tracce in caso di sporcizia, cioè di fermentazioni batteriche, se il primo non è stato ben conservato in frigorifero o se i secondi non sono stati ben sciacquati e risciacquati durante la germinazione.

SIETE ATTIVI? AVETE MEMORIA? IL MORALE E’ ALTO? ALLORA TUTTO BENE. Il pericolo, insomma, non viene dalle leggere carenze di B12 (che possono avere tutti, anche i lacto-ovo-vegetariani e perfino gli onnivori), ma dalle carenze gravi, quelle di chi, per esempio, non consuma da mesi o anni nessuna fonte di B12, o è debilitato o malato o anoressico. Questo, solo questo, è il rischio grave. Del resto, un indizio empirico e soggettivo che non vi manca troppa B12 è l’attivismo, la voglia di fare, di muovervi, l’essere tonici, il non avere stanchezze immotivate, né malattie di sorta, comprese quelle della pelle. Se andate dal medico dicendogli che in quanto vegetariani temete, anzi, siete sicuri – tabelle alla mano – di non assumere abbastanza B12 nella dieta di ogni giorno, ma poi vi scappa detto che camminate tutto il giorno o andate in bici o frequentate la palestra o la scuola di danza, oppure che avete quasi finito di scrivere la tesi, e la mattina vi svegliate attivissimi, mentre la sera non avete mai voglia di andare a dormire, quello vi congederà con un ampio sorriso: “Mi scusi, sa, ma ho diversi pazienti seri in anticamera…” E comunque, prima di assillare il medico senza motivo, leggete più avanti (“L’esperienza degli Antichi”) il quasi certo stato deficitario di B12 tra i nostri fortissimi e attivissimi progenitori Etruschi e Romani.

E’ RARA LA CARENZA PERICOLOSA, MA… Infatti, una carenza di B12 seria, cioè con pesanti effetti patologici, è rara in Occidente, grazie all’elevata biodiversità alimentare della nostra alimentazione, se non in particolari soggetti a rischio,
border line, malati, con resezione chirurgica dello stomaco o dell’ileo, o in casi particolari (es.: donne vegan molto trasandate o con tendenza all’anoressia che allattano, i loro lattanti, alcuni soggetti anziani non autosufficienti o depressi che non si nutrono a sufficienza, i tossicodipendenti ecc.).    
      Senza allarmismi, è bene perciò mettere in guardia dai rischi di conseguenze gravi che in teoria una dieta molto carente, non “perché vegetariana”, ma perché sbagliata, trasandata o impostata sulla base di un’ideologia, anziché sulle esigenze reali del corpo umano, potrebbe avere se prolungata nel tempo.

SINTOMI DI DEFICIENZA. I primi sintomi non sono specifici (stanchezza insolita, problemi digestivi, frequenti infezioni respiratorie), ma sono ben note le manifestazioni cliniche (ematologiche e neurologiche), come anemia perniciosa e iper-omocistinemia tra la maggior parte dei vegetariani, soprattutto vegan, come ha appurato lo studio di Elmadfa I. e Singer I. (Vitamin B-12 and homocysteine status among vegetarians: a global perspective).
      Uno studio di Bissoli L. et al. (Ann Nutr Metab 2002;46:73-9) su 44 soggetti italiani – quindi un po’ troppo pochi – mostrava che il gruppo vegan e quello vegetariano avevano entrambi livelli medi più bassi di B12 e livelli più alti di omocistinemia dei gruppi analoghi in altri Paesi europei. In particolare il gruppo vegan italiano (31 soggetti) mostrava il più alto livello medio di omocistina nel sangue tra tutti i soggetti delle diverse aree del Mondo: 26.9 μmol/L in media. I vegetariani italiani mangiano male? O sono i più onesti d’Europa, perché non prendono o prendono meno integratori? Non si sa, in mancanza d’un vasto studio.
      Ma continuiamo a passare in rassegna i sintomi di carenza di B12. Oltre a irritabilità nervosa, insonnia, formicolio agli arti (parestesia), stanchezza eccessiva, diarrea, anoressia, anemia macrocitaria (globuli rossi meno numerosi, più grandi e immaturi), problemi menstruali, difficoltà di concentrazione, depressione, minori difese da infezioni e malattie, sono stati registrati ingrossamento della milza, deterioramento della memoria, malattie nervose degenerative, squilibri mentali, riduzione delle capacità cognitive, demenza e addirittura riduzione del volume (atrofia) cerebrale e cardiopatie. Aumenta infatti il livello di omocisteina nel sangue, che è di per sé un forte fattore di rischio (anche quattro volte di più) di malattie cardiache come aterosclerosi coronarica, infarto e ictus cerebrale (Wald et al. BMJ 333,25 november 2006; Martilelli 2003). E può toccare i bambini malnutriti, soprattutto gli anziani, e anche le persone che assumono in carenza di  B12 integratori di folati e cibi fortificati con acido folico, che “nascondono” spesso la carenza di B12.

UN “ERRORE” DI POCHI CENTIMETRI. Una dieta completa e corretta è fondamentale per l’acquisizione della vitamina B12 che in pratica ci viene solo dal cibo animale. Non è assimilabile la B12 endogena, prodotta per fermentazione dai batteri che si nutrono dei resti di carboidrati (amidi e fibre) nel colon, per pochi centimetri troppo in basso rispetto all’ultimo tratto dell’intestino, l’ileo, luogo deputato all’assorbimento della vitamina. Per analogia, pensiamo all’azione di fermentazione del mosto d’uva, o dei funghi Saccharomyces del lievito di birra sull’impasto di farina e acqua che serve a fare il pane lievitato. La conseguenza è che, paradossalmente, le nostre feci, per gran parte costituite da batteri fecali, sono sempre molto ricche di B12, mentre il soggetto che espelle tanto “ben di Dio” potrebbe essere carente o anemico. Scherzi della Natura. Allora che fare, mangiare le proprie feci, come fanno parecchi animali, comprese le scimmie? Razionalmente sarebbe la soluzione pratica di tutto (e infatti certi lattanti lo hanno… intuito) ma un’insuperabile inibizione istintiva o atavica in noi adulti lo rende impossibile.
      Un “errore” dell’evoluzione umana? Non solo umana: anche numerosi animali non carnivori (tra cui gorilla, scimpanzè, criceti, panda, koala, elefanti, ippopotami) mangiano di tanto in tanto i propri e altrui escrementi, e così istintivamente integrano di preziosa B12 la loro dieta vegetale. Alla luce di questo istinto funzionale, si potrebbe capire la tendenza di lattanti e bambini piccoli ad assaggiare le proprie feci e a mettere in bocca proprio le cose più sporche. Fortunati sono, invece, i mammiferi ruminanti (es., i bovini), che hanno un secondo stomaco, o rumine, popolato di batteri fermentanti che predigeriscono la cellulosa producendo vitamina B12 ben prima dell’ileo. E questo ha permesso a noi umani dalla notte dei tempi di ricavare, comodamente e senza dover uccidere, ottimo cibo con discrete quantità di vitamina B12 grazie al rumine degli animali, da cui la B12 arriva al latte. Sinergie tra specie diverse, simbiosi ecologiche (non mutualistiche in questo caso) che sono alla base della storia dell’Uomo e della storia naturale.

LA NUOVA TABELLA PER I VEGETARIANI. La nostra nuova tabella della vitamina B12, cianocobalamina (in μg o microgrammi, cioè milionesimi di grammo per 100 g), appositamente creata per i lacto-ovo-vegetariani sulla base delle migliori Banche Dati nutrizionali (IEO), è indicativa degli alimenti “non-violenti” dotati di apprezzabili quantità di vitamina B12. Si vede a colpo d’occhio che nella dieta vegetariana la vitamina B12 è presente in discrete o minime quantità solo in uova, latte, ricotta e formaggi. Gli onnivori hanno in più carni, pesci e crostacei. I vegetaliani o vegans non hanno nessun alimento.

LE RACCOMANDAZIONI PER GLI ITALIANI. Ma anche l’assunzione quotidiana raccomandata dalla SINU (Società italiana di nutrizione umana, LARN o livelli di assunzione di riferimento) all’ adulto italianodai 18 anni in poi, maschi e femmine, è minima, anche se è aumentata di qualche decimo nel 2014. E’ di soli 2.4 μg, cioè poco più di 2 microgrammi, ovvero milionesimi di grammo, al giorno (il mero fabbisogno biologico è ancora indicato per gli adulti in 2 μg). Per i lattanti da 6 mesi a 1 anno 0,7 μg, per i bambini tra 1 e 10 anni 0,9-1,6 μg, per gli adolescenti tra 11 e 17 anni 2.2-2.4 μg, per le donne in gravidanza (2,6 μg) e per le donne che allattano 2,8 μg.

CARNE E FEGATO? SEI MOTIVI PER DIRE NO (ANCHE DAGLI ONNIVORI). Incuriosirà i lettori vegetariani apprendere che la carne più consumata, quella che normalmente si intende per "carne", cioè il manzo o vitellone, contiene “solo” 2 μg/100g di vitamina B12, pochino se si inserisce questo dato nella tabella riportata in alto. Le elevate fonti carnee non convengono neanche agli onnivori. I pesci (dalle sardine al tonno) ne hanno 3-8,9%, mentre crostacei e molluschi – con discreti rischi microbici – possono superare 10 μg. Ma sono davvero ricche di B12 solo carni d’uso non frequente (tacchino 33 μg) o addirittura sconsigliabili agli stessi “carnivori” e specialmente a bambini e malati (fegato di manzo 83,3 μg/100 g, USDA). I vegetariani, anzi, sono avvantaggiati.
      Ma perfino un vegetariano pentito dovrebbe fare a meno di queste carni ricche di B12. Perché? 1. Perché il fegato è sempre un pericoloso ricettacolo di sostanze tossiche e farmaci da allevamento; i pesci, soprattutto quelli grossi e carnivori, sono ricchi di metalli pesanti, mentre crostacei e molluschi sono ad alto rischio microbico2. Perché, cotti come sono, per lo più cotti ad alta temperatura (griglia, piastra, barbecue, brace, frittura, forno), carne e pesce sono altamente cancerogeni (amine eterocicliche, benzoapirene ecc.). 3. Perché la cottura distrugge parte della vitamina B12: fa perdere alla carne e al pesce circa il 33% della vitamina B12. 4. Perché la B12 della carne è molto meno assimilabile di quella dei latticini. Nonostante le elevate quantità teoriche di vitamina B12 del fegato, solo una piccola parte, appena il 10-11%, è assorbita dall’organismo. 5. Perché soggetti con diminuita secrezione gastrica [anziani ecc.] – prosegue lo studio di Smith – spesso hanno difficoltà  a digerire il collagene, il maggior costituente della carne, la prima sostanza ad essere attaccata dalla pepsina digestiva, cosa che può ostacolare il rilascio della vitamina B12 dalle proteine.

TROPPA B12? SI ASSIMILA POCHISSIMO. Ma c’è anche un sesto motivo, il più importante. 6. Perché di B12 in certe carni ce n’è troppa, il che per paradosso ne limita l’assorbimento. Quella del fegato, che ne è molto ricco, è assorbita solo all’11% (10% il patè di fegato). Come mai? Perché il Fattore Intrinseco secreto dalle pareti dello stomaco, che permette trasporto e assorbimento della vitamina nell’ileo, si satura a circa 1.5–2.0 μg di vitamina B12 per pasto.
Curiosamente, la percentuale di assorbimento nell’ileo della B12 diminuisce vertiginosamente con l’aumentare della quantità di B12 ingerita (SINU): 75% con 0,5 µg, 40% con 1 µg. Sono, come si vede, valori tipici della normale alimentazione naturale di una giornata. Ecco perché per i vegetariani è più efficace la presenza di piccole ma costanti quantità di B12 presenti nel cibo di ogni giorno, piuttosto che dosi esorbitanti di compresse di integratore prese ogni tanto.
      Si presume che in Stati Uniti e Giappone la vitamina B12 degli alimenti sia assorbita in media al 50% negli adulti sani. In particolare la biodisponibilità si differenzia a seconda delle fonti. Quella di latte e latticini è molto alta (v. oltre). E per le altre fonti? Uno studio giapponese ha trovato che in media dal pesce ne assorbe il 42%, dalla carne di pecora il 56-89%, dal pollo il 61-66 %, ma dalle uova solo il 9 %. Questa scarsa biodisponibilità, però, non è un male, visto che il sistema di assorbimento intestinale mediato dal fattore intrinseco FI si satura ad appena 1,5-2,0 μg per pasto, cosicché la B12 ha la singolare caratteristica di diminuire biodisponibilità con l'aumentare dell'assunzione (**). E perciò fonti molto abbondanti sarebbero inutili. Proprio la scarsa assimilazione della vitamina ha spinto le autorità nutrizionali a largheggiare nello stabilire il fabbisogno di B12 per le varie popolazioni. 

CADONO, ANCHE QUI, GLI INTEGRATORI. Il che dovrebbe dissuadere i maniaci degli integratori, oltretutto sempre concepiti dall’industria farmaceutica (per motivi di marketing) in sovradosaggio. E spiega perché i fissati con la B12 in compresse sbagliano tre volteuna prima volta perché hanno scelto una dieta insufficiente, una seconda perché per rimediare e non ammettere il proprio errore prendono l’integratore, una terza volta perché lo prendono – inutilmente – ad alte dosi. In commercio, a parte i complessi bilanciati dell’intero gruppo B (farmacia), inutili per naturisti e vegetariani che tranne la B12 trovano nella dieta abbondanti vitamine B (cereali integrali, lievito ecc), esistono per lo più pessime ma costose confezioni importate di sola B12 (con etichette scritte da manovali: in una si pubblicizzano ben “500 mg”, forse intendendo il peso… di un’intera pasticca, eccipienti compresi!) da 500 fino a 2000 μg da assumere una volta a settimana. Ma poiché questi alti valori si assimilano pochissimo sono uno spreco: sarebbero meglio compresse da 2 o 5 μg al giorno. La conseguenza? Senza contare la tossicità possibile della B12 in compresse oltre i 200 µg (v. sito SINU) e il non frequente effetto di debolezza e palpitazioni cardiache da eccessiva eliminazione di potassio (ipokaliemia: una condizione pericolosa per il cuore) in pazienti anemici che assumevano integratori di B12, la costosissima vitamina in compresse viene in pratica destinata alle feci: solo lo 0.5% si assimila per dosi pari o superiori ai 1000 μg (SINU), cioè con le compresse. Insomma, non è questo sito-blog, ma con la saturazione del Fattore Intrinseco è la stessa Natura che rifiuta la farmaco-terapia, cioè la sostituzione del cibo con compresse, pillole, spray e iniezioni. Una bella lezione per i maniaci della pillola. Sui rischi di integratori di B12, le loro interazioni con farmaci e vitamine, e l’uso medico in genere, si veda questo articolo, tradotto e integrato rispetto all’originale pagina di Medline Plus, a cura della US National Library of Medicine.

LATTE: LA FONTE DI B12 PIU’ ASSIMILABILE E PIU’ FACILE. Si presume che la vitamina B12 degli alimenti sia assorbita in media al 50% negli adulti sani. In particolare la biodisponibilità si differenzia a seconda delle fonti. Al primo posto come biodisponibilità di vitamina B12 c’è il latte. Nonostante che (anzi, proprio perché) il contenuto di B12 del latte non sia alto (0.2–0.4 μg/100 g), ben il 65% della vitamina dal latte entra nel circolo sanguigno, come prova uno studio su uomini e donne oltre i 60 anni (quindi con un assorbimento della B12 diminuito dall’età). Il latte è seguito per tasso di assimilazione di B12 dal pesce, dagli altri latticini e formaggi, dalla carne e dalle uova (D. Smith). Lo studio Framingham Offspring per primo aveva osservato che la vitamina B12 dal latte è meglio assorbita di quella dalla carne.
Insomma, chi l’avrebbe detto, il latte fornisce la vitamina B12 più assimilabile anche nei soggetti più anziani con un basso livello di B12. E poiché molti bevono latte, specialmente tra anziani e nei Paesi del Nord Europa, è comodo – argomenta l’autore – trarre dal latte notevoli quantità di B12. Un precedente studio confrontando lo stato della vitamina B12 dei macrobiotici che non usano latte (e per questo assimilati ai vegan) con quello dei lacto-ovo-vegetariani, mostrava i benèfici effetti dei latticini sui lacto-ovo-vegetariani ai fini dello stato ematico della B12. «L’alta biodisponibilità dal latte e dai latticini può anche spiegare l’adeguatezza dello stato della B12 in molti lacto-ovo-vegetariani comparati con i vegans», commenta l’equipe di Smith, citando uno studio di Millet su vegetariani francesi, e uno studio di ricercatori di Bratislava.
       Ma attenti piuttosto a non bollire in casa il latte: un altro studio ha documentato per una bollitura di 2-5 min una perdita del 30% di vitamina B12. La nostra tabella, ad ogni modo, riporta i valori di B12 del normale latte in commercio già pastorizzato. Più alti valori di B12 sono forniti dal latte crudo, che vuole però qualche cautela in più, a meno che non si abbia la fortuna di vivere in montagna o in campagna e di conoscere le vacche ad una ad una...

UOVA: LA FONTE DI B12 PIU’ PRATICA, ANCHE SE MENO ASSIMILABILE. Ma – ecco la doccia fredda – non bisogna pensare che tutta la B12 presente nei cibi si assimili. La biologia non è aritmetica elementare.Ciò vale per tutte le fonti. Nelle uova, p.es., quanto più crudo resta il tuorlo (che ne contiene la maggior parte, ma non la totalità), tanto più B12 si assimila. In media un’assimilazione di B12 del 9,2% al massimo,  come mostra uno
studio di Watanabe che è una buona risposta a coloro che sostengono che i fabbisogni, specie in Stati Uniti e Germania, sono esagerati. Ecco perché i nutrizionisti si sono mantenuti larghi nel fabbisogno: attuano la prudente regola della precauzione, tipica dei tempi moderni. In altre parole prevedono anche i casi in cui la B12 si assimila poco.
      Però, nella realtà, le uova sono la fonte di B12 più pratica. Perché cibo tradizionale, popolare, economicissimo, e quindi di larghissimo e facile consumo in tutti i Paesi. A differenza dei formaggi molto grassi che in eccesso sono collegati ai soliti rischi dei grassi, le uova non provocano un aumento di rischi di cardiopatie o ipercolesterolemia fino a 1-2 uova al giorno, tantomeno di cancro. Al riguardo ci sono studi pro, contro e neutri, e perciò il World Cancer Research Fund dal 2007 sostiene che l’evidenza è ancora troppo limitata per ogni conclusione. Vanno quindi considerate un alimento del tutto neutro, come riconosce D. Khayat, già presidente del francese Institut National du Cancer. Ecco, quindi, che anche una fonte in sé molto modesta come le uova diventa importantissima per lo stato della vitamina B12 nella popolazione (Vitamin B12, in: “Dietary Reference Intakes” etcWashington, DC, Institute of Medicine, National Academy Press, pp 306-356, 1998), e a maggior ragione per i lacto-ovo-vegetariani. Questi, infatti, mettendo insieme tante piccole fonti (uova, latte, yogurt, ricotta, formaggi), con piccole porzioni o mezze porzioni, possono riuscire a sfiorare o ad avvicinarsi il più possibile al fabbisogno ufficiale stabilito.

UOVA CON MENO COLESTEROLO. A vantaggio delle uova, c’è anche una novità scientifica: i nuovi studi sulle uova di gallina di oggi danno valori molto più bassi di colesterolo: solo 371 mg per 100 g, invece di oltre 500 mg per 100 g. Un uovo da 50 g, perciò, avrà appena 185,5 mg di colesterolo.
L’organismo neanche se ne accorgerà. 

NE SERVE POCHISSIMA. EPPURE IL FABBISOGNO SEMBRA ALTO. Abbiamo visto sopra le assunzioni raccomandate agli Italiani. “Ne serve pochissima, e la dieta, la normale dieta, basta e avanza", dicono con grande faciloneria alcuni propagandisti su opuscoli e su internet. Vero che poco più di 2 μg, cioè 2 milionesimi di grammo, sono in sé pochissima cosa, ma “pochissima” non significa zero. “Normale” dieta? Fatto sta che senza nessun cibo animale una dieta non ha “pochissima” B12, ma zero B12, che è ben diverso. E quindi non è affatto “normale”.
      Ma poi, sono davvero “poca cosa” quei 2 μg di B12 al giorno? No, nient’affatto. Anzi, data la rarità della B12, spesso è un fabbisogno difficile da raggiungere per gli stessi lacto-ovo-vegetariani, cioè la stragrande maggioranza dei vegetariani, se consumano troppo di rado latticini e uova, e perfino per molti onnivori anziani, malati, indigenti o troppo giovani e disattenti al cibo, oppure salutisti che stanno attenti a non consumare salumi, pesce inquinato o carne ogni giorno.
      Così, molti giovani da poco vegetariani sono depressi, e scrivono allarmati: «Non so che fare. Se neanche con un uovo al giorno e 2 bicchieri di latte o yogurt assumo abbastanza B12, allora smetto la dieta vegetariana». Addirittura. Si sa, i giovani sono portati a drammatizzare tutto. Ma no, si rilegga la tabella IEO:
con 1 uovo da 60 g (cotto in modo che il tuorlo resti crudo), cioè 1,5 μg, più due bicchieri di latte (0,8 μg), si arriva comodamente a 2,3 μg di B12. Lo yogurt, piuttosto, vale la metà del latte, e se poi se è quello più consumato, cioè alla frutta, contiene appena un quarto della vitamina B12 del latte (v. tabella).
      Ma se anche l’introito di B12 fosse un po’ meno del fabbisogno ufficiale? Il vegetarismo è forse una “dieta nuova”, “sperimentale”, irta di pericoli mortali, che stiamo provando per la prima volta nella Storia dell’Uomo? No, è cosa vecchia, antichissima. Vediamo quindi che cosa facevano gli Antichi.

L’ESPERIENZA DEGLI ANTICHI E LA STORIA DEL CIBO. Ai giovani e ai nuovi vegetariani timorosi consiglio di ragionare saggiamente, così. La dieta “povera” di proteine animali e quindi di vitamina B12 è antica quanto la Storia. E’ stata provata per secoli, dai nostri antenati, costretti da Natura, economia e usi dell’epoca, a nutrirsi con una dieta che somigliava molto a quella che noi oggi definiamo lacto-ovo-vegetariana. Insomma, non siamo certo i primi uomini apparsi sulla Terra a dover risolvere questo problema. I nostri progenitori Greci, Etruschi e Romani, che inventarono la dieta naturale mediterranea, consumavano pochissimi cibi di origine animale. Come si dimostra nel mio manuale La Tavola degli Antichi (ed. Mondadori, presente nelle Biblioteche).
      Ebbene, probabilmente la stragrande maggioranza dei nostri antenati storici, a differenza degli uomini del Paleolitico e degli ominidi (**), secondo le teorie precauzionali di oggi dovrebbe essere considerata “carente” di vitamina B12. Per fortuna non lo sapevano, perciò stavano benissimo. Come confermano centinaia di fonti, svolgevano ogni giorno lavori faticosissimi, oggi impossibili a chiunque, compresi quelli che divorano anche mezzo chilo di carne rossa a pasto, con tanta vitamina B12. Ma la loro dieta non ne era assolutamente priva, come quella d’un vegan, infatti consumavano regolarmente uova e latticini. La nostra Civiltà nacque e per molti secoli rimase pastorale, e dunque latte e latticini erano tra i primissimi cibi. Etruschi e Romani, oltre ai Greci,  avevano un vero e proprio culto del latte, e agli Dei offrivano il latte prima del vino, ed erano a base di latte, ricotta o formaggi i primi quattro piatti nazionali romani (puls fitilla, placenta, moretum e libum). Addirittura, a scopo terapeutico si vendeva il colostro, il pre-latte di ovini e caprini, e il latte di cagna. In quanto alle uova, erano così frequenti e importanti da diventare simbolo del pasto tipico (“ab ovo usque ad mala”: dall’uovo alle mele). La carne era pochissimo usata dai poveri (quasi tutti servi) e dai tanti cittadini abituati al mangiare parco e tradizionale, perché poco pratica, dura e stopposa (spesso doveva essere bollita e poi arrostita; e i poveri di città, cioè la stragrande maggioranza degli abitanti, non avevano neanche la cucina), oppure vietata (leggi suntuarie), rara (per lo più animali da cortile e suini, impossibili per i poveri da allevare in città e cucinare), oppure costosa (se già cotta nelle taverne). La cena non d’un servo, ma d’un ricco intellettuale (Plinio junior), in onore dell’amico Claro consisteva soprattutto in due uova a persona e un piatto di farro, come riferisce egli stesso (Tavola degli Antichi, cit.).

VORREMMO TANTO, ANCHE NOI, QUELLA “CARENZA”… Il pastore-contadino Symilo (cfr. poemetto pseudo-virgiliano Moretum) è descritto mentre prepara un impasto di formaggio alle erbe da spalmare su una focaccia non lievitata. E formaggio o uova erano di solito presenti nella colazione del mattino. Ma spesso servi, soldati e poveri di città dovevano accontentarsi di polenta e olive (o pane e cipolla). E’ da ritenere che in media i nostri Progenitori in periodo storico vivessero quasi in un regime lacto-ovo-vegetariano di fatto, sporadicamente attenuato, e quindi in carenza di vitamina B12. Eppure crearono la civiltà in tutta Europa e oltre, fecero la Storia, l’Arte, le Piramidi, la letteratura, il Colosseo, l’Architettura, il Diritto, le prime tecnologie.
      Morivano prematuramente? E’ vero, morivano nel parto (madri) e nella prima infanzia, ma non per anemia da scarsa B12, anzi, semmai proprio per il suo contrario: troppa vitamina B12 da… sporcizia, da scarsissima igiene (i microbi non erano conosciuti) e da batteri fecali. Come oggi nelle zone più arretrate dell’Asia e dell’Africa, avevano rischi altissimi di infezioni di ogni tipo, per lo più gastro-intestinali. Loro non potevano immaginarlo, ma è da ritenere che le carenze di vitamina B12 dell’alimentazione venissero in parte bilanciate dalle cospicue tracce di B12 da inquinamento biologico (terra, escrementi umani e animali, fermentazioni batteriche sul cibo mal conservato – in mancanza di frigoriferi – all’aperto e a temperatura ambiente in pozzi, cantine, dolia). Proprio quel patrimonio di B12 che noi moderni igienisti fissati coll’eliminazione maniacale degli escrementi, con i bagni continui, il lavaggio delle mani e dei cibi vegetali, e la sterilizzazione di latte, bottiglie e pentole, abbiamo definitivamente perso, da Pasteur in poi. In realtà l’ aspettativa di vita alla nascita e a 10 anni degli antichi Romani era analoga se non superiore a quello degli Europei degli inizi del sec. XX d C, che si è alzata solo ai giorni nostri soprattutto per la progressiva riduzione delle morti infantili grazie alla lotta a virus e batteri, all’igiene e agli antibiotici (dal 1960 !).
      Oggi, un po’ di quell’antica sporcizia farebbe comodo a chissà quanti vegetariani e vegan adulti, più resistenti dei bambini alle infezioni gastrointestinali. Ancora oggi i ricercatori ipotizzano che nelle aree rurali arretrate del Mondo (Asia, Africa, America del Sud) gli umani traggano vitamina B12 dall’ingestione di cibi vegetali contaminati da batteri fecali, come accadeva agli Antichi (Elmadfa I et al., cit dallo studio nel link in “Sintomi di deficienza”, v. sopra). Eppure la sporcizia non basta, e oggi vaste parti del Mondo vivono con carenze di B12 analoghe, presumibilmente, a quelle dei nostri lontani Antenati.
      Sono a rischio i bambini allattati al seno da madri carenti di vitamina B12 (mentre molti adulti sono carenti, ma asintomatici) non solo in intere popolazioni dell’Africa, dell’America latina (p.es. tra i bambini di età scolare del Guatemala) e dell’India, dove si ritiene che circa la metà della popolazione sia insieme lacto-vegetariana e denutrita a causa della povertà (a Poona circa il 75% della popolazione è affetta da iper-omocistinemia e carenza di cobalamina). Manifestano deficienza di vitamina B12 e le più varie malattie, non spiegabili con la semplice carenza vegetariana, sia pure mal praticata, come riportano un primo secondo articolo di A.C. Anthony, con un totale di 66 riferimenti.
       Ma sono a rischio sempre più persone, soprattutto bambini piccoli in età di svezzamento e successiva, anche in Occidente e nei Paesi ricchi, e non solo nelle comunità di macrobiotici, vegan o vegetariani d'Europa e del Nord America, soprattutto perché il latte della madre (vegetariana, vegan o semplicemente trasandata o totalmente inesperta di nutrizione) è carente, ed è carente anche la prima dieta di svezzamento. La cronaca fornisce numerosi casi di bambini in età di svezzamento e successiva portati al pronto Soccorso e ricoverati per carenza di vitamina B12 e altri nutrienti, peggio se in una dieta insufficiente (bambini inappetenti e svogliati che vengono lasciati a se stessi, alle loro "scelte", come se fossero adulti).

       Quindi, prima di condannare la dieta vegetariana, bisogna vedere in quale contesto sociale, nutrizionale e psicologico viene praticata.

MA IL FABBISOGNO BIOLOGICO POTREBBE ESSERE LEGGERMENTE MINORE? Molti non sanno che, a parte le raccomandazioni, che sono sempre prudenziali perché devono prevedere diverse esigenze e rischi di un’intera popolazione – è notevole, p.es., il consumo di antibiotici – e per questo sono calcolate un po’ in eccesso (negli Stati Uniti e in Germania si è arrivati a consigliare 3 μg al giorno e oltre), il fabbisogno biologico di vitamina B12 è non solo inferiore alle raccomandazioni, ma potrebbe essere in teoria ancora più basso, fino a 1,4 μg, come mostrava uno studio della Commissione Europea sulla base della review degli studi, citato anche dalla SINU (v. tabella sopra). Ma un valore del genere forse non garantirebbe a tutti una riserva adeguata. Il fabbisogno non è una soglia matematica, ma è un valore cautelativo , frutto di calcoli prudenziali delle autorità sanitarie e scientifiche nazionali, per poter coprire statisticamente senza troppi rischi le situazioni individuali più diverse e gli usi alimentari locali, forse anche la stessa propensione nazionale ai farmaci che esauriscono le riserve nel fegato. E infatti, i fabbisogni nazionali sono aumentati proprio per garantire le riserve in caso di necessità. Ecco perché una leggera carenza rispetto non solo alle raccomandazioni ufficiali, ma perfino al fabbisogno, non deve preoccupare, né sono da attendersi sintomi, com’è noto in letteratura scientifica, specie se gli altri nutrienti, comprese le altre vitamine del gruppo B e l’acido folico (folati) sono presenti in modo sufficiente nella dieta.          
      Insomma, molte persone vivono e stanno benissimo, con grande attivismo, con valori leggermente inferiori di vitamina B12 (***). Altrimenti, visto quello che mangiavano, operai, contadini e soldati dell’antica Roma avrebbero dovuto essere deboli, svogliati e anemici. Cosa che contrasta con tutte le testimonianze storiche: invece erano proverbialmente forti, vigorosi, coraggiosi (anche troppo, ci ha detto la Storia, e la Storia è la prima delle prove scientifiche). Eppure, ben pochi di loro dovevano raggiungere i 2 μg al giorno. E allora? Facciamo come loro. Ma per tutti gli aspetti, cominciando a non sprecare la B12 immagazzinata.

NON DILAPIDIAMO LE RISERVE. Il primo fattore extra-nutrizionale che, ieri come oggi, può incidere sullo stato individuale della B12, è costituito dalle riserve nel nostro fegatoCerchiamo perciò di non dilapidarle, con uno stile di vita adeguato. Un soggetto vegetariano o vegan che fa di tutto per conservarsi in ottima salute, non anziano, che per anni non usa antibiotici o contraccettivi orali, può magnificamente vivere di rendita grazie alle scorte di 1-4 mg (milligrammi) di vitamina B12 accumulate nel fegato, quando consumava carne-pesce o quantità elevate di uova e latticini. Di fronte al fabbisogno medio cautelativo di 2 μg al giorno (cioè circa 730 mg all’anno), nel fegato è conservata vitamina B12 per i bisogni quotidiani del corpo, in misura eccedente 1000 o 2000 volte il fabbisogno quotidiano (SINU). Tra l’altro, circa 0,5 µg di vitamina B12 vengono secreti ogni giorno con la bile, e di questi l’80% viene riassorbito. Queste scorte se non integrate da adeguate quantità giornaliere possono durare in media da 1 a 4 anni (Commission of the European Communities, 1993). Ma ci sono casi fortunati, eccezionali, su cui non si può certo contare, citati dal trattato universitario Krause e Mahan, di depositi durati perfino 10 anni. Questo può spiegare la buona salute di vegetariani e vegan che non fanno la “dieta farmaceutica”, cioè non prendono integratori di B12.
      La dieta lacto-ovo-vegetariana, perciò, non pone problemi pratici, se non si tratta d’un lattante allattato da una madre veg che abbia esaurito le proprie riserve di B12, se il lacto-ovo-vegetariano pratica ogni giorno una dieta completa dal punto di vista nutrizionale, ricca di una grande varietà di alimenti (bio-diversità a tavola!), se il cibo teoricamente a disposizione è abbondante, se non intervengono anche povertà, anoressia e limitazioni psicologiche, filosofiche o religiose, se la dieta vegetariana coincide con una vera e propria alimentazione sana e naturale ricca di sostanze protettive e antiossidanti (vegetali colorati e a foglia verde scuro, cereali integrali), con legumi il più spesso possibile (fibre, proteine e ferro), almeno 4 porzioni tra uova e latticini al giorno, con molto cibo crudo e niente cotture tossiche di cibi grassi e proteici, senza indulgere ai soliti dolci e bevande junk food che fanno passare la fame per i cibi sani.
      In tal caso, non saremmo in presenza di persone denutrite, anoressiche, autopunitive, abbandonate a se stesse, potenzialmente malate, ma di vegetariani naturisti, cioè rispettosi di tutti gli animali, compresi se stessi, e di tutta la Natura, compreso il corpo. Perché anche il più spiritualista degli uomini deve avere un corpo sano ed efficiente che gli permetta di capire ed esprimere quella spiritualità. E se anche si dovesse scoprire – calcolatore alla mano – di non assumere tutti i giorni esattamente la quantità del fabbisogno ufficiale della vitamina B12, nella maggior parte dei casi – se abbiamo rispettato le condizioni sopra elencate – non accadrà proprio nulla di spiacevole o dannoso. Si potrà almeno contare su introiti giornalieri sicuri e abbondanti di buoni e variati alimenti, e su una media di B12 che anche nel lungo periodo potrebbe (le vie del nostro corpo sono infinite) assicurare un apporto in qualche modo “miracolosamente” sufficiente, non diversamente da quello che accadeva a Etruschi e Romani antichi delle classi popolari.

LA DIETA FARMACEUTICA CONTRO DUE PRINCIPI DEL NATURISMO. Ma tranne rari casi di emergenza, in cui non possiamo lamentarci se interviene a limitare i danni il medico, non cadiamo nella “dieta farmaceutica”, cioè nella diseducativa abitudine della compressa quotidiana o settimanale di integratore B12. Che sarebbe un penoso mangiare innaturale. Perché innaturale, dopotutto la B12 delle compresse non è “fatta dai batteri, proprio come quella di uova, latte, formaggi, carne e pesce”?
      Certo, ma questo è un modo di ragionare da farmacisti. Non tiene conto dell’alimentazione naturale. La compressa è innaturale non perché sia tossica o provenga da chissà che cosa, ma per ben due motivi fondamentali che urtano due princìpi di base del Naturismo alimentare: la Completezza del cibo e la Tradizione.
      1. Il principio dell’Alimentazione Naturale, la Tradizione, dice che è innaturale la B12 dell’integratore non perché sia di origine “artificiale” (noi siamo scientisti: la molecola è sempre la stessa, e in ogni caso è sempre prodotta dai batteri, sia quella in compresse, sia quella contenuta nel cibo), ma in quanto non è elettiva, cioè non selezionata dall’Uomo antico (lontano da tv, libri di propaganda e pubblicità) solo “per prove ed errori”, com’è accaduto per gli alimenti naturali. Nessun uomo dell’Antichità ha mai mangiato compresse al posto di alimenti. E noi qui ci occupiamo di alimentazione naturale, cioè antropologica, storica, tradizionale, non di cibo di Frankestein o degli astronauti, a base di pillole, fossero anche le migliori e più “sane” del mondo.
     2. Il principio della Completezza, poi, è quello fondamentale dell’alimentazione naturale: il cibo deve sempre essere completo, integrale, ricco delle scorie e di tutti i componenti ritenuti a torto “secondari” (in realtà protettivi). Perché proprio tra di essi si instaurano i reciproci sinergismi utili a nutrire, prevenire e curare. Mai consumare un singolo componente estratto. Perfino l’integratore germe di grano, che è pur sempre stato separato dal chicco, non è una molecola, ma centinaia di molecole. Per questo Tradizione e Scienza sono contro le sostanza singole usate come integratori, dal beta-carotene all’amminoacido triptofano. E che facciamo, tutta la fatica di trovare il meglio della Tradizione e della Scienza, per poi cadere nella “dieta degli astronauti”?

ALTE DOSI DI INTEGRATORI E RISCHI DI CANCRO AI POLMONI. Per di più, la compressa di B12 può facilitare i tumori polmonari. Un primo studio osservazionale su ben 77.118 persone, da 50 a 76 anni, ha trovato che l’assunzione per 10 anni come integratore ad alte dosi di vit. B12 (> 55µg al giorno in media) e di piridossina vit. B6 (> 20 mg al giorno in media) aumentava di molto (più 30-40%) il rischio di tumore ai polmoni nei maschi, ma non nelle femmine. Rischi ancora più alti – pari a due o tre volte in più rispetto a chi non assumeva questi integratori – avevano i fumatori. Gli autori hanno fatto notare che questi risultati si riferiscono a dosi che sono ben al di sopra di coloro che assumono un multivitaminico ogni giorno per 10 anni. Studio da confermare, ma certamente inquietante (Brasky et al. 2017).

DISEDUCATIVA PSICOLOGICAMENTE E NUTRIZIONALMENTE. E’ proprio l’opposto dell’alimentazione naturale. In confronto sarebbe meno grave il panino di farina bianca del fast food o la bevanda zuccherata. Quindi, perché fare eccezione per la compressa di B12? E’ forse un alimento? No. Chi la prende non può dire di avere un’alimentazione sana e naturale, ancor meno di chi beve Coca Cola e mangia hamburger. Oltretutto la compressa è più diseducativa del fast food: questo si porta dietro il senso di colpa (si sa che è sbagliato); quella invece ci autorizza psicologicamente a continuare la dieta carente o sbagliata. Tanto, poi c’è la compressina. Ecco perché, come ripetono tutti i nutrizionisti, gli integratori oltreché poco efficaci sono diseducativi.
      Poi significa di fronte a noi stessi ammettere la nostra sconfitta, cioè che la nostra dieta è sbagliata, senza speranza, tanto da richiedere a priori il “doping”, il trucco poco onesto della farmacia, senza il minimo aggancio con le nostre Tradizioni, cioè con i “lacto-ovo-vegetariani” involontari e poveri dell’Antichità che la pillolina di B12 non avrebbero potuto acquistare né dal medico né dal ciarlatano al mercato, né dal venditore ambulante di erbe aromatiche, neanche se fosse esistita. D’altra parte, che diremmo noi se un carnivoro prendesse ogni giorno una pillolina per ridurre i rischi della dieta a base di carne? Saremmo scandalizzati e grideremmo all'inganno!

LA CONTRADDIZIONE: LA DIETA VEGETARIANA COME UNA MALATTIA. E invece, quasi tutti i siti vegetariani e vegan esortano all’integrazione farmaceutica. Non si rendono conto che è una contraddizione, che è la negazione dell’alimentazione. Andare dal medico o dal farmacista come per una malattia? E che pensare se sono i vegetariani stessi a richiederlo? Credono o no nell’alimentazione vegetariana? Dopo aver sanitarizzato il parto, ora vogliamo medicalizzare il vegetarismo?
      Eppure, anche il biochimico T. Colin Campbell, dopo una vita passata ad abbuffarsi di carne e formaggi – come confessa nel suo libro China Study – un lunghissimo periodo in cui, stimato da direttori di centri di ricerca, studiosi, e direttori di riviste biochimiche e oncologiche, ha prodotto tutti i suoi studi e ha fatto carriera senza nessuna stranezza, battendo con determinazione la concorrenza scientifica, che sappiamo essere spietata negli Stati Uniti; ora che è in pensione (e ormai ha oltre 80 anni) è diventato vegetariano, anzi vegan, e si permette d’essere in contraddizione non solo col proprio passato, ma perfino col proprio libro presente. Per due terzi del libro, rubandoci quasi le parole, esorta a mangiare cereali integrali e a consumare alimenti naturali, piuttosto che integratori (del che lo ringraziamo: è uno dei pochi). Poi alla fine del libro, a sorpresa, consiglia a tutti di diventare vegan e di assumere la compressina di B12. Non si tratta forse d’un integratore? E perché, poi, solo la B12? Non si rende conto che i lettori potrebbero capire che è possibile sostituire l’intera alimentazione naturale integrale con compresse di fibre, betacarotene, lisina, metionina, tiamina, acido ascorbico, omega-3, licopene, glucosinolati e altri 1000 composti pseudo “naturali”? Ah, la coerenza!
      Tutto perché? Perché, dopo averli stramangiati per oltre 60 anni, da vecchio – fuori tempo massimo – dice no non solo alle carni (che è giusto, essendo inutili), ma anche a latticini e uova, sulla scorta di studi scientifici di nessun valore.
      Ma almeno l’etica! Neanche. In realtà, tutta la violenza e l’aggressività del Mondo non si può eliminare solo a tavola, mentre resta invariata da millenni, senza che nessuno batta ciglio, nei rapporti interpersonali.
      E’ sbagliato escludere uova e latticini in una dieta critica come quella vegetariana, dopo che per millenni latte, latticini e uova sono stati alla base della nostra alimentazione naturale non-violenta, permettendo alla specie Uomo di superare secoli difficili e di creare la Civiltà. Infatti dove questa dieta è a rischio di denutrizione e malattie, come in India, lo è solo perché distorta e limitata da povertà e ignoranza delle popolazioni rurali o degli slums urbani (v. sopra, link ai due studi di Antony). D’altro canto, nei Paesi ricchi, troppo comodo e snobistico – vedi vita e carriera del dr. Campbell – sarebbe oggi non per bisogno ma per “ideologia” fare scelte vegetariane esagerate e incoerenti antropologicamente, a “pancia piena”, cioè dopo che i nostri Antenati hanno mangiato di tutto per creare quella Civiltà che, pur criticando in parte, noi difendiamo perché ci permette tutti gli agi e tutte le libertà. Compresa la libertà di diventare vegetariani.
      Ad ogni modo dobbiamo ascoltare il corpo, cioè la nostra Natura. Se il corpo sta bene, tutto bene, ma se si ribella alle privazioni troppo drastiche, alle diete ideologiche e campate in aria, e manifesta sintomi di carenza (dalla svogliatezza alla caduta dei capelli, dalla debolezza nel fare esercizio fisico alla cessazione delle mestruazioni), ci sarà pure un motivo per allarmarsi. E noi dobbiamo rispettare il nostro corpo, le nostre Tradizioni, la Storia e la Scienza, perché noi siamo le nostre radici, e riconoscendo il nostro passato riconosciamo noi stessi. Non dobbiamo seguire, invece, non solo le idee filosofiche o religiose dei tanti guru ciarlatani o visionari che non tengono conto della nostra Natura e della nostra Storia, ma neanche l’opportunismo e narcisismo senile di qualche bravo scienziato che si è convertito solo da vecchio alla nuova “Verità” (però, guarda caso, dopo aver fatto lunga e fortunata carriera “nell’Errore” carnivoro), come il pur bravo Campbell. E no, troppo comodo. Perché per l’Uomo la “verità”, anche quella nutrizionale, è solo quella che lui stesso ha creato per prove ed errori lungo la sua difficile e avventurosa esistenza storica: una vera e propria sperimentazione scientifica sul campo durata oltre 12 mila anni, la più grande della Storia.
NICO VALERIO
L'articolo presente di Nico Valerio ha il seguente indirizzo web: http://alimentazione-naturale.blogspot.it/2016/08/b12-ecco-tutti-gli-alimenti-che-danno.html
NOTE CON STUDI CITATI NEL TESTO
- HOOSHMAND et al. Homocysteine and holotranscobalamin and the risk of Alzheimer disease. A longitudinal study. Neurology, October 19, 2010,75,16,1408-1414. 
- TANGNEY et al. Vitamin B12, cognition, and brain MRI measures: A cross-sectional examination. Neurology September 27, 2011,77,13,1276-1282.
- SMITH AD, REFSUM H. Vitamin B-12 and cognition in the elderly. Am J Clin Nutr February 2009, 89, 2. 707S-711S. 
- SMITH AD. Homocysteine, B vitamins, and cognitive deficit in the elderly. Am J Clin Nutr, May 2002, 75,5, 785-786.
- BRASKY et al. Long-Term, Supplemental, One-Carbon Metabolism–Related Vitamin B Use in Relation to Lung Cancer Risk in the Vitamins and Lifestyle (VITAL) Cohort. Journal of Clinical Oncology 35, 30 (October 20 2017) 3440-3448.
(*) La distinzione tra carni “bianche” e “rosse” secondo il rischio epidemiologico è suggestiva, ma non convince scientificamente, perché ha poco fondamento sia sul piano dei grassi saturi (differenze minime), sia sul tenore di ferro (la carne di rana, ritenuta “carne bianca”, ne ha più del manzo che è “carne rossa”), sia infine sui danni della cottura. Infatti, anche il pollo o il pesce azzurro così “ricco di Omega-3” protettivi, se cotti alla brace o bruciacchiati o fritti in padella o al forno, producono amine eterocicliche cancerogene. Senza contare che i delicatissimi Omega-3 si ossidano rapidamente durante la cottura e perfino con la cattiva conservazione.
(**) Il largo consumo di insetti, analogamente a molti Primati attuali, doveva garantire a Ominidi e Homo sapiens primordiale un apporto notevole di B12. Per esempio, studi recenti hanno trovato che le termiti – ancor oggi cibo abituale o di emergenza presso alcune popolazioni – sono una delle fonti alimentari più ricche di vit B12 (940 picogrammi per ogni mg/peso secco, pari a 94 μg/100 g).
BIBLIOGRAFIA. Una interessante bibliografia con 95 riferimenti a studi scientifici o monografie è presente nella pagina della vit.B12 nel sito dell’Ente Nazionale per la Salute degli Stati Uniti (NIH), sia pure con i soliti eccessivi riferimenti americani ai supplementi o agli integratori aggiunti ai prodotti alimentari industriali. considerati come se fossero fonti naturali di B12.
[QUESTO ARTICOLO E' STATO PUBBLICATO IN ORIGINE DAL MEDESIMO AUTORE NEL BLOG "LOVE-LACTO-OVO-VEGETARIAN" (http://love-lacto-ovo-vegetarian.blogspot.it/2008/11/ecco-tutti-gli-alimenti-che-danno-la.html) e continuamente aggiornato, fino a oggi].
AGGIORNATO IL 26 GIUGNO 2018