domenica 19 luglio 2009

DIETA MEDITERRANEA. Quali cibi risultano in realtà i più protettivi.

Si discute da anni sul "segreto" della cosiddetta dieta mediterranea, ovvero su quali nutrienti o alimenti siano alla base del suo successo epidemiologico. Basti dire che singoli alimenti "mediterranei" sono stati importati nelle diete di altri Paesi, ma con limitati vantaggi. Molti americani, per esempio, credono che basti abbuffarsi di pizza o spaghetti per adottare uno stile salutare.
      Non è vero, ovviamente. Del resto, mai in passato, un passato povero, cioè nei tempi lontani in cui si formò per prove ed errori quella che chiamiamo "dieta mediterranea" (civiltà etrusco-romana dei primi secoli, dal 1000 aC), l’Uomo aveva esagerato con i consumi dei cereali raffinati come fa oggi. L’unico cereale consumato sempre spoglio – perché piccolissimo, duro e altrimenti immangiabile – era il miglio (cotto nel latte come puls fitilla, il primo piatto nazionale romano). Tutti gli altri (orzo, farro grande, farro piccolo, grano duro e tenero) erano integrali o conservano parte del rivestimento per i metodi rudimentali di spogliatura (per i grani "vestiti" come orzo e farro perfino la tostatura al forno).
      Oggi, invece, nei Paesi mediterranei c’è un eccesso di carboidrati, e tratti da cereali raffinatissimi. Basti dire che ovunque il pane si fa con la farina 00, neanche con la 0, o tantomeno con la 1 o 2, sparite dal mercato.
      In Grecia l’obesità diffusa è anche conseguenza della frequenza e quantità eccessiva delle porzioni di pastasciutta (raffinata, certo), più che doppie di quelle italiane. Gli studi scientifici, poi, una volta danno importanza determinante al pesce, magari attaccandosi agli acidi grassi polinsaturi omega-3, un’altra alla frutta, un’altra ancora alla scarsità di carni, un’altra ancora addirittura al vino rosso.
      Una recente ricerca pubblicata a luglio su British Medical Journal, sulla base del grande studio internazionale EPIC, ha infatti dimostrato che certi alimenti che l’uomo della strada ritiene tipicamente mediterranei, come la pasta, sono in realtà ininfluenti dal punto di vista protettivo. Cosa che abbiamo sempre sostenuto: sarebbero protettivi, come gli studi hanno dimostrato, solo se fossero integrali.
      Il fatto è che la gente considera le ricette, la gastronomia, come tipica dieta mediterranea, mentre dovrebbe considerare i nutrienti, i principi attivi degli alimenti. Perché gli spaghetti raffinati dovrebbero "far bene"? Che cosa contengono di speciale?
      Le verdure, al contrario, poiché non è possibile raffinarle (però qualcosa si tenta: si "imbiancano" lattughe e radicchio per renderli rispettivamente più tenere e più rossi), conservano tutti i loro abbondanti principi attivi. E infatti la ricerca ha dato rilievo alle verdure. Anche se poi bisogna vedere come vengono cucinate (nel sud del Mediterraneo sono spesso cotte, troppo cotte, e con olio cotto. Il che ne riduce i benefici effetti.
      La ricerca pubblicata da BMJ (si veda qui lo studio integrale), è stata condotta dall' Harvard School of Public Health di Boston e dall' Università di Atene, ed ha seguito per oltre otto anni più di 23 mila adulti sani, fra i 20 e gli 86 anni, secondo 9 alimenti tipici dello stile alimentare mediterraneo: verdure, legumi, frutta fresca e semi oleosi, latticini, cereali, carne, pesce, olio d' oliva, alcol. Sempre tenendo presente le componenti nutrizionali. Per esempio non si è andati a calcolare quanto olio si consumava, ma qual era il rapporto tra acidi grassi monoinsaturi e saturi (questi ultimi prevalenti nei grassi di origine animale).
      Registrando il consumo di questi alimenti, è stato calcolata l'aderenza alla dieta mediterranea secondo un punteggio. Per esempio, un punto per l'uso abbondante di alimenti come frutta e verdura (protettivi) e zero per il forte consumo di carne, insaccati e latticini, non protettivi e non tipici della dieta mediterranea. Sommando questi valori si è ricavato un punteggio fra 0 e 9 scores. E’ stato così che i ricercatori hanno notato che ad un aumento di appena 2 punti corrispondeva già una notevole riduzione della mortalità (14 per cento).
      E l’apporto protettivo dei singoli alimenti, cioè il loro contributo ai benefici effetti complessivi della dieta mediterranea? Questa ricerca li ha quantificati così: ridotto consumo di alcol (vino bevuto solo ai pasti e in piccola quantità) 23,5 per cento, basso consumo di carne e salumi 16,6 per cento, alto consumo di verdure e ortaggi 16,2 per cento, alto consumo di frutta fresca e in guscio (semi oleosi) 11,2, forte prevalenza degli acidi grassi monoinsaturi (abbondanti nell’olio d' oliva) su quelli saturi (grassi animali) 10,6 per cento, alto consumo di legumi 9,7 per cento. E la tanto pubblicizzata pasta, e i cereali? Minimo, invece, il loro contributo protettivo. E lo crediamo bene: sono quasi sempre raffinati. Non significativo nanche il fattore protettivo di latticini e pesce, questi ultimi poco consumati dal campione di soggetti osservato.
      Una ricerca certamente discutibile. Ci piacerebbe sapere con quali criteri selettivi è stata scelta la popolazione campione, visto che sappiamo bene che in Grecia, ovunque, oggi si mangia in ben altro modo che secondo la dieta mediterranea. Si osserva regolarmente un eccesso di carboidrati da cereali raffinati e zucchero, tanto zucchero, un eccesso di formaggi (porzioni enormi di feta e yogurt ogni giorno) e carni, inesistente o raro uso dei legumi, scarsità estrema di verdure fresche, verdure cotte in olio, pochissima frutta fresca, notevole quantità di alcol (birra, e anche distillati come ouzo e raki molto diffusi e d’uso quotidiano). La popolazione è patologicamente grassa, la più grassa d’Europa: basta camminare in strada, prima di leggere le statistiche mediche. Oltre all’obesità, diabete, malattie cardiovascolari e tumori mietono vittime come in pochi altri Paesi. I medici greci sono disperati. Ebbene, come si fa in queste condizioni a parlare di "dieta mediterranea" e addirittura a condurre trionfalmente studi che ne dimostrano l’efficacia su terra greca?
Insomma, una ricerca non lontana dal vero per altri Paesi del Mediterraneo (Italia), ma poco credibile in Grecia, conoscendo la Grecia. Del resto, anche nelle ricerche scientifiche, tutto si può dimostrare scegliendo il campione di soggetti giusti.
      Ad ogni modo, sia pure su "quei" soggetti opportunamente selezionati, è confermato il valore protettivo della cosiddetta dieta mediterranea, anche nella versione stilizzata e raffinata di oggi. Ben altro sarebbe stato il grado di protezione se si fosse potuto ricorrere in modo massiccio ai cereali integrali. In Grecia, per la verità, sono presenti ancora come residui tradizionali nella popolazione anziana e rurale (paximadia di orzo, che sono fette di pane ricotto al forno come le freselle pugliesi, e in speciali ricorrenze il grano cotto nel latte), ma non bastano a fare statistica.
      "Aderire alla dieta mediterranea – ha commentato Francesco Sofi, ricercatore di Nutrizione clinica, all' Università di Firenze, interrogato da Carla Favaro del Corriere della Sera - determina senza ombra di dubbio una riduzione del rischio di malattia e di mortalità. Questo avviene sia nei Paesi mediterranei sia in Paesi molto lontani dal mare nostrum, come dimostra la recente metanalisi, su un milione e mezzo di persone di ogni parte del mondo, dall' Australia al Canada, condotta dal nostro gruppo di ricerca e pubblicata, l'anno scorso, sul British Medical Journal".

ANATOMY OF HEALTH EFFECTS OF MEDITERRANEAN DIET
Greek EPIC prospective cohort study
Antonia Trichopoulou, Christina Bamia, Dimitrios Trichopoulos
BMJ 2009;338:b2337
RESULTS - After a mean follow-up of 8.5 years, 652 deaths from any cause had occurred among 12 694 participants with Mediterranean diet scores 0-4 and 423 among 10 655 participants with scores of 5 or more. Controlling for potential confounders, higher adherence to a Mediterranean diet was associated with a statistically significant reduction in total mortality (adjusted mortality ratio per two unit increase in score 0.864, 95% confidence interval 0.802 to 0.932). The contributions of the individual components of the Mediterranean diet to this association were moderate ethanol consumption 23.5%, low consumption of meat and meat products 16.6%, high vegetable consumption 16.2%, high fruit and nut consumption 11.2%, high monounsaturated to saturated lipid ratio 10.6%, and high legume consumption 9.7%. The contributions of high cereal consumption and low dairy consumption were minimal, whereas high fish and seafood consumption was associated with a non-significant increase in mortality ratio.
CONCLUSION - The dominant components of the Mediterranean diet score as a predictor of lower mortality are moderate consumption of ethanol, low consumption of meat and meat products, and high consumption of vegetables, fruits and nuts, olive oil, and legumes. Minimal contributions were found for cereals and dairy products, possibly because they are heterogeneous categories of foods with differential health effects, and for fish and seafood, the intake of which is low in this population.

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