lunedì 27 aprile 2009

LATTE e latticini salutari: il terrorismo è infondato. Ma quali e quante porzioni?

Drink more milk for your health Poster IERI: ALIMENTO BASE NELLE SCUOLE. Da un eccesso all’altro. Da quasi un secolo, le autorità sanitarie di tutto il mondo hanno propagandato il consumo abbondante di latte e latticini, soprattutto tra i giovanissimi studenti e gli anziani. Ancora oggi (v. alla fine di questo articolo) la Sanità Pubblica negli Stati Uniti esorta a bere molto latte. La novità salutista è che ora deve essere scremato del tutto o parzialmente.

Ma anche la convinzione popolare che il latte, per via dell’allattamento che da solo ci sostiene nei primi mesi di vita (anticamente fino a 1-2 anni), sia il "primo alimento" dell’Uomo non solo cronologicamente, il cibo base di bambini, anziani, donne in gravidanza, convalescenti e malati, insomma quasi una panacea, o almeno il cibo che non può tradire. Basta ricordare che il latte degli animali fu tra i primi cibi dell'uomo della Preistoria, che la Natura prontamente accettò rendendo geneticamente trasmissibile l'enzima lattasi che serviva a digerirlo, che in particolare la nostra Civiltà greca-etrusca-romana nacque dalla pastorizia, e che nell’antica Roma, città in origine di pastori, perciò esperti e apprezzatori di ogni specie di latte, si vendevano come preziosi integratori terapeutici il colostro degli animali (che oggi sappiamo dotato di potenti proprietà immunitarie) e perfino il latte di cagna e di asina. Difficile perciò non definire latte, latticini, ricotte, yogurt e formaggi un gruppo di cibi naturali, anzi tra i primissimi dell’Uomo, oltretutto sperimentati per prove ed errori per migliaia di anni.

Cibo altamente "plastico", cioè proteico di pronta e quasi totale assimilazione (la caseina, e dopo lo svezzamento l’uovo, è il miglior mezzo per far crescere... topi, conigli e bambini), ricco di calcio assimilabile perché in rapporto col fosforo superiore a 1, dunque essenziale per le ossa, perfino – spiegavano gli studi – buono per prevenire le ulcere e addirittura i tumori gastrici. Non solo, ma in Africa i Masai d’un tempo che bevevano litri di latte e yogurt avevano anche poco colesterolo: qualche studioso credette di scoprirvi un "fattore anticolesterolo", oltre al famoso acido orotico. Anche se uno studioso italiano già negli anni 50 fece notare che, dovendo superare la micidiale barriera cloridrica nello stomaco, ben pochi dei batteri dello yogurt arrivano indenni a colonizzare l’intestino.

Latte, yogurt, latticini, formaggi. Tabella composizione (NV,Inran,Ieo)

OGGI, COLPEVOLE DI QUALUNQUE COSA. Quella anti-latte è una ideologia fanatica, non una ragione scientifica. Che ovviamente si vergogna di se stessa e si ricopre di ragioni pseudo-scientifiche, magari amplificando alcuni difetti dei latticini, certamente presenti, come in ogni alimento. Che dire, infatti, delle migliaia di veri e propri veleni, alcuni dei quali cancerogeni, presenti nei vegetali e assenti nel latte? Come mai nessuno si scaglia contro verdure e frutta, legumi e cereali? A prestar fede a certi deliranti siti internet, e agli opuscoli dell’editoria alternativa (alternativa nel senso che non controlla mai la… preparazione culturale dell'autore: qualunque ignorante fanatico può scrivere), latte e latticini sembrano negli ultimi anni diventati il male assoluto, sia perché alcuni studi epidemiologici senza troppo indagare li collegano agli eccessi di grassi e proteine animali nella dieta, con tutti i rischi del caso (dall’osteoporosi, paradossalmente, alle malattie cardiovascolari, ai tumori), sia per la vecchia antipatia dei macrobiotici, sia perché i vegan li considerano "cibo crudele" in quanto ottenuto dagli allevamenti. Tanto, poi, si sa, per loro ci sono le pillole artificiali di integratori. I vecchi medici naturisti non avevano preclusioni per il "buon latte crudo" e per ragionevoli quantità di latticini. Eppure, qualche divulgatore meno scientifico, come Ehret, tirò in ballo l'ottocentesca teoria del muco, a suo dire prodotto da latte e formaggi, tacendo al pubblico ignorante che le mucose secernono, devono secernere, muco, e confondendo tra digestione fisiologica (normale) e patologie (le malattie), comprese intolleranze e colon irritabile.

Fatto sta che la fisiologia umana si adeguò al consumo dei latticini, sintetizzando e rendendo trasmissibile l'enzima digestivo del lattosio, già nella Preistoria, come prova una ricerca. E a maggior ragione la storia della civiltà parla chiaro: l’Uomo da cui proveniamo era pastore e fece di latte e formaggi i suoi primi alimenti (cfr. "La Terra del latte e del miele" della Bibbia, e le prime offerte agli Dei a base di latte degli Etruschi-Romani). Chi dice il contrario mostra o fanatismo ideologico (spesso dovuto alla personale intolleranza al lattosio o al colon irritabile) oppure alla crassa ignoranza.

The Milk Woman la lattaia ambulante Infatti, come potrebbe essere considerato dannoso quello che è uno dei primi cibi dell’Uomo? Sarebbe un non senso. E specialmente nella nostra cultura antropologica, fondata sulla pastorizia. I nostri progenitori erano pastori. La prima pietanza nazionale romana, il simbolo della parca dieta rustica dei primi Romani del Septimontium, era la "puls fitilla", polenta ottenuta cuocendo il miglio in latte abbondante. I nostri progenitori erano così grandi cultori del latte da allevare addirittura "cagne da latte" per malati e convalescenti. E allora, gli antichissimi sbagliavano? Eppure erano i più forti, sani, resistenti e creativi dei loro tempi. "Per sei secoli non abbiamo avuto bisogno di medici", scrisse Catone. E l’alimentazione naturale dell’Uomo è fondata anche sulla Tradizione antica, oltreché sulla scienza moderna.

PUBBLICO DISORIENTATO. Dov’è la "verità"? si chiede il pubblico dei consumatori. Che cosa c’è di vero e di falso nelle tante dicerie? Possibile che latte e latticini siano diventati un terreno di scontro di fanatismi ideologici, ricercatori trasandati ("mala-scienza"), professori tromboni, giornalisti pagati, autori "alternativi" fuori tempo massimo? Specialmente la gente più interessata, quella che cerca di informarsi e tenersi aggiornata sull’alimentazione, è davvero disorientata. Ecco che cosa ha scritto la lettrice vegetariana "Little Sweet Star" in un commento al nostro articolo nel blog specializzato Love-Lacto-Ovo-Vegetarian.

"Caro Nico, vorrei chiederti qualche precisazione sul terrorismo psicologico condotto in questo periodo, soprattutto dalla maggior parte dei siti vegan, riguardo ai latticini. Ti confido che ancora oggi, dopo aver letto molti degli articoli che circolano su internet riguardo alle relazioni tra cancro e consumo di latticini, faccio fatica persino a concedermi un po'di ricotta o uno yogurt magro. Ma questi non sono alimenti protettivi (soprattutto lo yogurt)? Il latte poi sembra essere demonizzato a priori, indipendentemente dalle quantità. Ho letto un articolo, citato da un sito vegan, dove venivano presentati i risultati di uno studio da cui emergeva che la probabilità di sviluppare cancro al seno nelle donne cresceva con l'aggiunta anche di un solo bicchiere di latte scremato al giorno. Insomma, quanto c'è di vero? E riguardo alle quantità giornaliere di questi alimenti tu cosa consigli?"
Little Sweet Star.

Cara Little Sweet Star, ti rispondo qui, perché credo che il ruolo del latte e dei suoi derivati nell’alimentazione sana interessi tutti, non solo i lacto-ovo-vegetariani. Come sai, sul web si trovano le tesi più balzane: grazie all'anonimato, all’assenza di controlli scientifici e smentite, è il luogo ideale per i propagandisti e i fanatici in ogni campo. E spesso vengono allegati per dare maggiore credibilità alle tesi anche studi "scientifici" apparentemente seri. Bisogna essere esperti per accorgersi che molti di quei studi sono poco fondati e discutibili.

LA CAMPAGNA ANTI-LATTE E’ TUTTA UNA BALLA. MA CHI C’E’ DIETRO? Nessuna delle accuse diffuse dai siti web, opuscoli e libri al latte e ai formaggi è fondata. Il latte e i latticini suoi derivati danno solo vantaggi e salute. Non hanno neanche quei piccoli difetti dei vegetali, che per difendersi come piante devono sintetizzare sostanze tossiche. L’unico “difetto” che hanno, lo hanno allo stesso modo tutti gli alimenti: in eccesso fanno male. Anche l’acqua: con 8 o 10 litri bevuti tutti insieme o 40 o più bevuti in una giornata, si può morire. Una rapida intervista al nutrizionista Andrea Ghiselli (capo ricercatore Cra-ex Inran), che malgrado sia per carattere di poche parole, spazza via tutte le sciocche fissazioni, gli incubi pseudo-salutistici, le mistificazioni pseudo-scientifiche (p.es. il vizio di portare come “prova” studi scientifici non capiti, che in realtà dicono altro) e la voluta, dolosa, disinformazione anti-latticini oggi in voga. Campagna che – Ghiselli non lo sa, ma noi conosciamo i nostri polli – deriva dalla vecchia propaganda dei macrobiotici, che però erano e sono dei signori moderati al confronto con gli scatenati vegan più ultrà di oggi, quelli che come i missionari cattolici hanno un solo scopo nella vita: “convertire le anime”. Ma vorremmo tanto sapere: che cosa ci guadagnano? La presunta “verità” scientifica? No, perché odiano la scienza. E allora, a essere maliziosi ci si indovina: forse hanno il compito di facilitare i lauti commerci dei produttori di integratori e cibi speciali per vegan? Questa, benché losca, sarebbe almeno una giustificazione razionale.

STUDI CHE NON TENGONO CONTO DELL'INTERA DIETA. Per esempio, gli studi statistici fondati su questionari complessivi ("Quali di questi alimenti lei ha consumato nell’ultima settimana?"), cioè sui ricordi delle persone, senza nessun controllo, non sono sempre fondati. Non so se è lo stesso a cui accenni, ma ne ricordo uno che metteva insieme tutti i consumi di una persona senza discriminare. Una donna, per ipotesi, ha dichiarato di consumare 3-4 bicchieri di latte al giorno? Ciò basta ai ricercatori. Senza porsi il problema della dieta generale, cioè il fatto che la stessa donna abbia consumato – per esempio estremo – anche salsicce grasse, bacon, lardo, burro, patatine fritte, cereali raffinati in abbondanza, dolci, bevande zuccherate, e per di più pochissima frutta e verdura. E’ chiaro che questa persona avrà rischi molto più alti: ma sarà proprio colpa dei 3-4 bicchieri di latte, che oltretutto sono quasi al 90 per cento acqua? No di certo, come infatti dimostrano alcuni studi sotto riportati.

FORMAGGIO SI’, MA IN UNA DIETA GIUSTA. Poniamo il caso di una persona che consumi 100 g di formaggio al giorno. Sembra eccessivo, ma in realtà può essere ancora normale se la stessa persona, poniamo, vegetariana, non assume nessun’altra fonte grassa animale, dal latte al burro, e ha una dieta stracolma di frutta, verdura, cereali integrali, legumi. Quel formaggio, invece, se è aggiunto ai cibi grassi e alla carenza di antiossidanti descritti sopra, potrebbe costituire un elemento, tra gli altri, d’una dieta grassa, sovrabbondante, sbilanciata e rischiosa. Ecco, semplificando in modo banale e rozzo, i rischi interpretativi di studi basati sulle dichiarazioni postume o preventive dei soggetti, in cui non si tiene conto della dieta nel suo complesso, ma soltanto di un alimento o gruppo di alimenti simili. Perciò rischiano di essere poco indicativi tutti gli studi in cui si isola il fattore latte e latticini.

NON C’E’ UN SOLO STUDIO SERIO CHE DEMONIZZI LATTE E LATTICINI IN QUANTO TALI. In realtà, nella letteratura scientifica, ci sono molti studi affidabili che collegano giustamente gli eccessi di grassi saturi (che i lipidi dei latticini contengono per circa due terzi) al maggior rischio di tumori (prostata, seno, utero o colon-retto che sia). E invece, non c'è un solo studio serio che demonizzi il latte e i latticini in quanto tali. Tanto più che non si tratta di alimenti nuovi, moderni, ma antichi quanto l’Uomo. E non risulta che gli antichi pastori fossero grassi, malati di cuore o morissero di cancro in massa. Anzi, per millenni latte e latticini sono stati considerati "cibo della salute", preventivo. E perfino oggi, in tempi sedentari, mai letto in nessuno studio che i "formaggi fanno ingrassare", o "sono dannosi", se sono inseriti in una dieta corretta e moderata, come giustamente fa notare l'Inran nei suoi consigli al pubblico. Il problema, dunque, è la dieta complessiva, non il latte.

LE PORZIONI DI LATTICINI DELLA PIRAMIDE UFFICIALE. Ma torniamo con i piedi per terra. La recente Piramide Alimentare Italiana realizzata dall’Istituto di Scienza dell’Alimentazione dell’Università di Roma "La Sapienza" per incarico ufficiale dello Stato (2003) consiglia ogni giorno, nella variante grafica quotidiana, 2-3 porzioni tra latte-yogurt-latticini freschi-ricotta-formaggi stagionati. Le porzioni sono standardizzate: 125 g di latte o yogurt, 100 per i formaggi freschi o molli (stracchino, taleggio, ricotta), 50 g per quelli stagionati (parmigiano, pecorino secco, provolone stagionato ecc.). In particolare, nella grafica settimanale, la Piramide Alimentare Italiana consiglia 2 porzioni al giorno tra latte e yogurt (quindi 14 pz/settimana), più 4 pz/settimana di formaggi, evidentemente tra molli e duri. In totale, quindi 18 porzioni a settimana, "al massimo". Il che, sembra di capire, vuol dire che è possibile risparmiare qualche porzione.

LE PORZIONI NELLA PIRAMIDE DELL’ALIMENTAZIONE NATURALE. Stando alla continuità millenaria della Tradizione e alla Scienza moderna dell’Alimentazione, dico anch’io sì a latte e latticini ogni giorno, ma in moderate quantità. Chi vuole, può dare un’interpretazione prudente e preventiva delle porzioni. Nella Piramide dell’Alimentazione Naturale mi sono permesso di suggerire qualcosa di meno della Piramide ufficiale: 1-2 porzioni al giorno, cioè 2 bicchieri di 125 ml di latte (anche intero, vista l’esiguità della dose), o 1 bicchiere di latte e 1 vasetto di yogurt (di qualsiasi tipo). Non in aggiunta, ma in alternativa alla seconda porzione, di tanto in tanto anche 1 porzione di formaggi teneri o stagionati. Per ragazzi e adolescenti, invece, potrebbe andar bene il valore consigliato dalla Piramide Italiana: 2-3 porzioni al giorno.
E il frullato di latte e frutta, la crema di latte e cioccolato. o il gelato? Vanno considerate regolari porzioni di latticini (e anche di zuccheri semplici).

Ma, quello che conta è la somma totale dei grassi saturi, la qualità dei singoli grassi saturi, e soprattutto una dieta generale sana, naturale e moderata, povera di grassi saturi, tanto più se cotti, ricca ogni giorno di verdure e frutta (6 porzioni almeno), legumi, cereali integrali, olio d’oliva e semi oleosi, molto ricchi di acidi grassi polinsaturi. E per chi non è vegetariano, anche 3-4 pz di pesce a settimana, soprattutto pesce azzurro (sgombro, alici, sarde ecc.). Un regime alimentare del genere è ricco di antiossidanti naturali e svolge nel suo complesso un’azione preventiva, o è comunque a basso rischio. Anche con la presenza costante ma moderata (oppure più consistente, ma a giorni alterni) di latte, latticini freschi, ricotta e formaggi. Nello stile di vita anti-cancro ci sono anche le scelte del non-fumo e dell'esercizio fisico regolare (min. 45-60 min 3 volte a settimana).

LA GUIDA DELL’ISTITUTO DELLA NUTRIZIONE (INRAN). Tre brevi monografie comprensibili a tutti, con descrizione, caratteristiche e valori nutrizionali, più considerazioni critiche e dietologiche, sono dedicate dall’Inran al latte, allo yogurt, e ai formaggi. Prego di leggerle. Per i pignoli ci sono anche i riferimenti bibliografici. Se ne ricava, tra l’altro, che si tratta di tre gruppi di alimenti dall’altissimo valore biologico delle proteine (superiore alla carne e secondo solo all’uovo), il cui colesterolo non deve preoccupare, visto che per la maggior parte questa importante sostanza viene sintetizzata dal nostro organismo.

Per inciso, aggiungiamo, del colesterolo presente nel cibo il corpo trattiene in media appena il 10 per cento, come si rileva dagli studi sperimentali e come si è visto nell’uomo in caso di consumi eccessivi di uova da parte di soggetti sani. Ma il colesterolo, che esiste come protettivo nell’organismo, è davvero il problema? Oggi ne dubitano perfino i ricercatori che nei decenni scorsi hanno enfatizzato come il più significativo degli indicatori di rischio. E allora quale sarebbe il “misterioso” composto chimico così dannoso di latte, latticini o formaggi?

I latticini sono anche un’ottima, proverbiale, fonte di calcio molto assimilabile (anche se è controverso che questo calcio da solo serva a prevenire l'osteoporosi), di vitamina A retinolo-equivalente e di vitamina D. Queste vitamine liposolubili (solubili nei grassi) sono presenti nella parte grassa, quindi i latti e yogurt magri ne sono quasi privi. In quanto, poi, alla qualità dei grassi di latte e latticini, va detto che comprendono anche una piccola ma notevole quantità di acidi grassi monoinsaturi (quelli che abbondano nell'olio di oliva) e che tra i grassi saturi ne hanno alcuni "a catena corta", tra cui uno tipico, l'acido butirrico, gli stessi che si producono nel colon ad opera della fermentazione batterica delle fibre, riconosciuta dalla scienza come benefica e protettiva.

RACCOMANDAZIONI SUL LATTE NEGLI STATI UNITI E IN ITALIA. Sono ancora alte le raccomandazioni della Sanità Pubblica americana per il latte, sia per gli adulti, insieme ad un maggior consumo di vegetali e cereali integrali, sia per bambini e adolescenti. In pratica sono consigliate tre "tazze" (quasi 700 ml) di latte scremato o parzialmente scremato al giorno, o equivalenti prodotti derivati dal latte. E' tanto. La differenza col passato è che ora il latte lo si consiglia scremato del tutto o parzialmente. Il consumo di latte è la seconda raccomandazione, dopo quella dei cereali integrali, per bambini e adolescenti:

"Key Recommendations for Specific Population Groups Children and adolescents". Consume whole-grain products often; at least half the grains should be whole grains. Children 2 to 8 years should consume 2 cups per day of fat-free or low-fat milk or equivalent milk products. Children 9 years of age and older shouldconsume 3 cups per day of fat-free or low-fat milk or equivalent milk products".

Noi, invece, ci limitiamo a molto meno. Anche perché il "bicchiere" (125 ml) di latte è capiente quasi la metà della famosa scodella americana, la vera "American Cup" (ben 230 ml). E quindi la raccomandazione di 1-2 porzioni (bicchieri o vasetti da 125 ml) di latte o yogurt per gli adulti, e 2-3 porzioni per i ragazzi, al giorno è la metà di quella per i ragazzi americani.

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RIFERIMENTI

CRITICA: “NON E’ VERO CHE SOLO IL LATTE DA’ CALCIO ASSIMILABILE”. Una delle tante critiche dei siti anti-latte, che spesso citano malamente questo articolo della School of Public Health dell’Università di Harvard, cade quando lo si legge. In realtà, è sì un articolo di tendenza, giustamente critico con l’abuso (eccesso) di latte e formaggi, ma essendo di origine universitaria è abbastanza moderato: ricorda, per quanto riguarda il calcio, che esistono anche altre fonti, come quelle vegetali (cavoli, broccoletti ecc.) che contrariamente a quanto si ripete danno un calcio assimilabile (e, anzi, se è per questo, anche l’acqua di acquedotto o in bottiglia – si è scoperto – contiene calcio assimilabile, v. articolo), e si raccomanda di evitare l’eccesso di formaggi, perché troppo ricchi di grassi saturi e retinolo, il che non avvantaggia paradossalmente le ossa. Certo, ma ricordiamo che è corretto considerare se esiste o no eccesso di proteine e grassi osservando l’intera dieta, non un singolo alimento. Alla fine della sintesi c’è il link all’articolo completo.

REVIEW SU MOLTI STUDI: NESSUN LEGAME TRA LATTE E TUMORE AL SENO. Un importante studio pubblicato nel 2004 dalla principale rivista scientifica di nutrizione clinica al mondo, realizzato da PG Moorman and PD Terry come review o rassegna critica di centinaia di studi precedenti ("Consumption of dairy products and the risk of breast cancer: a review of the literature, Am J Clin Nutr, 80, 1, 5-14, July 2004), ha escluso una associazione epidemiologica determinante tra consumo di latte e formaggi e il cancro al seno.

NESSUN RAPPORTO TRA LATTE, MALATTIE DI CUORE E MORTALITA’. Sfata le leggende terroristiche dei siti di internet anche lo studio epidemiologico di A R Ness, G Davey Smith, C Hart ("Milk, coronary heart disease and mortality", Epidem. Comm. Health 55:379-382 (June 2001) che ha studiato su 5765 uomini di 35-64 anni l’associazione tra il consumo di latte e la mortalità cardiovascolare e per tutte le cause. Nel questionario si andava da una minoranza estrema (2,6%) che beveva più di una pinta (568 ml) e mezzo di latte al giorno, al 51.6% che beveva tra un terzo di pinta a una pinta e un terzo, fino al 48% che beveva meno di un terzo di pinta di latte al giorno. Quindi una varietà estrema. Dopo 25 anni ci furono 2350 morti, di cui 892 per malattie cardiovascolari. Ebbene, dopo studi e raffronti le conclusioni sono state che il rischio relativo tra chi beveva pochissimo o nulla e chi tantissimo latte era simile. Le conclusioni sono state che "Non è stata trovata alcuna evidenza che gli uomini che consumavano latte ogni giorno, ai tempi in cui il latte era quasi tutto intero, avevano un rischio aumentato di morte (cardiaca e per ogni causa).

QUANDO LE PORZIONI SONO ECCESSIVE E IL LATTE E’ INSERITO IN UNA DIETA NON SPECIFICATA (FORSE GRASSA?). L’ipotesi di lavoro era che alti consumi di latte, formaggi e lattosio possano aumentare il rischio di cancro ovarico. Lo studio su questionario autogestito da 61.084 donne di 38-76 anni "Milk and lactose intakes and ovarian cancer risk in the Swedish Mammography Cohort", di SC Larsson, L Bergkvist e A Wolk (Am J Clin Nutr 80, No. 5, 1353-1357, November 2004) ha trovato, stando alle indicazioni delle donne nel questionario preventivo, che quelle che consumavano più di 4 pz al giorno di "latticini" – una  categoria statistica assurda: non distingue tra 4 bicchieri di latte e 700 g di formaggi al giorno – avevano un rischio di cancro ovarico sieroso doppio di quelle che ne consumavano meno di 2 al giorno. Il che appare sensato. Nessuna associazione è invece stata trovata tra i latticini e altri tipi di cancro ovarico.

STUDIO SULL'INTERA POPOLAZIONE DI 38 PAESI. NON IL LATTE, MA L'INTERA DIETA, HA INFLUENZA SUL CANCRO. Non è chiaro se il consumo di latte è associato al rischio di tumori di prostata, seno e colon-retto. Lo studio di J Zhang e H Kesteloot "Milk consumption in relation to incidence of prostate, breast, colon, and rectal cancers: is there an independent effect?" (Nutr Cancer. 2005; 53 (1): 65-72) cerca proprio di provare tale rischio. Premesso che il latte contiene una grande varietà di sostanze nutritive, ormoni e contaminanti, sono stati studiati e messi a confronto statistico i dati sul consumo di latte per 9 periodi di tempo in 38 Paesi (1964-1994) con i tassi di malattia tumorale su prostata, seno, colon-retto, forniti da FAO e OMS. In effetti, in un primo momento, confrontando superficialmente i dati grezzi, sembrava che il consumo di latte fosse fortemente correlato al tumore della prostata e del seno in tutti e 9 i periodi esaminati. E appariva anche una correlazione modesta col cancro al colon-retto in entrambi i sessi. E la correlazione era confermata anche tenendo conto del consumo nelle popolazioni di vegetali, alcol e fumo. Qualche ricercatore si sarebbe fermato qui, proclamando che "il latte fa venire il cancro". Senonché, la correlazione era cancellata non appena si teneva conto del consumo degli altri grassi consumati (cioè dei grassi non da latticini), eccetto che per il cancro al seno negli ultimi 3 periodi di tempo su 9. Quindi un collegamento minimo, parziale e non significativo. L’eloquente conclusione, a sorpresa, è che "lo studio non può sostenere che il consumo di latte abbia un effetto sostanziale complessivo sul rischio di cancro alla prostata, al seno e al colon-retto tra l’intera popolazione". Studio molto importante: 1. perché tiene conto di tutti i grassi della dieta, e non solo dei latticini, 2. Perché si riferisce non a pochi pazienti o coorti, ma all’intera popolazione di ben 38 Paesi.

IMMAGINI. 1. Manifesto americano dei primi decenni del Novecento, quando il latte era distribuito da carri tirati da cavalli: "Bevi più latte, per la tua salute". E’ valido ancor oggi, visto che tra presunte intolleranze e campagne di disinformazione, se ne bene troppo poco. 2. Tabella nutrizionale del latte e dei latticini: si noti quanto leggeri siano latte, yogurt e ricotta. 3. The Milk Woman, la “donna del latte”, lattaia ambulante che distribuiva il latte nei villaggi tra fine Ottocento e primo Novecento.

AGGIORNATO IL 18 MAGGIO 2015

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giovedì 23 aprile 2009

BROCCOLI, crescione, rucola & C. Ma meglio crudi i glucosinolati anti-cancro.

Gli americani rubano tutto, si sa. A partire dal jeans (deformazione fonetica da “Genoa’s”), il nostro vecchio “tessuto Genova”, un tempo colorato con indaco, così indistruttibile che – logica anticonsumistica degli Antichi – in origine era destinato solo ai mantelli dei Re, ma poi divenne tipico di marinai (anche Garibaldi aveva pantaloni in tessuto Genova: sono esposti al Museo del Risorgimento, al Vittoriano) e operai. Ma anche le stesse bevande alla cola, presenti con finalità medicinali nelle farmacie d’Europa e d’Italia fino agli inizi del Novecento, al telefono (è nota la vicenda di Bell e Meucci). E una volta rubato, cioè volevo dire “riscoperto”, “valorizzato”, sùbito corrono a registrarlo. Nel loro famigerato ufficio brevetti devono assumere solo impiegati convinti che al Mondo esistano solo gli Stati Uniti. Al massimo anche il Canada e la Gran Bretagna. Così hanno reinventato la “pizza” (almeno così crede la maggioranza degli americani), così hanno “scoperto” – sostiene una vulgata alimentata da un ufficio marketing zelante e fantasioso – un “antichissimo frumento egiziano miracolosamente trovato nelle tombe dei Faraoni”! Non carbonizzato? Ebbene, grani del tutto simili a questo turanicum si coltivano ancora sulle colline del Teramano, in piena Italia. E danno pane e pasta a volontà. Altro che grano d’Egitto!
      Anche dei broccoli, che sono tipicamente italiani, hanno fatto, al solito, una bandiera abusiva, anzi una mania, non appena si sono diffusi i dati sul potere antitumorale di queste e altre verdure che in Europa si mangiano tradizionalmente, alcune almeno dal tempo dei nostri Etruschi, grandissimi agronomi sperimentali che crearono e migliorarono molte delle colture oggi più diffuse, tra cui i broccoli (Brassica oleracea, convar. Botrytis, var. Italica) e le Brassicacee in genere (tutta la numerosa famiglia dei cavoli, in latino brassica), un tempo dette Crucifere per il piccolo caratteristico fiore con i petali a croce.
      E’ fastidioso, in particolare, che anche dei broccoli abbiano fatto un mito commerciale e consumistico (ché senza consumismo gli Americani non possono vivere), con la scusa di motivazioni nutrizionali, preventive, gastronomiche. Del Re-broccolo, così, abbiamo tutto: poster, libri, inutili estratti, ridicoli integratori, perfino t-shirt. Mancano solo i dolci (ma anche per questi si staranno attrezzando…). Tossicologi e farmacologi sono attratti dall’insolita “cattiveria” dei broccoli verso le cellule cancerose, letteralmente spinte al suicidio. Ecco un nostro articolo sui broccoli, con alcuni studi scientifici.
      Ma la scienza trova sempre nuovi particolari, nuove condizioni più precise, nuove eccezioni (che la gente incolta, al solito, prende stupidamente per “smentite”: “Signora mia, ora dicono che fa bene, ora che fa male: non si sa a chi credere…”). Studi più approfonditi mostrano che queste verdure non sempre funzionano da efficace anti-cancro. Come mai? Per differenze genetiche nell’uomo che le consuma.
Intanto, un passo indietro per un miglior quadro scientifico d'insieme. Le Crucifere sono un’importante famiglia di ortaggi e verdure (cavoli, broccoli, rucola o rugola o rughetta, crescione, rapa, ravanello, broccoletti di rape o cime di rapa, cavolo-broccolo, cavolfiore, sedano-rapa, senape, rafano ecc.) caratterizzata da gusto amarognolo e leggermente piccante da crudo, e da un caratteristico sgradevole odore solforato alla cottura. I principi attivi sono gli indolo-glucosinolati, potenti pesticidi naturali con cui la pianta si difende da vermi e funghi, ma che sull’uomo hanno effetto anti-cancro.
      L’enzima mirosinasi (presente nella pianta, ma anche nel colon umano) durante la masticazione, in presenza di acqua o saliva, scinde i glucosinolati in tiocianati (come la glucobrassicina nei cavoli, gluconasturzina nel crescione, glucorafanina nel rafano e nel ravanello, e così via), che sono i veri agenti anti-cancro nell’organismo, specializzati non solo nel contrastare la formazione delle cellule cancerose, ma anche nell’attivare la fase II antitumorale inducendo le cellule cancerose già formate al suicidio programmato (apoptosi). Secondo altri studi i veri agenti antitumorali (specialmente nei carcinoma al polmone dei fumatori e cancri al colon-retto) sarebbero i successivi metaboliti dei tiocianati, come l’indolo-3-carbinolo e altri indoli.
      Questi indolo-glucosinolati hanno anche effetti secondari negativi. Un effetto inibitorio sulla secrezione dell’ormone tiroideo tiroxina da parte della tiroide, e un’azione chelante anti-iodio, nel senso che si combinano chimicamente al minerale rendendolo indisponibile. Le crucifere perciò sono considerato cibi "gozzigeni" in caso di consumi notevoli per lunghi periodi e su individui (e-o in aree geografiche) predisposti geneticamente, o a causa di carenze alimentari gravi di iodio.
      I glucosinolati e i tiocianati però sono molto ridotti dal calore (cottura). Il cattivo odore della cottura ad alto calore o prolungata sarebbe dovuto proprio alla degradazione eccessiva di questi composti indolici. Quindi, più cattivo odore si percepisce, più andranno perse nell’aria le sostanze attive degradate dalla cottura, e meno efficaci saranno le verdure dal punto di vista preventivo. La cottura breve al vapore o a coperchio chiuso riduce questo fenomeno.
       E' importante perciò consumare le poche Crucifere che si possono mangiare crude: rucola o rughetta, foglie di ravanello, crescione, cavolo rosso (o cappuccio verde-chiaro). Il crudo vuol dire porzioni di 100 g anziché 250 g, e sicuramente maggiore presenza di tiocianati anti-cancro attivi
      Ebbene, è recente la notizia che l’azione protettiva dei tiocianati non si manifesta nello stesso modo in tutti i soggetti. Diciamo che dipende anche dal patrimonio genetico individuale. A trattarne è un articolo del prestigioso American Journal of Clinical Nutrition. "In effetti – commenta il genetista Flavio Garoia dell’Università di Ferrara, interrogato dal Corriere della Sera – lo studio ha mostrato che alcuni individui, a causa di una anomalia genetica, sono sprovvisti di un enzima coinvolto nel metabolismo degli isotiocianati. Questo porterebbe ad eliminarli più velocemente nelle urine, accorciando i tempi della loro attività".
      E' vero, si parla poco di queste diversità individuali nella risposta alle sostanze naturali, come anche ai farmaci. Il metabolismo delle varie sostanze, insomma, può cambiare a seconda delle caratteristiche anatomiche, biologiche e funzionali del soggetto. Il che potrebbe spiegare perché studi su popolazioni differenti abbiano dato risultati più diversi sugli effetti antitumorali delle diete ricche di vegetali.
      E chissà che, aggiungiamo, data l’importanza dei molteplici sinergismi tra le migliaia di sostanze chimiche alimentari, anche la dieta nel suo complesso, cioè gli altri cibi che l’uomo consuma oltre alle crucifere, non condizionino l’assorbimento e quindi l’attività dei tiocianati.
      Perciò – conclude Garoia – “studiare i meccanismi genetici che condizionano la risposta individuale alle sostanze degli alimenti, sia protettive, sia cancerogene, potrebbe essere di grande aiuto per la prevenzione dei tumori”.

Ecco la sintesi dello studio, presentato al simposio del V Congresso Internazionale di Nutrizione Vegetariana, tenutosi negli Stati Uniti (Loma Linda, CA, 4-6 marzo 2008):

INTERINDIVIDUAL DIFFERENCES IN RESPONSE TO PLANT-BASED DIETS: IMPLICATIONS FOR CANCER RISK. Johanna W Lampe. Am J Clin Nutr, May 2009, vol. 89 no. 5, 1553S-1557S. Fred Hutchinson Cancer Research Center and Nutritional Sciences Program, Department of Epidemiology, University of Washington, Seattle, WA. 

Genetic differences in taste preference, food tolerance, and phytochemical absorption and metabolism all potentially influence the effect of plant-based diets on cancer risk. Diet is a mixture of carcinogens, mutagens, and protective agents, many of which are metabolized by biotransformation enzymes. Genetic polymorphisms that alter protein expression or enzyme function can modify risk. Genotypes associated with more favorable handling of carcinogens may be associated with less favorable handling of phytochemicals. For example, glutathione S-transferases detoxify polycyclic aromatic hydrocarbons and metabolize isothiocyanates, which are chemopreventive compounds in cruciferous vegetables. A polymorphism in the GSTM1 gene results in lack of GSTM1-1 protein. Pharmacokinetic studies suggest that lack of GSTM1 enzyme is associated with more rapid excretion of the isothiocyanate sulforaphane; therefore, individuals who have this genetic variation may derive less benefit from consuming cruciferous vegetables. Flavonoids are conjugated with glucuronide and sulfate and are excreted in urine and bile. Polymorphisms in UDP-glucuronosyltransferases and sulfotransferases may contribute to variability in phytochemical clearance and efficacy. Genetic polymorphisms in enzymes that metabolize phytochemicals may account in part for variation in disease risk and also have to be considered in the context of other aspects of human genetics, gut bacterial genetics, and environmental exposures.


IMMAGINI. 1. Una infiorescenza di broccolo. 2. Foglie e fiori caratteristici del crescione d'acqua (Nasturtiun officinale), la più squisita e saporita delle verdure ricche di glucosinolati. A differenza dei broccoli il crescione si può mangiare crudo in insalata o contorno.

AGGIORNATO IL 4 MAGGIO 2017

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venerdì 17 aprile 2009

LATTE CRUDO? Moda sana, in teoria. Tanti pro e un solo contro (ma decisivo).

Latte in caraffa, bicchiere, yogurt, formaggio su legno Il latte più buono della mia vita l’ho bevuto a diciotto anni in una malga estiva dell’alta Val di Susa: profumava di erbe aromatiche e aveva il gusto della panna. Dormivamo sul soppalco, e la mattina ci portavano un’enorme scodella di coccio da 3 litri colma di tiepido latte appena munto, proprio dalle vacche che avevano... passato la notte con noi nella stalla al pianterreno. Pur goloso di latte, avrei faticato a bere tutta quella delizia pannosa e aromatica, se non ci fosse stata accanto una pagnotta di buon pane nero. Si era a 2400 m. Intorno a noi solo prati verdissimi punteggiati di fiori, boschi, rocce, strapiombi. Sullo sfondo vette maestose. Il giorno dopo sarei salito sulla vetta del Rocciamelone (3600 m), la mia prima escursione.

Ebbene, oggi è sempre più difficile poter bere del buon latte crudo dei pascoli di alta montagna, e non parliamo poi di quello dei piccoli allevamenti "a misura di natura" della pianura, sul quale si appunta la severità dei burocrati della sanità pubblica, però necessari in una società di massa. La mentalità popolare è cambiata.

E specialmente nelle zone costiere del Mediterraneo, notoriamente a rischio di epidemie, la gente è diventata prudente e igienista sul latte. L’anno scorso un capraio di Heraklia (Egeo) ci offrì un litro di grasso latte di capra: l’amico greco nel ringraziarlo già dava ordine alla sua donna di accendere il fornello per farlo bollire. Neanche avesse avuto in mano una bomba batterica.

Il Ministero della Salute non può pensare alla poesia dei pascoli d’alta quota o alle greggi semibrade delle isolette. A gennaio, dopo vari episodi di infezione da latte crudo, ha dato ordine di bollire in ogni caso il latte non pastorizzato. E il mio latte della Val di Susa?
In Canada e negli Stati Uniti, poi, sul latte crudo è una vera guerra legale, politica e amministrativa tra sostenitori del "raw milk" (ci sono libri, depliant, magliette, cartelloni stradali: ormai è quasi un partito) e oppositori. In molti States ci sono proteste, azioni di disobbedienza civile, arresti, processi. Tutto perché le Autorità vogliono impedire il commercio del latte crudo.

In California la legge locale è accusata di non distinguere tra colibatteri buoni e cattivi, e quindi di non essere davvero utile alla salute. Si sta tentando, insomma, di rendere più sicuro dal punto di vista sanitario il latte crudo, prima di vietarlo del tutto, come sta accadendo in molti Stati (p.es. in Canada), dopo centinaia di casi di infezioni gravi.Latte crudo contro pastorizzato (Asl Modena 2009)

C’è chi si è perfino appellato alle libertà garantite ad ogni cittadino dalla Costituzione americana. Ma le autorità sanitarie rispondono che non sarebbe vietato bere il latte crudo, ma metterlo in commercio, cioè farlo bere agli altri e diffonderne l’uso. Un invito a comperarsi la mitica capretta da mettere in giardino? Quei romantici degli anarco-individualisti parlano già di latte "illegale" da acquistare "di contrabbando", minacciano "resistenza passiva" e azioni dimostrative, e fanno appelli contro lo "Stato sanitario autoritario". Non ditelo, vi prego, al nemico dello "Stato salutista" Antonio Martino, se no si mette, novello Socrate, a bere latte crudo in piazza Montecitorio, con in mano un libro di Rothbard.
In Italia, vista la diffusione del latte crudo, un bell’articolo delle autorità sanitarie di Modena fa il punto con chiarezza tra i pro e i contro.
Ormai la moda del latte non pastorizzato ha convinto negli ultimissimi anni decine di produttori ad esporre all’esterno della fattoria la macchina-frigorifero che distribuisce ad 1 euro un litro di latte. Ecco la mappa dei distributori in Italia.

La Weston Price Foundation, molto seguita negli Stati Uniti, ma decisamente controcorrente, ha iniziato una campagna in favore del real milk, il vero latte, cioè quello crudo, non pastorizzato. Tra le tante motivazioni adduce, curiosamente, la stessa diffusione dell’osteoporosi, della carenza di calcio tra giovani, donne e anziani, e comunque il minor peso e consistenza delle ossa a tutte le età, nonostante che il pubblico medio oggi beva molto più latte di ieri, e il latte è ricco di calcio assimilabile. Secondo la Weston Price e i crudisti, questa paradossale minore assimilazione del calcio degli alimenti che ne sono più ricchi sarebbe dovuta alla totale assenza di enzimi nel latte trattato (pastorizzato, UHT e formule da biberon) e negli alimenti derivati, come panna, formaggi ecc.

PERCHE’ CRUDO E’ MEGLIO – Ci sono tanti motivi per i sostenitori del latte crudo, per i quali il latte non trattato è da preferire: 1. Più nutriente, 2. Più saporito (quello dei pascoli alpini estivi, nelle malghe, ha il sapore di erbe, fiori e panna), comunque non ha il gusto neutro deodorato del latte industriale, 3. Contiene tutti gli anticorpi per la difesa immunitaria. 4. E’ ricco di enzimi e batteri probiotici. 5. Più facile da digerire, anche per chi ha intolleranza al lattosio. 6. La produzione di latte crudo vuole la massima igiene, il massimo benessere e il controllo di ogni singola vacca. E’ perciò incompatibile con gli allevamenti di massa senza spazi vitali, dove le vacche sono numeri anonimi, spesso malate e curate con farmaci, con igiene approssimativa ("tanto, poi, il latte viene pastorizzato…"). Vuole anche fattorie organiche in stile "agricoltura tradizionale". 7. Costa meno.

DISTRUTTI ANTICORPI E FATTORI DI DIFESA IMMUNITARIA I propugnatori del latte crudo fanno notare che il latte di vacca crudo, come quello umano, è ricco di tutti i fattori di difesa immunitaria, che i tre processi di sanitarizzazione (pastorizzazione, e ancora di più UHT e le formule per lattanti) distruggono o riducono di molto.

In particolare, sono completamente inattivati in tutti e tre i processi: linfociti, linfociti B, macrofagi, neutrofili, anticorpi IgA/IgG, B12 binding protein, gamma-interferone, fattore bifidus, fibronectina. Sono ridotti in tutti e tre i processi gli acidi grassi a catena media. Sono ridotti nel latte pastorizzato, e inattivati nell’UHT e Formula: lattoferrina, lattoperossidasi, lisozima. Infine sono ridotti nel pastorizzato e UHT, e inattivati nelle formule: oligosaccaridi/mucina A, ormoni e fattori di crescita (Sci. Am., dic. 1995. Lancet 17 nov. 1984; 2(8412):1111-1113). La presenza di questi fattori di difesa autorizza i fans del latte crudo a sostenere che è addirittura "più sicuro" di quello pastorizzato. Ad ogni modo, sostengono, questo allarmismo sanitario sul latte è ingiustificato statisticamente. Se guardiamo alle malattie legate al cibo vediamo che negli Stati Uniti, p.es. nel 1997, il latte (crudo o cotto che fosse) è stato responsabile di 2 attacchi epidemici (0,4%), che hanno coinvolto 23 soggetti (0,2%), mentre per uova, pollame, frutta, verdura e insalata i casi sono stati molto più numerosi. 15 attacchi epidemici (719 casi) per frutta e verdura, e ben 21 (1104 casi) per le insalate (MMWR, mar.2, 2000: 49 (SSO1); 1-51).

RIDOTTE LE PROPRIETA’ NUTRITIVE – Nel latte pastorizzato è ridotta l’assimilazione di calcio, folati, vit.B12 (neutralizzata la proteina che la trasporta), vit. A (la vitamina e le beta-lattoglobuline che ne favoriscono l’assorbimento intestinale sono termolabili), vit.D, i lattobacilli che favoriscono l’assimilazione dei minerali sono distrutti, il ferro a causa dell’inattivazione della lattoferrina, lo iodio. Una suggestiva ipotesi storica fa risalire all’uso del latte bollito, l’aumento dello scorbuto infantile alla fine dell’800. Fino ad allora, si sostiene, quel po’ di vit.C presente nel latte era sufficiente a prevenirlo.

E il latte crudo, oltreché immuno-protettivo, si rivela anche un potente antiossidante. Ecco le conclusioni di una tesi di laurea sul latte bovino crudo del Montefeltro (M.Toro, rel. F.Mannello, Univ. Urbino 2007):

"Il trattamento al calore, in particolare il trattamento UHT, ma anche quello HTST, provoca un decremento significativo della capacità antiossidante rispetto a quella fisiologicamente riscontrata nel latte crudo bovino. Il latte crudo bovino, quindi, se rigorosamente controllato dal punto di vista microbiologico e igienico-sanitario, risulta un alimento con proprietà antiossidanti notevoli, in grado di proteggere l’organismo umano dagli effetti dannosi dei ROS, sia esogeni che endogeni. Il latte crudo bovino contiene biocomponenti (in parte ancora da identificare) che hanno da una parte effetti altamenti nutritivi e dall’altra conferiscono una elevata protezione immunologica, hanno effetti ipotensivi, giocano un ruolo importante come agenti anti-carcinogenici, ed effetti ipolipidemici. Infine, è stata dimostrata la forte attività di protezione nei confronti dei danni ossidativi".
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MACCHE’, TUTTO FALSO: E’ UNA PERICOLOSA ROULETTE RUSSA. In realtà, replica la FDA dall’89 ad oggi più di 800 casi di intossicazione solo negli Stati Uniti sono dovuti al latte crudo, alla panna, ai formaggi o gelati fatti di latte crudo. La posizione delle Autorità sanitarie, ovunque, dagli Stati Uniti all’Italia, è duramente contraria al latte crudo. E’ una roulette russa, come le centrali nucleari: può andar bene, se tutto funziona. E allora il latte è squisito, incomparabile con quello pastorizzato. Ma chi può avere la sicurezza assoluta? E anche assicurare un rischio batterico basso a tutti i piccoli allevamenti "naturali" che producono latte crudo è difficile, sostengono. La singola vacca può anche essere pulitissima e ben curata. Molto più pulita di quelle di allevamento intensivo. Ma se qualcosa (di invisibile) va storto, se qualche microrganismo ha colonizzato i condotti esterni della mammella, ecco che il latte si inquina nel momento stesso della mungitura.

E le statistiche recenti parlano chiaro. Epidemiologi e responsabili di igiene pubblica si mettono le mani nei capelli. D’altra parte la moda del latte crudo è scattata proprio negli ultimissimi anni, e ormai si contano a centinaia intossicazioni e infezioni gravi, e perfino qualche (raro) decesso. Gli organismi più temibili sono Campyilobacter jejuni, Escherichia coli, Salmonella, Listeria ecc. Ne parla un blog sanitario dedicato all’Escherichia coli: una bambina americana ha avuto danni al sistema nervoso centrale e danni renali gravi, che hanno reso necessario un mese di ospedale con dialisi per 14 giorni e costi altissimi.
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"Eleven-year-old Lauren Herzog and 9-year-old Chris Martin both consumed raw milk produced by Organic Pastures in early September of 2006. Lauren became ill with symptoms of E. coli infection on September 6. Her illness subsequently developed into HUS, a life-threatening complication of E. coli infection that can cause kidney failure and central nervous system impairment, and she was hospitalized on September 8. Lauren suffered acute renal failure and required approximately two weeks of daily kidney dialysis. She remained hospitalized until October 18, 2006, when she was discharged with over $250,000 in medical bills" .
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Ma anche in Italia ci sono stati diversi casi gravi. L' Escherichia coli, soprattutto nei bambini, può essere devastante, come nel caso della sindrome emolitica uremica (la HUS di cui parlava il rapporto americano, qui sopra) che può portare alla dialisi, anche per tutta la vita. Nel 2007 i casi segnalati sono stati 3 (Rimini, Padova, Mantova) e nel 2008 sono stati 7 (Bolzano, Ancona, Bologna, Cremona, Mantova, Verona e Torino). Altre fonti dicono 10. Casi rari, d'accordo, ma gravissimi.

Petrini e Slow Food - si indigna giustamente la brava giornalista biologa Anna Meldolesi - ritengono insignificanti questi "pochi" casi, rispetto ai 6 milioni di litri di latte crudo venduto? Chissà che avranno da rispondere a Slow Food i bambini e i genitori dei "pochi" bambini colpiti, forse condannati per sempre alla dialisi.

Insomma, oggi certe posizioni sul latte crudo, solo apparentemente naturiste e "fondamentaliste", in realtà rischiano di apparire di comodo, cioè sospettate di essere legate all'immagine e alla notorietà di questo o quel marchio, e quindi qualcuno potrebbe accusarle di essere ciniche e pubblicitarie.

Gianna Ferretti, docente universitaria di chimica degli alimenti fa il punto scientifico nel suo blog sulle trasformazioni che potrebbero verificarsi nel latte in seguito al calore. Conferma che la temperatura moderata della pastorizzazione (appena 72°C per pochi secondi, però su strato sottile) incide poco sulle proteine principali, come la caseina, ma modifica quelle secondarie, diminuendo, ma anche aumentando l'eventuale potere allergenico. Molti gli altri spunti interessanti.

Una panoramica completa, obiettiva, razionale, documentata, che considera nella giusta prospettiva storica e scientifica il problema, è quella di Dario Bressanini sul suo blog di Le Scienze. E' lunga, esauriente, e vale la pena di leggerla, anche per i numerosi link a cui rimanda. Mi trova perfettamente d'accordo, anche perché smaschera non i naturisti, che sono sempre stati salutisti fin dai tempi antichi, ma i soliti reazionari che speculano, spesso anche per fini commerciali, sulla nostalgia del "finto naturale" d'una volta, confondendo le acque e danneggiando il vero salutismo.

Tutto sommato, lo sappiamo bene, nel "mondo felice" della società pre-industriale non erano tanto le gravi malattie degenerative a prevalere come oggi (cancro, cuore, diabete ecc), quanto le infezioni, che falcidiavano soprattutto i bambini (v. il link precedente all'articolo di Bressanini) e le donne incinte. Quelle infezioni che debilitavano e lasciavano segni per tutta la vita, o causavano centinaia di migliaia di morti premature (perfino negli Stati Uniti del 1900), così numerose da far abbassare a 30 anni circa la vita media della popolazione, che pure conteneva anche molti vecchi.

Tale era, anzi è, il potere di Escherichia coli e di altri microrganismi insidiosi e invisibili che accompagnano tutta la nostra vita. Il dottor Pasteur li ha neutralizzati, togliendo un poco del sapore, molto degli enzimi e delle difese immunitarie del latte. Sempre meno, comunque, della distruttiva bollitura in casa che in più lascia un orribile sapore di "cotto" o "bruciato".

LA POSIZIONE DEL BLOG - Questo blog di Alimentazione Naturale ha promesso di seguire insieme Tradizione e Scienza, e in caso di contrasto di seguire senza esitazioni quest’ultima. Anche perché il Naturismo storico è sempre stato per la Scienza, e non per caso si rifà al Padre della medicina, Ippocrate. Evviva il latte crudo e naturale, dunque, ma solo se la vacca o la capra è sanissima e pulitissima. Cioè se siamo fortunati e la… conosciamo di persona! Perché il giusto concetto di "naturale" si riferisce alla vita e al benessere dell’Uomo, compresi i suoi tanti batteri "amici", simbionti, senza i quali non potrebbe neanche digerire. Tollera anche un certo grado di "sana sporcizia", che rafforza le nostre difese immunitarie prevenendo probabilmente le tante allergie nei bambini. Ma non può dire sì anche ai batteri pericolosi. Perciò, nel caso che non sia possibile discriminare con certezza tra batteri fecali poco dannosi e batteri devastanti (p.es. con nuove tecnologie igieniche), il latte pastorizzato appare oggi una ragionevole e sensata mediazione. A meno che non abbiamo la fortuna, è il caso di dirlo, di frequentare una malga d’estate con vacche accuratamente controllate. E in città? Seguire le norme sanitarie, che consentono l’acquisto di latte crudo solo presso il produttore.

AGGIORNATO IL 16 MAGGIO 2015

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giovedì 16 aprile 2009

POMPELMO. Intero o in succo, evitatelo il giorno in cui prendete medicine

Come si fa a sostenere che “non è vero che gli alimenti vegetali sono dei farmaci”? Lo sono tanto che alle volte, basta mangiarne uno solo per sconvolgere un’intera cura farmacologica, come dimostrano decine di studi per il pompelmo, e in minor misura nel mapo (incrocio tra pompelmo e mandarancio). Ma altrettanto si legge da anni sulle riviste di farmacologia a proposito di quasi tutti i cibi “forti”, dall’aglio ai broccoli, e soprattutto le spezie. Ebbene questi alimenti hanno principi attivi così potenti che interferiscono in qualche modo con i farmaci.

La prima cosa che viene in mente quando si è malati è “rafforzare le difese” mangiando frutta. Rimedio popolare classico è integrare con varie spremute d’arancia. Molte donne, nonostante l’amarognolo, preferiscono il pompelmo in succo: hanno letto che non solo contiene antiossidanti, ma anche “aiuta a dimagrire”. Quest’ultima affermazione non è fondata con normali consumi casalinghi (qualche studio, però, ha provato una riduzione dell’insulina e del glucosio circolante), ma è sicuramente vera la prima.

Mangiare più frutta è una pratica sanissima, grazie ai tanti antiossidanti, vitaminici o no, come i polifenoli. Anzi, secondo le regole preventive dei Consensus scientifici, dovremmo mangiare almeno 6 porzioni tra verdura e frutta al giorno. Anziché gli inutili, dispendiosi e in alcuni casi dannosi "integratori" farmaceutici, abusivamente definiti "alimentari" (come vitamina C, estratto di acerola e altri), i frutti al naturale e gli ortaggi contengono tutte le migliaia di sostanze che madre Natura ha stabilito. E quindi, grazie alla loro azione sinergica, possono esplicare quella protezione che i singoli integratori non danno. Sono consigliate, perciò, vere e proprie piccole "diete di frutta" lungo la giornata, sia all’interno che fuori dei pasti.

Ma, attenzione, consumate pompelmo solo se non prendete nessuna medicina. Infatti, a riprova dell’attività biochimica reale della frutta, si è scoperto che alcuni polifenoli degli agrumi, come i flavonoidi naringenina, naringina e kaempferolo, più abbondanti nel pompelmo (nei quali costituiscono proprio il caratteristico sapore amarognolo), interferiscono col metabolismo di vari farmaci variandone la farmacocinetica, nel senso o di ridurne l’assimilazione o di allungarne la emivita (ovvero il tempo in cui la molecola si dimezza nel sangue). In pratica, la molecola del farmaco viene assorbita parzialmente oppure eliminata più lentamente, cioè resta più tempo nel corpo.

Che vuol dire? Che bere succo o mangiare il frutto di pompelmo mentre ci si cura con qualche farmaco è come giocare alla roulette russa: non si sa che potrebbe succedere. Il farmaco è meno efficace, oppure più efficace, ma anche più tossico di quanto già non dica il foglietto esplicativo, perché ha modo di agire più a lungo.

In pratica, è come se il paziente avesse assunto il 20, 30 o 40 per cento in più del farmaco. Un sovraddosaggio. Circostanza sempre inquietante, ma gravissima con farmaci importanti che danno già per conto proprio effetti collaterali notevoli. Nel migliore dei casi, un superlavoro per il fegato, coinvolto nella metabolizzazione della sostanza chimica. Nel peggiore, rischi di aritmie cardiache, tachicardia, cadute della pressione, perfino morte. E tutto questo per aver mangiato un solo frutto di pompelmo, giallo o rosa che sia, o anche aver bevuto una spremuta fresca o un succo conservato in cartone o bottiglia.

I flavonoidi, infatti, come tutti i polifenoli, resistono ai trattamenti industriali. E due ore prima o dopo non bastano al diabolico pompelmo. Sembra che l’attività sinergica o antagonistica del pompelmo duri per un’intera giornata. Basta consumare un frutto o un succo soltanto per ridurre o prolungare l’attività di molti farmaci presi nelle 24 ore, all’incirca.

La naringenina e gli altri flavonoidi del pompelmo, infatti, possono avere un’attività duplice. Riducono nell’intestino il livello dei coenzimi del gruppo P450, come CYP3A4, che dovrebbero metabolizzare i farmaci (uno studio di Paul B. Watkins della Università del Nord Carolina si riferisce alla molecola bergamottina e al suo derivato metabolico dihydroxybergamottina, probabilmente sinonimi dei flavonoidi citati). Ma si è visto anche che questi flavonoidi bloccano l’enzima OATP1A2, fondamentale nel trasportare i farmaci dall’intestino al circolo sanguigno, che presiede cioè al loro assorbimento reale.

Per ora sono chiari solo gli svantaggi del pompelmo durante le cure coi farmaci. Ma in futuro, ad esser certi del "titolo" in polifenoli attivi sulla farmacocinetica del singolo farmaco (problematico, perché ogni frutto ha quantità leggermente diverse), si potrebbero delineare anche dei "vantaggi". Se il pompelmo prolunga l’attività dei farmaci, potremmo programmare teoricamente un "risparmio" corrispondente delle medicine. In sostanza, avvertendo il medico o il farmacista che si intende consumare o che già si è consumato del pompelmo, potrebbe essere consentito assumere "meno farmaco".

Il che, a proposito, vale anche per il caffè: visto che la naringina del pompelmo riduce l’eliminazione metabolica della caffeina del 23 per cento, buon senso vorrebbe fin d’ora che chi mangia o beve pompelmo riducesse di un quinto caffè, tè e Coca Cola nella giornata. E i bronchitici cronici stiano attenti, perché anche la teofillina (tè, farmaci broncodilatatori) resta più a lungo nel sangue, ed ha potenti effetti diuretici.

Quali sono i farmaci che i flavonoidi del pompelmo rendono meno eliminabili dal corpo? Numerosi e diffusi, perché riguardano allergie, cuore e infezioni: alcuni antiaritmici, antibiotici, antistaminici, ansiolitici, calcioantagonisti, statine anticolesterolo, steroidi, inibitori delle proteasi di HIV, immunosoppressori, neurofarmaci, chemioterapici, anoressizzanti, teofillina, metadone, warfarina, sildenafil ecc.

In questi casi aumenta la tossicità del farmaco con rischi di insufficienza epatica, aritmia cardiaca, tachicardia, ipotensione ecc. I prontuari farmacologici di farmacisti e medici, che vanno sempre consultati nel caso assumiate pompelmo durante una cura, prevedono queste interferenze gravi tra pompelmo e farmaci.

Ad ogni modo, il consiglio prudenziale, quando siete in cura, è quello di non bere mai succo di pompelmo né mangiarne il frutto al naturale, e di andarci piano anche con le arance, specie col succo industriale di arance, al quale potrebbe essere stato aggiunta arancia amara. Lo stesso vale per i ghiottoni di marmellate di arance amare all’inglese o di pompelmo nella colazione del mattino (sostituirle con miele). In attesa di dati sicuri su arance e mandarini, meglio limitarsi a 1-2 al giorno, e semmai sostituirle col kiwi, altri frutti, e con le insalate fresche verdi o colorate.

Qualche notizia interessante sui rischi di interazioni pompelmo-farmaci si trova anche nel sito di farmaco-vigilanza. Qui di seguito, invece, un articolo divulgativo di Ettore Saffi Giustini sul Corriere della Sera: del 12 aprile 2009:
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Farmaci. Rischio interferenze
POMPELMO E PILLOLE, COPPIA IN CRISI
Effetti collaterali. Mix pericolosi con calcio-antagonisti e benzodiazepine

Il caso riportato dalla stampa nei giorni scorsi di una signora americana, predisposta geneticamente alla trombosi, che ha rischiato di perdere un gamba per un grosso coagulo in una vena in seguito alla «dieta del pompelmo» associata alla pillola contraccettiva (che aumenta questo tipo di rischio) ha riproposto il problema delle interazioni del frutto con i farmaci.
Problema scoperto nel 1991 e oggi ben noto, visto che il succo di pompelmo inibisce a livello delle cellule che tappezzano la parete intestinale (enterociti) due enzimi, la glicoproteina-P e il CYP3A4P, mentre non agisce su quest' ultimo a livello del fegato.
Le interazioni del succo di pompelmo sono state studiate con i farmaci per abbassare la pressione detti calcio-antagonisti (come la felodipina e la nifedipina), ma ne sono state trovate di significative anche con alcune statine (utilizzate per normalizzare il colesterolo), in particolare con la simvastatina, e con l' atorvastatina. Il pompelmo interagisce anche con le benzodiazepine (ad esempio, midazolam e triazolam) che sono tranquillanti, con la ciclosporina, una molecola contro il rigetto, e con il saquinavir, impiegato nell' Aids.
Chiaramente questo non è l' elenco completo: altri farmaci possono interagire con il pompelmo, ma non sono stati studiati. E' sufficiente un solo bicchiere (250 ml) di succo per indurre variazioni nelle concentrazioni plasmatiche di questi medicinali di entità simile a quelli indotti dal consumo di quantità più elevate (2-3 bicchieri di succo concentrato) La maggior parte degli studi realizzati ha valutato il succo del pompelmo, eventualmente in forma concentrata.
È stato riportato, però, che anche gli spicchi frullati e un estratto della buccia causano un aumento della biodisponibilità della felodipina. È quindi probabile che interazioni analoghe a quelle indotte dal succo si presentino anche in seguito ad ingestione del frutto intero. Si è ipotizzato che una varietà amara di arancia (Seville) possa interferire, analogamente al pompelmo, con il metabolismo di alcuni farmaci, sebbene non sia ancora conosciuta la rilevanza clinica di tale interazione.
Inoltre, una nota informativa del Ministero della Salute canadese consiglia cautela anche nel consumo di mapo (un ibrido tra pompelmo e mandarancio). Agrumi sicuri, privi di effetti sul CYP3A4, sono invece le arance, i limoni e i mandaranci.

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mercoledì 1 aprile 2009

IL NOME DELLA COSA. Ippocratica, naturista, salutista, o "naturale"?

La storica I ed. (giugno 1980, pp.300). La Scienza finalmente cominciava a studiare gli alimenti dando ragione ai naturisti. E sugli studi scientifici puntai nella 2.ed. (copertina con la mela rossa di una rara edizione per il Club degli Editori) e nella 3.ed. (1992-2001) che trasformarono il libro in un manuale di 760 pagine.
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COME NACQUE "L'ALIMENTAZIONE NATURALE"
Naturalmente, l'alimentazione naturale dell'Uomo, nel senso antropologico ed evolutivo che oggi diamo all'espressione, è sempre esistita. Ma non aveva un nome. Quando dal dicembre 1979 al marzo 1980 scrissi per la Mondadori la I ed. del manuale "L’Alimentazione Naturale", che sarebbe apparso in libreria nel giugno 1980, ero ben consapevole che stavo inventando il "nome della cosa", e quindi la materia stessa.
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QUALE NOME?
A quei tempi, ricordo bene, non esisteva l'espressione né il concetto di "alimentazione naturale". I nomi esistenti erano "cibo sano" o "alimenti sani" (genericamente, da Ufficio d’Igiene, NAS o Istituto Superiore di Sanità), alimentazione tradizionale o contadina o antica o mediterranea, "dieta ippocratica" per i colti umanisti , che per noi naturisti diventava "regime naturista" o "alimentazione naturista", il vegetarismo o "dieta pitagorica" (che allora si chiamava erroneamente "vegetarianesimo"; fui io in articoli e conferenze a imporre il più corretto "vegetarismo"), la sottospecie vegetalismo, la dieta macrobiotica, ma qualcuno parlava anche di cibi o alimenti naturali, nel senso di semplici, non industriali o artefatti, e una cuoca scrisse un ricettario coi cibi "integrali".
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L’ALIMENTAZIONE "NATURISTA" SAREBBE STATO MEGLIO, MA...

Non esisteva il nome di un intero regime alimentare ippocratico ma modernizzato dalla Scienza come lo intendevo io. O meglio, il nome corretto del regime alimentare "naturale" per l’Uomo, inventato dai nostri progenitori per prove ed errori tenendo conto di quello che offriva il terreno e il clima intorno, e quindi secondo Ippocrate, gli Antichi, l'ippocratismo e i naturisti ippocratici, anche preventivo e curativo ("Il cibo ti sia medicina, e la medicina cibo"), sarebbe stato, riportato ai nostri tempi, senza dubbio "Alimentazione Naturista". E così la chiamavamo all’interno della mia LeNa, la Lega Naturista, fondata da me nel 1975, primo club ecologista in Italia. E il termine aveva anche dei sinonimi allora accettati: il Naturismo era anche, ovviamente, salutista e igienista. Ma mettendomi dalla parte della gente furono da me giudicati semantemi troppo privativi e spartani, cioè negativi per un grande e popolare libro-manifesto.
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L'INTUIZIONE DAGLI "ERRORI" DEGLI ALTRI
Così, mentre scrivevo il libro cambiai titolo, dopo aver fatto un test su mia nonna. Naturista era troppo difficile perché si rifaceva al Naturismo, movimento filosofico e scientifico che prendeva le mosse da Ippocrate, meglio il più vago e ambiguo "naturale": come inesattamente avevano scritto pochi scrittori naturisti del Novecento, e poi il medico Luciano Pecchiai in alcuni articoli sul Corriere ("alimenti naturali" e "alimentazione naturale") e in un libriccino Sonzogno il medico Renzo Pellati ("I cibi naturali"), entrambi negli anni 70.
Così facendo violenza alla definizione scientifica "naturista" scelsi il vago ma eufonico "Alimentazione naturale". Per fortuna imparai subito a rispondere all'inevitabile semplificazione degli ingenui che la identificavano con la Natura: invece era "naturale per l'uomo", il suo regime elettivo nei millenni. Così, feci di necessità virtù. Trasportata nell'antropologia, la definizione divenne più scientifica di "naturista".
Comunque, era la prima volta che usciva un libro con questo nome. E fu un libro di grande successo per vent'anni, un libro che al suo apparire fece epoca, divenne livre de chevet e libro di culto, con molta meraviglia (e un po' di autoironia laica) da parte dell'autore, che non ama i Miti. Ma per la prima volta aprì gli occhi a tutti, compresi molti intellettuali, scrittori e ambientalisti (da Dacia Maraini a Grazia Francescato, a Fulco Pratesi, e così via). E il titolo del libro dette il nome all'intera materia.
Un nome così bello che se ne impossessarono ditte, cooperative, erboristerie, ristoranti, finti esperti, furbi di ogni risma che ne approfittarono per metterci dentro le loro idee balzane. Oggi per "alimentazione naturale" i depliant finto-scientifici delle ditte produttrici e molti siti di internet danno a intendere gli... integratori. Cioè una dieta farmacologica: il massimo dell'artificiale.
Se avessi saputo l'uso mistificatorio, commerciale, sottoculturale, parziale o ideologico che qualcuno ne avrebbe fatto, avrei registrato il logo, allora che si poteva.

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