PORTULACA squisita nelle insalate e ricca di Omega-3, ma non quelli giusti.
Ecco, qui di seguito, la piccola voce “Portulaca”: 15 righe nella 2. edizione del mio manuale di 760 pagine L’Alimentazione Naturale, Mondadori Oscar, 1992. Era tutto quello che si sapeva o si riteneva sufficiente sapere negli anni 80 e agli inizi dei 90. E, invece, guardate quanto è lunga e piena di riferimenti e particolari, la nuova voce che oggi pubblicherei dopo averla studiata con i criteri odierni. E badate, si tratta di un'erbetta spontanea del tutto secondaria, che dura poco più d'un mese, ben inferiore a ortica e malva, per citare altre erbe "antropofile".
Figuratevi, allora, se tanto mi dà tanto, quale spazio oggi dovrebbero avere gli alimenti più importanti studiati e divulgati bene, come si pretende oggi, alla luce di migliaia di nuovi e precisi studi scientifici, che non esistevano negli anni Ottanta !. Questo – lo dico ai miei affezionati lettori che aspettano per miracolo una riedizione aggiornata del Manuale, senza porsi il problema delle dimensioni della ricerca oggi – dimostra l’impossibilità oggi di un manuale serio che comprenda tutti gli alimenti in un solo volume, e perfino in due.
Ma ecco la scarna voce "Portulaca" nella II edizione della Alimentazione Naturale (1992), seguita dalla versione aggiornata che avrebbe oggi:
PORTULACA (Portulaca oleracea). Somiglia a una pianta grassa. Un tempo coltivata e usatissima, oggi spontanea e poco usata. Ottima in insalate cruda e cotta. Ricca di mucillagine e principi attivi. Poiché resiste al caldo, in Oriente si è tornati a coltivarla. Contiene ben 783 mcg di vitamina A, 66 mg di C e 162 mg di magnesio. Ha un singolare primato: è il vegetale più ricco di quei particolari acidi grassi polinsaturi noti come "Omega-3" (4 mg/g). Ma si tratta di alfa-linolenico e non degli EPA e DHA, gli unici preventivi dell'infarto e dell'eccesso di colesterolo, presenti solo in alcuni pesci (Manuale di terapie con gli alimenti). In Grecia, però, questa qualità di portulaca è stata sfruttata trasformando questa gustosa erba grassa in mangime per polli di allevamento. Il risultato è stato che i grassi e le uova di polli nutriti a portulaca, come ha riferito la nutrizionista A.P. Simopoulos, hanno fatto registrare un tasso interessante di grassi Omega-3 ("New England Journal of Medicine"). [dal manuale: Nico Valerio, L’Alimentazione Naturale, Mondadori, Milano, 2.ed. 1992, p.407-408]
E ora la voce “aggiornata” per una riedizione del Manuale. Ben 255 righe al posto di 15:
PORTULACA (Portulaca oleracea e P. sativa), pop.: erba porcellana o porcacchia (dal lat. porcus = porco, cioè “erba da porci”: e mai nome popolaresco è stato tanto inadeguato per un'erba così gentile ed elegante, e di sapore raffinato).
Molto sperimentate le sue potenzialità antiossidanti, dimostrate su topi di laboratorio, sia misurando glutatione ridotto, catalasi, superossido-dismutasi, glutatione-reduttasi, glutatione-S-transferasi e glutatione perossidasi, sia attraverso inibizione della perossidazione dei lipidi, ossido nitrico in fegato, reni e testicoli. L’estratto acquoso di portulaca migliorava tutti i parametri, il che in teoria lascia ritenere un possibile futuro nella sperimentazione d’un impiego preventivo in malattie cardiovascolari, neurodegenerative e altre croniche causate da stress ossidativo (Dkhil et al. 2011). Un pretrattamento con portulaca del fegato embrionale di polli lo ha protetto dagli effetti epatotossici di una sostanza chimica (Sudhakar et al. 2010). Può avere effetti protettivi anche nello stress causato da carenza di vitamina (Arruda et al., 2004). Ricerche recenti hanno mostrato anche altri effetti biologico, come antidiabetico (Gong et al., 2009), rilassante dei muscoli (Parry et al., 1993), analgesico e anti-infiammatorio (Chan et al., 2000), anti-micotico (Oh et al., 2000). Su alcuni animali, a cui com’è noto è possibile la somministrazione esclusiva o in grande quantità, ha mostrato gli effetti più diversi, come anti-fertilità sugli organi riproduttivi di topi maschi (Verma et al. 1982), e perfino uno stato di debilitazione grave. In Africa uno studio su due gruppi di capre della Nubia nutrite con dosi giornaliere di 5 g/kg di peso o ad libitum ha avuto risultati disastrosi: debolezza agli arti, incapacità di stare in piedi, diarrea, poliuria, e addirittura epato-nefropatia, con alterazione di alcuni costituenti del sangue (Obied et al. 2003). Ma la biologia delle capre è ancora più lontana dall’uomo di quella dei topi. E comunque nulla sappiamo sugli effetti nell’uomo della portulaca mangiata in abbondanza ogni giorno: forse lo sapevano i più poveri dell’Antichità.
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