domenica 24 gennaio 2010

DIETA. Più magri e protetti con cibi e pietanze a minore “densità energetica”

Densità energetica alimenti e pietanze Copia (NV 2010) Zuppa con crostoni ed erbe meglio di pastasciutta, minestrone misto di verdure e legumi meglio del riso, mela o carota meglio di biscotti e crackers, e così via. Insomma, meglio ciò che contiene acqua. Basta dare un’occhiata al grafico per capire al volo il concetto della densità energetica. E' noto che in un'alimentazione sana e naturale, che unisce tradizione antica e conoscenze scientifiche moderne, i cibi molto idratati, energeticamente meno densi (rapporto ideale tra calorie, peso o volume), sono di gran lunga da preferire, sia per l'aspetto nutrizionale, sia per il buon funzionamento dell'apparato digerente, sia infine per la prevenzione o protezione dai radicali liberi e dalle malattie degenerative da civilizzazione. Per tanti motivi, a cominciare dal maggiore e più rapido senso di riempimento e di sazietà interprandiale (cioè tra una portata e l'altra, se si tratta di un pranzo) e postprandiale, che si traduce in una parziale, rallentata e prolungata trasformazione dei carboidrati complessi in glucosio, con conseguente minore secrezione dell'ormone insulina e minor rischio di insulino-resistenza, ma anche ridotta incidenza di malattie diabetiche, cardiovascolari e perfino tumorali.

Ma ci accorgiamo anche che questo criterio della "densità energetica", che ci sembrava così futile, quasi da riviste femminili che inventano una "dieta" a settimana, o da dietologi alla moda, ha risvolti importanti. Sulla densità energetica è stato perfino organizzato un convegno scientifico di nutrizionisti e dietologi.

Fateci caso: coincide con ben altre scale di alimenti, per esempio quelle che tengono conto della presenza di amidi resistenti (RS, "resistent starch"), delle tante e diversificate fibre alimentari (solubili e insolubili), delle sostanze antiossidanti (dai carotenoidi agli acidi grassi n-3, alle vitamine antiossidanti vere e proprie ecc), dei principi attivi protettivi (dai tanti polifenoli ai glucosinolati delle Brassicacee, ai solfuri di allile delle Liliacee), e così via.
Guardando la prima colonna della tabella si scopre ovviamente che i più alti livelli di acqua, peso e volume dell'alimento o della pietanza coincidono di fatto con minori concentrazioni di grassi, proteine, amidi e zuccheri semplici. E sono collegati anche ad una maggior presenza di fibre alimentari, di vitamine, di antiossidanti, di sostanze non-nutrizionali farmacologicamente attive.

Perché la tabella non sembri un perenne invito al minestrone - che è un'ottima e sanissima pietanza, sia chiaro - va specificato che non bisogna certo consumare solo gli alimenti o le pietanze appartenenti alla prima colonna. La tabella vuol solo dare con immediatezza grafica ed empirica, mettendo insieme gli elementi più diversi, una indicazione generica della scala dei "valori" del nostro cibo quotidiano.

Si sa che i Consensus internazionali prescrivono a tutti "almeno 5 porzioni tra verdura e frutta ogni giorno" (1 pz di crudità o insalata=100g, 1 pz di verdure cotte=250g a crudo). Noi ci permettiamo di consigliare 3 frutti ai 3 pasti (colazione, pranzo, cena) ogni giorno, e invece più verdure, per esempio 4 pz. al giorno, col facile sistema del raddoppio delle porzioni. Infatti è difficile convincere la gente a consumare sempre a pranzo e a cena una pietanza in più, cioè una crudità più una verdura cotta di contorno. Mentre se gli suggeriamo a pranzo e a cena una sola insalata mista coloratissima, ma doppia, cioè di 200g a testa, ecco che avremo ben 2 pz. in più al giorno. Solo così raggiungeremmo facilmente le 7 e più porzioni giornaliere totali. Un ottimo livello di protezione.

Non c'è dubbio inoltre che, a parità di cereali raffinati, c'è un abisso tra una minestra e un pacchetto di crackers. Molto meglio la prima. E ci sarebbe ancora differenza anche se minestra e crackers fossero entrambi di cereali integrali, quindi di valore biologico e protettivo superiore. Appunto, la tabella vuole mettere in luce in modo semplice e non rigorosamente scientifico, queste differenze di concentrazione energetica e di livelli di protezione. Non dice altro.
Non dice - ma questo dovrebbe essere ovvio - che bisogna tenere conto delle necessità energetiche individuali (che si basano anche sul movimento fisico, che dovrebbe essere quotidiano) e del diagramma nutrizionale generale che prevede il 50-55 per cento di carboidrati (di cui il meno possibile semplici: non esiste una vera esigenza di zuccheri dolci...), il 30-35 per cento di grassi, per lo più non saturi, il 10-15 per cento di proteine, di cui una notevole quota deve essere vegetale.

Ma attenzione alla quarta colonna, quella più critica dell'alta densità energetica. Cibi e pietanze qui presenti non sono certo tutti uguali, anzi. Bisogna distinguere bene tra veri e propri "cibi spazzatura" o junk food, da eliminare subito o tutt'al più - se il resto della dieta è sano - da riservare a rare infrazioni per motivi conviviali o sociali, e alimenti molto utili o addirittura indispensabili come gli oli vegetali o i semi oleosi, ricchi di acidi mono e poli-insaturi. Saper decidere con buonsenso e moderazione tra un ricciolo di burro crudo sul pane integrale (o una tazzina di fragole alla vera panna) e la pessima abitudine quasi quotidiana delle fritture, sia di alimenti vegetali che animali. Meno peggio, allora, poco burro crudo e panna ogni tanto.

Saper decidere tra una sanissima torta dolce (meglio poco dolce) di farina integrale con frutta fresca e i soliti pasticcini del bar di farina raffinata 00 pieni di grassi, additivi e saccarosio. Saper scegliere tra i soliti biscotti, inutili e grassi (snacks, crackers, gallette di riso, biscotti "digestivi" o integrali che siano) e una più sana fetta di pizza al forno ripiena di verdure. Saper orientarsi tra le noci o una buona crema di nocciole con carruba o cacao e le misteriose creme spalmabili sia pure "light" della pubblicità. Saper ridurre a golosa infrazione ogni tanto anche la marmellata "naturale" senza zuccheri aggiunti prodotta oggi a caro prezzo da ditte specializzate. E' sicuramente meno dannosa di quella della nonna, che era stucchevole per quanto zucchero aveva, ma pur sempre un concentrato di zuccheri del tutto inutile, che anzi favorisce gli accumuli di grasso.

Allo stesso modo, nella seconda colonna ci sono alcuni cibi e preparazioni a bassa densità, come carne, pesce e frittate, ma di cui non possiamo eccedere, specialmente per i primi due, sensibilissimi alla cottura (formazione di notevoli quantità di cancerogene ammine eterocicliche), senza contare il facile rischio di eccesso proteico. Il problema delle frittate è quello della cottura dell'olio ad alta temperatura, non certo la presenza dell'uovo.

Chi non è esperto scoprirà tante apparenti "contraddizioni", per esempio che il pane, perfino il peggior panaccio raffinato della più trasandata panetteria sottocasa (e in Italia il pane è di solito pessimo), è meglio, molto meglio, dei "migliori" biscotti o grissini o fette biscottate o crackers, a cominciare da quelle di riso, ancorché soffiato. Non parliamo, poi, se si tratta d'un buon pane integrale a pasta acida.

E per noi maschi è duro apprendere che il femminile "brodino", tanto più se di verdure vere e non di dado, su cui spesso ironizziamo (tanto che c'è qualcuno che non si ammala per non doverlo sorbire...) è meglio, molto meglio, del classico piattone di pastasciutta e della malcotta e indigesta – non per colpa sua ma dei pizzaioli – pizza al forno. Perché, ecco l'ultima tendenza nutrizionistico-preventiva: noi Italiani dobbiamo ridurre, specie al Sud, i cibi farinacei, che ci fanno pericolosamente ingrassare, vista la nostra recente pigrizia da tv, computer, ufficio, video-giochi e auto. E gli amidi, si sa, non hanno di per sé valore protettivo, anzi, se in eccesso sui bisogni si trasformano in grasso di riserva che poi è difficilissimo eliminare. Il che non vuol dire farsi mancare i carboidrati complessi necessari, fondamentali anche per non avere fame continua e non dover poi ricorrere, come certe ragazze sempre a dieta, alle caramelle.

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lunedì 4 gennaio 2010

GRANO SARACENO. Il cereale più saporito, più antiossidante, più costoso.

Chicchi di saraceno ingranditi e scontornati L'articolo sui pizzoccheri e le originali varianti suggerite per rendere questa stupenda pasta italiana utilizzabile da tutti in pietanze più sane e più leggere di quella standard pubblicizzata dai produttori (e perfino in dolci squisiti, sanissimi e rapidissimi da preparare, come gli etruschi "maccheroni dolci con le noci"), ha destato curiosità e interrogativi da parte di alcuni lettori, che vogliono sapere qualche riferimento alle proprietà alimentari, nutrizionali e preventive di questo seme cerealicolo dalla curiosa forma piramidale che ricorda le faggiole, cioè i piccoli frutti del faggio (e perciò il nome botanico è Fagopyrum: fagus=faggio, pyrum=frutto).

MA E’ UN CEREALE O NO? Il grano saraceno non è una graminacea come il frumento, ma è pur sempre un cereale, al contrario dei tanti che usano la parola “cereale” come se fosse un termine classificatorio botanico sinonimo di Graminaceae (anzi, a rigore oggi il nome botanico prevalente è Poaceae), e perciò ritiene il grano saraceno uno “pseudo-cereale”. In realtà, “cereale”, dalla dea greco-romana Cerere, patrona delle spighe, delle mèssi e dei raccolti, non è un termine scientifico botanico, ma storico, letterario, antropologico-culturale, alimentare o del linguaggio parlato, e comprende qualunque grano, chicco o seme che fornisce farina (e amido) e che nella Storia è stato usato dall’uomo in piatti di resistenza amidacei, come polente, farinate, pane, piadine, paste da cuocere e simili. E il saraceno rientra perfettamente in questa descrizione, pur appartenendo alle Poligonaceae anziché alle Graminacce o Poaceae. I cereali, insomma, sono tali non per la botanica, per l'uso che l'uomo ne fa e ne ha fatto per migliaia di anni, e appartengono a diverse famiglie botaniche. I più importanti e diffusi nella Storia sono o sono stati certamente (con tutte le loro varietà) frumento tenero e duro, riso, mais, orzo, avena, miglio, sorgo, segale, farro, farricello, spelta (Graminaceae). Invece, altri cereali, come saraceno, teff, amaranto, quinoa e altri chicchi amidacei consumati in ogni parte del Mondo, non sono “pseudo-cereali”, ma cereali appartenenti ad altre famiglie botaniche. 
COME SI PRESENTA IL SEME? Non bisogna fare confusione tra il seme grezzo o "vestito" e il seme spoglio. Il seme al naturale del saraceno appena raccolto è coperto da una dura cuticola o scafo di colore dal bruno chiaro al bruno scuro, perfino nero, che la semplice trebbiatura non elimina. E' difficile da masticare, gommoso anche dopo cottura e indigeribile, perché costituito anche da lignina. Fa pensare alle glume indigeribili dell'orzo e del farro ("grani vestiti"). Tolto questo guscio con speciali apparecchi a mole per la "sbramatura", resta il seme mangiabile coperto d'una pellicina di color bruno chiaro, tenero e facile da cuocere.
      La sua farina è caratteristica perché bianca-grigiastra e punteggiata da puntini scuri (resti del guscio macinato). Ma può anche essere ottenuta macinando il seme grezzo con tutto lo scafo, mentre il seme mangiabile non può che essere quello senza scafo. Quindi il paradosso: può capitare di trovare in commercio una farina più “integrale” degli stessi semi interi. . In commercio, perciò il grano saraceno al naturale (cioè a parte le paste da cuocere derivate: soba giapponesi, pizzoccheri italiani e pasta di solo saraceno per celiaci, si presenta in ben cinque forme. 1. Grani interi vestiti con tutto lo scafo (colore bruno medio-scuro: v. foto 1 e 2), adatti sono per ricavarne farina e come semi per l'agricoltura; 2. Grani interi nudi senza scafo di colore bruno chiaro o verdino (v. foto 3): 3. Semi nudi parzialmente tostati per la kasha (tipica pietanza polacca e russa); 4. Farina integrale più scura con molti puntini (macinata con lo scafo); 5. Farina integrale più chiara, sempre con puntini, ma più radi e più chiari (macinata senza scafo).

ATTIVITA’ PROTETTIVE. Il grano saraceno (o anche solo saraceno), Fagopyrum esculentum, è una piccola pianta poco appariscente, con foglioline verdi, dai 30 agli 80 cm di altezza, che appartiene alla famiglia botanica delle Poligonaceae, e produce piccoli semi piramidali dal rivestimento di colore bruno-rossiccio o grigiastro, da secoli usati e considerati come un ottimo e nutriente cereale. Ha valore biologico superiore al frumento perché contiene ben 8 amminoacidi essenziali, quindi ha proteine più assimilabili (indice biologico delle proteine: 59).
      E’ privo di glutine, la proteina tipica del frumento e di altri cereali delle Graminacee a cui si deve la struttura e la conservazione della forma dei prodotti alimentari (pane, paste da cuocere ecc.), quindi è adattissimo ai celiaci, sotto forma di farina (ha un colore bianco-grigiastro), chicco intero, fiocco (chicco pestato da rulli) e pasta da cuocere di solo saraceno (rara ma esistente, costosissima, grazie a nuove tecnologie pastarie). E’ adatto ai celiaci anche quando sotto forma di farina è mescolato con la semola di mais (“polenta taragna”), perché entrambi gli sfarinati sono senza glutine. Non è adatto ai celiaci, ovviamente, quando è mescolato con la semola di grano duro come nei pizzoccheri. Esistono però, a carissimo prezzo, speciali pizzoccheri “per celiaci” fatti di farina di saraceno al 45% e farina di mais e-o riso.
      Ma perché cedere come allocchi alla speculazione? Ne va della nostra intelligenza. Infatti, per tutti – celiaci compresi – è  più  conveniente per costo e per gusto consumare il saraceno come polenta scura (solo saraceno: davvero la più squisita, inimitabile polenta che esista al Mondo), o come minestra di chicchi interi (davvero unica). E, per i non celiaci, anche sotto forma di pizzoccheri, la migliore pasta in assoluto, sia per ricchezza di gusto, sia per qualità protettive, e polenta taragna (metà saraceno e metà mais o 1/3 saraceno e 2/3 mais).
Pizzoccheri di saraceno rugosi freschi fatti in casa (picc)      E’ per eccellenza il cereale protettivo delle pareti dei vasi capillari e sanguigni in generale, con tutto quello che può significare, non solo riguardo alle vene varicose e alle facili ecchimosi di certe giovani donne, ma alla stessa salute dei vasi che portano sangue ai più diversi organi, come l’occhio e il cervello.  Purché integrale, è il cereale più ricco di polifenoli antiossidanti: non solo il flavonoide rutina (abbondantissima: 5-10 mg/100g), ma anche gli acidi fenolici idrossibenzoico, protocatecuico, siringico, ferulico, vanillico, cumarico, le catechine e quel famoso resveratrolo che molti credono presente solo nell’uva nera e nel vino rosso.
      Tutti antiossidanti che impediscono ai grassi protettivi della cellula la disastrosa perossidazione. Utili nel ridurre i rischi di invecchiamento precoce e malattie, specialmente cardiovascolari, infiammatorie e tumorali.
Il saraceno è stato sperimentato contro i danni neuronali da ischemia sull’equilibrio e la memoria spaziale (danni all’ippocampo), e per l’attività antagonista verso il radicale ossido nitroso NO, che poi è quello che dà origine alle temibili nitrosamine cancerogene. Il saraceno interessa perciò anche neurologi, cardiologi, ematologi e oncologi.
      Fusilli solo saracenoLa ricerca scientifica ne mette in evidenza l'altissimo valore antiossidante, dovuto soprattutto ai suoi numerosi polifenoli, il potere anti-cancro dei suoi inibitori delle proteasi (antitripsine), che dimostrano ancora una volta l'utilità preventiva delle sostanze antinutritive, il ruolo protettivo del selenio, di cui in media "sembra" ben dotato (diciamo "sembra", perché la presenza di selenio dipende anche dal tipo di terreno agricolo e quindi varia da zona a zona), l'azione già detta di rafforzamento dei vasi capillari, e infine l'effetto anticolesterolo e antilipidico. Ma la ricerca ha scoperto anche diversi altri possibili utilizzazioni.
Non c'è dubbio, insomma, che il saraceno, sotto forma di pizzoccheri, ma anche come polenta, crespelle, sciatt, o di minestra di chicchi al naturale (squisita e delicata), è un ottimo cereale che andrebbe consumato più spesso. E’ però piuttosto costoso, perché sempre più rare sono le coltivazioni in Italia ed Europa, nonostante che sia resistente ai climi freddi e umidi. Perciò negli ultimi anni viene sempre più importato dalla Cina.

IL SARACENO IN CUCINA. Non è solo per salutismo, ma soprattutto per il suo caratteristico gusto carico, “scuro”, con un vago sentore come di cacao (per via dei tanti polifenoli), comunque eccezionale, che il saraceno merita il primo posto organolettico tra i cereali. E infatti è un cereale di lusso, spesso importato per necessità perfino dalla Cina. E perché sia messo in risalto il suo sapore naturale, in cucina vuole preparazioni semplici, di stampo contadino antico. Altro che certe versioni della famosa kasha alla polacca o alla russa, in cui prima di bollirlo lo fanno rosolare in olio sulla padella!
      In Italia, lo si è detto sopra in apertura, e si ripete qui il link, c'è la nostra tradizione della pasta di saraceno, cioè gli squisiti pizzoccheri (1/3 di farina di saraceno e 2/3 di semola di grano duro, perché devono competere con le altre parte per "tenere la cottura", e con tutto ciò hanno un sapore deciso). Le confezioni di pizzoccheri già fatti, in scatola (specialmente delle marche migliori, come Moro) sono molto buone e pratiche. Solo alle gastronome più pratiche e robuste, che ce l'hanno nel sangue e pagano un po' meno la farina, come quelle della Valtellina, consiglierei di fare i pizzoccheri in casa. Impastare bene e stendere una sfoglia spessa e regolare con la semola non è facile. Altrove, con i prezzi esorbitanti della farina di saraceno non conviene neanche.
      Poi l'antichissima tradizione contadina (oggi... aristocratica, visti i prezzi attuali) della polenta bigia, una saporitissima e molto scura farinata di solo saraceno, la stessa che rimestava nel paiolo Tonio, il cugino di Renzo Tramaglino, nei "Promessi Sposi". Si cuoce per 40 minuti o più in pentola di acciaio con fondo pesante o doppio fondo di rame, a partire da acqua tiepida salata. Non troppo calda, se no forma grumi che poi è impossibile sciogliere. Perché non è una semola, ma una farina impalpabile. Perciò all'inizio consiglio di aiutarsi nel diluire la farina, man mano che si versa, con una frusta corta e robusta, di acciaio. Si mescola con una paletta piatta di legno sempre raschiando il fondo per ritardare il più possibile il momento inevitabile in cui comincerà ad attaccare. Quando, dopo aver mescolato di continuo, la farina avrà assorbito l'acqua e l'impasto apparirà stabile, denso e sbuffante, possiamo anche abbassare la fiamma al minimo e coprire con un coperchio per risparmiare vapore acqueo e fatica. Solleviamo il coperchio di tanto in tanto (prima ogni 30 sec., poi anche ogni 2-3 minuti) dando una vigorosa e profonda rimestata con la paletta, per poi richiudere. Questo trucco permette di non mescolare di continuo, a pentola aperta e a fiamma viva, come faceva Tonio. Infine, il momento topico: quando l'impasto ha perso il sapore di farina e rimestandolo si vede chiaramente che si "straccia" sulle pareti della pentola, si versa su un ampio tagliere di legno, dove raffreddando si solidifica e scurisce ancor più, fino a sembrare un impasto "al cioccolato". Può esser mangiata calda o fredda, così al naturale, condita solo di buon olio di oliva o di burro crudo, erbe aromatiche e formaggi morbidi saporiti tipo taleggio o quartirolo o gorgonzola. Una delizia, oltretutto leggerissima nella digestione.
      A metà strada con la polenta gialla è la polenta taragna (metà saraceno e metà granturco o mais, oppure 1/3 e 2/3), più facile da lavorare, anche perché tutti hanno più esperienza col granturco che col grano saraceno.
      La minestra di chicchi interi di saraceno è ancora più semplice. Si cuociono semplicemente da soli, al naturale, senza passarli prima in padella con olio, come suggeriscono i macrobiotici o gli Orientali (il che li renderebbe pesanti e indigesti), facendoli semplicemente bollire come il riso integrale, partendo dalla giusta acqua fredda un poco salata, fino ad assorbimento completo a fine cottura. E qui sta la piccola abilità, che si impara. Si versa nei piatti e si condisce con ottimo olio o burro crudo, erbe aromatiche, poco formaggio saporito a fettine, o anche con verdure e ortaggi di ogni tipo, crudi o cotti.
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APPENDICE: ALCUNI STUDI 

POLIFENOLI DEL SARACENO MIGLIORANO MEMORIA DOPO ISCHEMIA NEI TOPI
Protective Effect of Buckwheat Polyphenols Against Long-Lasting Impairment of Spatial Memory Associated With Hippocampal Neuronal Damage in Rats Subjected to Repeated Cerebral Ischemia. (Fengling Pu, Kenichi Mishima, Nobuaki Egashira, Katsunori Iwasaki, Tomohiro Kaneko, Tomoko Uchida, Keiichi Irie, Daisuke Ishibashi, Hajime Fujii, Kenichi Kosuna and Michihiro Fujiwar). Journal of Pharmacological Sciences Vol. 94 (2004), 4, 393-402.
In the present experiment, we studied the action of buckwheat polyphenol (BWP, from Fagopyrum esculentum Moench) in a repeated cerebral ischemia model, which induced a strong and long-lasting impairment of spatial memory in 8-arm radial maze with hippocampal CA1 cell death in rats. BWP (600 mg/kg, continuous 21-day p.o.) significantly ameliorated not only the impairment of spatial memory in the 8-arm radial maze, but also necrosis and TUNEL-positive cells in the hippocampal CA1 area subjected to repeated cerebral ischemia (10 min × 2 times occlusion, 1-h interval) in rats. In order to investigate the mechanism of BWP protective action, we measured the release of glutamate and NOx− (NO2− + NO3−) production induced by repeated cerebral ischemia in the rat dorsal hippocampus using microdialysis. A 14-day BWP treatment significantly inhibited the excess release of glutamate after the second occlusion. In addition, the BWP remarkably suppressed a delayed increase in NOx− (NO2− + NO3−) induced by repeated cerebral ischemia in the dorsal hippocampus as determined in vivo by microdialysis. However, the 14-day treatment did not affect hippocampal blood flow in either intact rats or rats subjected to repeated ischemia measured by lasser Doppler flowmeter. These results suggested that BWP might ameliorate spatial memory impairment by inhibiting glutamate release and the delayed (ritardata) generation of NOx− in rats subjected to repeated cerebral ischemia.
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GRANO SARACENO RICCO DI POLIFENOLI ANTIOSSIDANTI (DALLA RUTINA AL RESVERATROLO) Flavonoids in fine buckwheat (Fagopyrum esculentum Mönch) flour and their free radical scavenging activities. (Qian J-; Mayer D ; Kuhn M). Deutsche Lebensmittel-Rundschau 1999, 95, 9, 343-349
Fine flours of five buckwheat cultivars, Astra and Lileja from Russia, Hruszowska from Poland, Le Harpe from France, and Prego of German native stock, introduced and cultivated in the experimental field of the University of Hohenheim, were investigated in respect of antioxidant compounds. Spectrophotometric measurements showed that the content of total antioxidants was 14.6. 21.4, 13.8, 16.0, and 11.4 mg/100 g of fine flour in Astra, Hruszowska, Le Harpe, Lileja, and Prego, respectively. Reversed-phase high performance chromatography analyses revealed protocatechuic acid and/or catechin, and resveratrol in Astra: resveratrol, protocatechuic acid and catechin in Hruszowska; resveratrol, protocatechuic acid and/or catechin in Le Harpe, resveratrol and catechin in Lileja; and resveratrol and catechin in Prego, apart from the most importantflavonoid rutin in buckwheat, whose amount was 5.6, 3.8, 10.1, 6.3, and 4.9 mg/100 g of flour in the alphabetic sequence of names of the cultivars. Further cell cultivation assay suggested that all the ethanolic extracts of buckwheat flours were apparently effective to retard free radical induced oxidation, but extracts of Astra and Hruszowska extracts were extremely significant against control, implying the origin of buckwheatcultivar determining the quality asthe total antioxidant content was different for each.
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AVENA E SARACENO RIDUCONO COLESTEROLO E MIGLIORANO RAPPORTO LDL-HDL

Oats and buckwheat intakes and cardiovascular disease risk factors in an ethnic minority of China. (J He, MJ Klag, PK Whelton, JP Mo, JY Chen, MC Qian, PS Mo and GQ He). American Journal of Clinical Nutrition, 61, 366-372.
The relationship of oats and buckwheat intake to cardiovascular disease risk factors was studied in 850 Yi people, an ethnic minority in southwest China. Blood pressure was measured on 3 consecutive days. Serum total cholesterol, high-density-lipoprotein (HDL) cholesterol, and triglycerides were measured after a 14-h fast. Oats and buckwheat intakes were assessed by questionnaire. In multiple-regression analysis, oats intake (100 g/d) was associated with lower body mass index (-0.25, in kg/m2; P < 0.05), systolic (-3.1 mm Hg, P < 0.001) and diastolic (-1.3 mm Hg, P < 0.01) blood pressure, and HDL cholesterol (- 0.13 mmol/L, P < 0.001). Buckwheat intake (100 g/d) was associated with lower serum total cholesterol (-0.07 mmol/L, P < 0.01) and low-density- lipoprotein cholesterol (-0.06 mmol/L, P < 0.05) and a higher ratio of HDL to total cholesterol (0.01, P < 0.05). These findings suggest a role for oats and buckwheat consumption in the prevention and treatment of both hypertension and hypercholesterolemia.
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SARACENO ABBASSA RADICALI LIBERI IN LABORATORIO CON DIETA GRASSA Effect of buckwheat extract on free radical generation in rabbits administered high-fat diet. (J. Wójcicki, L. Samochowiec, B. Gonet, S. Juwiak, E. Dabrowska-Zamojcin, M. Katdoska, S. Tustanowski). Phytotherapy Research, 9, 5 , 323-326 1995
In this study the effect of buckwheat extract (BE) on the level of malondialdehyde (MDA), lipids and hormones, and on the concentration of ascorbate free radicals in the liver (compared with rutin) in animals receiving a highfat diet (HFD) was measured. Male mongrel rabbits were randomly divided Into four groups: (1) control, (2) animals given HFD containing cholesterol and coconut oil, (3) rabbits treated with HFD + BE, (4) HFD + rufin, over a period of 12 weeks. The concentration of MDA in rabbits of group 3 (HFD + BE) was slightly but significantly decreased, whilst the number of ascorbate free radicals, examined in vitro, in the liver was markedly elevated. The level of testosterone in rabbit blood serum (group 3) was increased, but the insulin concentration was significantly diminished (in comparison with group 2). The content of total cholesterol and triglyceride in the liver of animals maintained on BE was decreased. Quite distinct superiority of BE, compared with rutin, was shown.
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SARACENO IN DIETE ANTI-ATEROSCLEROSI GRAZIE AGLI ANTIOSSIDANTI POLIFENOLI The total polyphenols and the antioxidant potentials of some selected cereals and pseudocereals. (Shela Gorinstein, Simon Trakhtenberg et al.). Journal European Food Research and Technology, 225, 3-4 / July, 2007, 321-328.
The objective of the present study was to investigate the effect of phenolic substances and proteins on the antioxidant potentials in some cereals and pseudocereals and to compare their bioability. The polyphenol dry matter extracts (PDME) from the investigated seeds of buckwheat, rice, soybean, amaranth and quinoa with 1.2 M HCl in 50% methanol/water (PDME50%Met/HCl) exhibited higher inhibition of lipid peroxidation than the ones extracted with 50% methanol/water (PDME50%Met) and were comparable to the antioxidant activity of butylated hydroxyanisole at concentration of 0.2 mg mL−1. The antioxidant activities of these seed extracts determined by 2,2′-azinobis (3-ethylbenzothiazoline-6-sulfonate)-ABTS +/K2S2O8, β-carotene bleaching (β-carotene), and 1,1-diphenyl-2-picrylhydrazyl (DPPH) radical scavenging methods showed high correlation coefficients (R 2) such as 0.9515, 0.9058 and 0.8723, respectively, with the presence of total polyphenols estimated by Folin-Ciocalteu assay. These results indicate that the major antioxidant components in these extracts mostly derived from the polyphenols, and proteins showed only minimal values of bioactivity. Based on high contents of polyphenols, anthocyanins, flavonoids and their antioxidant activities pseudocereals such as buckwheat, quinoa and amaranth can be a substitute for cereals for common and atherosclerotic diets and sometimes in the allergic cases.
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PROTEINE DEL SARACENO SOPPRIMONO CELLULE DI CANCRO AL COLON NEI RATTI
Feeding of Buckwheat Protein Suppresses 1,2-dimethylhydrazine-Induced Colon Carcinogenesis in Rats. (Hiroyuki Tomotake, Zhihe LiU, Xuxin Huang, Wakako Ishikawa, Jun Kayashita and Norihisa Kato). This study was conducted to examine the effect of consumption of buckwheat protein product (BWP) on 1,2-dimethylhydrazine (DMH)-induced colon tumor in rats. Rats were fed the diet containing either casein or BWP (net protein level, 200g/kg; each group, 20 rats) for 124 d. The rats were weekly ingested with DMH for the initial 8 wk. The food intake and growth were unaffected by dietary manipulation. Dietary BWP caused a 47% reduction in the incidence of colonic adenocarcinoma (P < 0.05). BWP intake caused a trend of reduction in the number of colon adenocarcinoma (P = 0.16). Consumption of BWP significantly reduced cell proliferation and expression of c-myc and c-fos proteins in colonic epithelium. The results suggest that dietary BWP has a protective effect against colon carcinogenesis in rats by reducing cell proliferation.
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SARACENO RICCO DI SELENIO ASSIMILABILE ANTICANCRO
Selenium (Se)- enriched foods may be an effective way of consuming the amount of Se proven to reduce cancer. Buckwheat is a Se-containing grain that also may be beneficial in controlling diabetes and hypercholesterolemia. A survey of buckwheat produced in the northern Great Plains found the average Se content to be 51.6 ug Se/100g. To determine the bioavailability of Se from a commercially available buckwheat bran product, Se depleted rats were fed diets consisting of a range of concentrations of Se (0.02 - 0.15 mg Se/kg diet) supplied as selenite, selenomethionine, and buckwheat bran. Based on blood Se status indicators, approximately 50% of the Se from buckwheat was bioavailable. Therefore, a single 100g serving of buckwheat will contribute approximately 26 ug of bioavailable Se to the diet, supplying a proportion of the Recommended Daily Allowance of 55 ug/day. 


ANTITRIPSINE DEL SARACENO INDUCONO APOPTOSI DI CELLULE DI LEUCEMIA
Induction of Apoptosis by Buckwheat Trypsin Inhibitor in Chronic Myeloid Leukemia K562 Cells. (Autori: Zhuan-Hua Wang, Li Gao, Yu-Ying Li, Zheng Zhang, Jing-Ming Yuan, Hong-Wei Wang, Li Zhang and Lei Zhu). Biological & Pharmaceutical Bulletin 30 (2007), 4, 783
Buckwheat is an ancient and specialty grain in China. Due to its unique chemical and bio-activity components, buckwheat has been found to have many uses in food products and medicine. However, very little is known about the toxicity of protease inhibitors from buckwheat. Here, the possible effects of a recombinant buckwheat trypsin inhibitor (rBTI) on the induction of apoptosis of the human K562 cell line were investigated by MTT (3-[4,5-dimethylthiazol-2-yl]-2,5-diphenyltetrazolium bromide) assays and flow cytometric analysis. MTT assay showed that rBTI could specifically inhibit the growth of K562 cells in a dose-dependent manner, but there were minimal effects on normal human peripheral blood mononuclear cells (PBMCs). Furthermore, comparison the effects of rBTI on K562 cells with those of negative control (BSA and the complex of BSA and rBTI) revealed that rBTI was highly toxic to K562 cells, and BSA hardly had any inhibition on proliferation in K562 cells. The analysis of flow cytometric indicated that the apoptosis of K562 cells were 31.0%, 32.8%, 35.3% and 52.1% after treated by rBTI in range of 12.5—100 μg/ml, respectively. The results suggested that rBTI can induce apoptosis of K562 cells and that it might be a potential protein drug of the trypsin inhibitor family.
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CEREALI INTEGRALI (MA NON LE "FIBRE DIETETICHE" DELLA FARMACIA, E NON CERTO LE PATATE) PROTEGGONO DAL CANCRO AL COLON
Cereals, cereal fibre and colorectal cancer risk: a review of the epidemiological literature. (Autore: Hill MJ.). Eur J Cancer Prev. 1997 Jun; 6(3):219-25.
The large bowel is one of the major sites of cancer incidence and mortality in most western countries. In early studies most effort was expended in trying to find the causal factor, but the direction changed when Burkitt and Walker promoted the idea that the cancer could be prevented by dietary fibre (DF). Early studies to try to confirm this hypothesis were hampered by problems concerning the definition of DF, and the lack of good analytical methods to quantitate its intake. There was, however, general agreement that DF is a complex carbohydrate of plant origin that escapes small bowel digestion and so reaches the colon. It was assumed that the major plant polysaccharide, starch, is completely digested in the small bowel, but this is not true. Thus, the identity of DF as non-starch polysaccharide is not true, and other evidence suggests that it accounts for only about 25% of the true intake of DF. Assay of 'resistant starch' is fraught with difficulty and so it is better at this stage to use fibre-rich food rather than inaccurate assays of DF in epidemiological studies. In this review, I have re-examined the epidemiological literature and have found that, whereas there could be dispute over the strength of the protection given by DF, there is no doubt about the protection afforded by cereal fibre. A further analysis of data from Europe, North America and Australasia shows that the fibre-rich foods, cereals are strongly protective, as are vegetables; fruits are neutral, while starchy root vegetables, if anything, promote colorectal cancer.


[Sottolineo l’ultimo periodo, che avrà fatto sobbalzare sulla sedia più d’uno (e stiamo parlando delle conclusioni in estrema sintesi di una revisione, non recente, di numerosi studi epidemiologici-statistici precedenti effettuati sul cancro al colon in rapporto agli alimenti): "I cereali integrali sono fortemente protettivi, così come le verdure; i frutti sono neutri, mentre i tuberi amidacei – patate e patate dolci – semmai favoriscono il cancro al colon". Tutto questo, aggiungiamo noi, ovviamente, in un'ampio e prolungato quadro epidemiologico, cioè di larga statistica e nel lungo periodo. Oggi, comunque, si è arrivati a dettagli, ma anche a scetticismo, superiori].


IMMAGINI: 1 e 2. Semi di grano saraceno grezzi e completi di guscio. 3. Semi di saraceno nudi, cioè sbramati, privati del guscio, ma non della pellicola interna. 4. Farina di saraceno. 5.. I tradizionali pizzoccheri di grano saraceno e frumento duro. 5. Pasta da cuocere di solo grano saraceno (per i celiaci).

AGGIORNATO IL 20 OTTOBRE 2016

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