PROSTATA. Speranze da soia, tè verde, curcuma e altri cibi anti-cancro, ma…
Quali alimenti prevengono, o riducono la gravità del tumore alla prostata? Gli studi scientifici ormai sono numerosi anche per quello che è il più frequente (il 20% di tutti i tumori di nuova diagnosi; la seconda causa di morte per neoplasie maligne nel sesso maschile dopo il cancro al polmoni) e tra i più insidiosi e difficili dei tumori, ritenuto fino a ieri poco sensibile alla dieta. E ormai il carcinoma prostatico non è più "cosa da vecchi" come un tempo, ma riguarda gli uomini dai 40 anni in poi, sia pure con un rischio che cresce con l’età. Secondo la statistica, infatti, un bambino nato oggi avrà a 70 anni una probabilità del 13% di sviluppare il carcinoma prostatico. Un po’ meno di un uomo su otto. Fatto sta che si stanno accumulando studi, via via sempre più precisi e affidabili, su numerosi alimenti protettivi, come riporta un sito specializzato di urologi americani
Le ultime acquisizioni rafforzano vecchi studi ed estendono a cibi nuovi le speranze di aiutare a ridurre l’incidenza e la gravità del carcinoma prostatico. Gli alimenti e i nutrienti con capacità preventive o terapeutiche ("nutriceutici" è il pessimo neologismo inventato dai ricercatori sulla falsariga di "farmaceutici") sono utili perché il tumore alla prostata è sempre più diffuso e anche perché, vista la lentezza di questo tipo di tumore, un numero sempre maggiore di pazienti viene indirizzato alla cosiddetta "sorveglianza attiva", attraverso cui non si elimina subito il tumore esponendo il paziente agli effetti collaterali della chirurgia, ma lo si controlla, per aggredirlo appena diventa più pericoloso. Così hanno spiegato in un commento su Urotoday gli autori dello studio canadese pubblicato in National Review Urology (Lawrentschuk, Trottier e altri), a cui si è ispirato l’articolo del Corriere della Sera dedicato al caso ("Nutriceutici come "terapia"", E. Meli, 4 maggio 2010).
"Insomma, tutto ciò che può prevenire la malattia o ritardarne la progressione è più che utile. Meglio se, anziché un farmaco, possiamo usare prodotti naturali che non hanno effetti collaterali, a meno di introdurne quantità realmente esagerate", continuano gli autori. "I composti più spesso messi alla prova nei confronti del tumore alla prostata sono la vitamina D, la vitamina E, il selenio, il licopene, la soia e il tè verde; di recente l’interesse si è posato anche sulla melagrana. "Di tutti questi la soia pare essere il nutriente più benefico, con effetti preventivi e protettivi evidenti. Lo stesso dicasi per il tè verde", dicono gli urologi. – commentano su Urotoday. Ecco la sintesi dello studio originale:
NUTRACEUTICALS AND PROSTATE CANCER PREVENTION: A CURRENT REVIEW. Trottier G, Boström PJ, Lawrentschuk N, Fleshner NE. Abstract: Nutraceuticals are ‘natural’ substances isolated or purified from food substances and used in a medicinal fashion. Several naturally derived food substances have been studied in prostate cancer in an attempt to identify natural preventative therapies for this disease. Vitamin E, selenium, vitamin D, green tea, soy, and lycopene have all been examined in human studies. Other potential nutraceuticals that lack human data, most notably pomegranate, might also have a preventative role in this disease. Unfortunately, most of the literature involving nutraceuticals in prostate cancer is epidemiological and retrospective. The paucity of randomized control trial evidence for the majority of these substances creates difficulty in making clinical recommendations particularly when most of the compounds have no evidence of toxicity and occur naturally. Despite these shortcomings, this area of prostate cancer prevention is still under intense investigation. We believe many of these ‘natural’ compounds have therapeutic potential and anticipate future studies will consist of well-designed clinical trials assessing combinations of compounds concurrently.
STUDI "DEBOLI", PERCHE’… Ma spesso il paziente che vorrebbe prevenire o curarsi col cibo, e anche chi deve curarlo, si trovano davanti a consigli generici o contrastanti di ricercatori, derivanti da studi "deboli", cioè contraddittori, di scarsa qualità, poco randomizzati, fondati su somministrazioni troppo brevi, o condotti su un numero troppo limitato di soggetti. Mancano insomma le famose e sempre desiderate dagli oncologi "prove schiaccianti". Come mai? Be’, è facile immaginarlo, gli uomini non sono topi, che possono essere nutriti per un mese o più solo a cavolo verza o proteine di soia. Le ragioni umanitarie valgono più di quelle zoofile (anche perché gli uomini votano, i topi no…), e impongono perciò di nutrire sempre in modo adeguato i soggetti. Va a finire, dunque, che un esperimento dietoterapico attendibile sugli uomini è di lunga o lunghissima durata, anche per poter un po’ meglio tentare di discriminare tra i cibi attivi e i tanti altri che compongono la dieta. Un’impresa titanica, oltre che dispendiosa, in questi chiari di luna economici. "Purtroppo è difficile fare studi randomizzati e controllati di prevenzione primaria, dovrebbero durare dieci o vent’anni per dare informazioni consistenti. Non abbiamo quindi dati certi, ma il razionale perché funzionino c’è e noi urologi li consigliamo già da tempo", dice Alberto Roggia, direttore dell’Unità di Urologia all’ospedale S. Antonio Abate di Gallarate (Varese).
EVITARE I GRASSI E IL SOVRAPPESO, SCEGLIERE CIBI ANTIOSSIDANTI. “Quali sono i nutrienti o gli alimenti che non dovremmo farci mancare?” chiede la Meli a Roggia. Ecco le risposte dell’urologo e tra parentesi i miei commenti. "I polifenoli antiossidanti [catechine NdR] del tè verde, il resveratrolo del vino [ma isolato non ha effetto, e di vino bisognerebbe berne a litri], il licopene dai pomodori [v. resveratrolo] e dalla salsa di pomodoro, dov’è ancor più concentrato", risponde Roggia. E poi anche la vitamina D [soprattutto sole o luce naturale e olio di fegato di merluzzo. Supplementi, latte e formaggi sono controindicati], zinco e selenio dall’aglio, gli omega-3 che si trovano nel pesce, ma anche nei semi di lino [non sono un alimento, quindi attenzione]. Di fatto consigliamo una dieta equilibrata e sana, che però non si dovrebbe iniziare a 60 anni, ma molto prima: oggi vediamo tumori anche nei quarantenni. L’educazione alimentare alla prevenzione dovrebbe cominciare fin da piccoli". Mangiare verdura, legumi e frutta, ed evitare il sovrappeso? Sono i cardini per prevenire il tumore alla prostata. "È il modo migliore per riuscirci, non abbiamo altre armi a disposizione. È invece tuttora molto dibattuto l’eventuale effetto benefico dei cibi o nutrienti una volta che il tumore sia stato diagnosticato: sembra meno probabile, infatti, che riescano a cambiare il decorso del cancro quando è già presente", conclude Roggia.
CEREALI INTEGRALI. I cereali integrali (frumento o riso o altro cereale integrale in grani, pane integrale, pasta integrale, fiocchi di avena, preparazioni di farina integrale, ecc) hanno mostrato di abbassare il livello di PSA (l’antigene specifico usato a livello diagnostico come marker di un più alto rischio) addirittura in chi già aveva un tumore della prostata, riducendone anche la progressione e il volume. probabilmente per la ridotta esposizione all’insulina tipica dei cereali integrali, come mostrato dai valori di insulina nel sangue e dall’escrezione urinaria del C-peptide.
Prima di riportare la sintesi di uno studio sulla somministrazione terapeutica di segale integrale in chicchi a 16 malati di cancro alla prostata (a cui corrispondeva una maggiore presenza di lignani anti-cancro), è bene notare che, come è necessario fare in molti esperimenti, per ottenere risultati importanti e rapidi i ricercatori hanno somministrato la segale per poche settimane, ma in abbondanza, circa al 50% delle calorie giornaliere richieste. Cosa difficile da riprodurre nella vita quotidiana. Ma è da presumere che effetti analoghi o addirittura migliori possa avere una dieta normale di lungo periodo, cioè con consumo molto prolungato nel tempo di minori quantità di questo o di altri cereali. Tanto più se si potesse tener conto anche degli inevitabili sinergismi con l’azione anti-cancro o anti-insulina di molti altri alimenti e condimenti (legumi, verdure, frutta, oli vegetali, spezie) normalmente presenti in una dieta sana e naturale.
RYE WHOLE GRAIN AND BRAN INTAKE COMPARED WITH REFINED WHEAT DECREASES URINARY C-PEPTIDE, PLASMA INSULIN, AND PROSTATE SPECIFIC ANTIGEN IN MEN WITH PROSTATE CANCER. Landberg R, Andersson SO, Zhang JX, Johansson JE, Stenman UH, Adlercreutz H, Kamal-Eldin A, Aman P, Hallmans G. J Nutr. 2010 Oct 27. Abstract: Rye whole grain and bran intake has shown beneficial effects on prostate cancer progression in animal models, including lower tumor take rates, smaller tumor volumes, and reduced prostate specific antigen (PSA) concentrations. A human pilot study showed increased apoptosis after consumption of rye bran bread. In this study, we investigated the effect of high intake of rye whole grain and bran on prostate cancer progression as assessed by PSA concentration in men diagnosed with prostate cancer. Seventeen participants were provided with 485 g rye whole grain and bran products (RP) or refined wheat products with added cellulose (WP), corresponding to ~50% of daily energy intake, in a randomized controlled, crossover design. Blood samples were taken from fasting men before and after 2, 4, and 6 wk of treatment and 24-h urine samples were collected before the first intervention period and after treatment. Plasma total PSA concentrations were lower after treatment with RP compared with WP, with a mean treatment effect of –14%. Additionally, fasting plasma insulin and 24-h urinary C-peptide excretion were lower after treatment with RP compared with WP. Daily excretion of 5 lignans was higher after the RP treatment than after the WP treatment. We conclude that whole grain and bran from rye resulted in significantly lower plasma PSA compared with a cellulose-supplemented refined wheat diet in patients with prostate cancer. The effect may be related to inhibition of prostate cancer progression caused by decreased exposure to insulin, as indicated by plasma insulin and urinary C-peptide excretion.
SESAMO E SEMI DI LINO. I lignani, che hanno dimostrato di favorire l'apoptosi delle cellule cancerose, soprattutto nei tumori alla mammella e alla prostata, sono abbondanti in cereali integrali, legumi e semi oleosi, particolarmente nel sesamo e nei semi di lino. Tra i tanti studi ricordiamo quello sperimentale sul tumore della prostata di Xu Lin della Duke University a Durham pubblicato su Urology, in cui era evidente che "i tumori nel gruppo di topi di controllo erano grandi il doppio di quelli dei topi nutriti a semi di lino". Studi analoghi, per inciso, si possono trovare sui più comodi semi di sesamo, che a differenza di quelli di lino sono un alimento, sono gustosi e più facili da consumare, non hanno il rivestimento così duro (i semi di lino vanno obbligatoriamente tritati col macinino) e non contengono il pericoloso veleno acido cianidrico.
LA CURCUMA. Nota spezia di color ocra carico caratteristica del curry, la poco usata curcuma è riconosciuta dai ricercatori per il suo notevole principio attivo protettivo e anti-cancro, la curcumina. Ebbene, una relazione di Shigeo Horie alla Conferenza del 30.o anniversario della URS, Urological Research Society, a Niagara-on-the-Lake, Ontario, Canada (30 sett.- 3 ott. 2010), mostra la capacità della curcumina di inibire i recettori dell’ormone androgeno nel cancro della prostata. Inoltre risponde ai danni del DNA grazie all’attivazione del sistema riparatore ATM, e induce le cellule cancerose all’apoptosi, un vero e proprio "suicidio" programmato.
CURCUMIN INHIBITS THE PROGRESSION OF PROSTATE CANCER THROUGH ARYL HYDROCARBON RECEPTOR (AhR) (UroToday.com) – Food factors may contribute to cancer prevention. Recently we have reported that curcumin inhibits the expression of androgen receptor in prostate cancer in vivo and in vitro. (Ide et al. Prostate 2010.) Curcumin has a high affinity with AhR, a dioxin receptor. AhR is an E3 ligase and can ubiquitinate androgen receptor. We further studied the effect of curcumin on prostate cancer cells. We used a siRNA targeting AhR and AhR expression vector to control the expression of AhR in prostate cancer cells. To examine the transcriptional activities of AhR, we transfected the XRE-luciferase vectors into the prostate cancer cells. Curcumin induced apoptosis in prostate cancer cells by activating ATM. Curcumin inhibited the transcriptional activity of AhR examined by the XRE-driven reporter gene assay. Curcumin and 3MC, an agonist of AhR, inhibited the cell mobility. Knock-down of AhR by siRNA stimulated cell mobility, while the introduction of constitutively active form of AhR decreased it. Curcumin decreases the expression of androgen receptor specifically. Curcumin inhibits the progression of prostate cancer by inducing apoptosis and DNA damage response. AhR may be involved in the cancer progression by stimulating cell mobility, which seemed to be independent from its transcriptional activities.
DOPPIO CONCENTRATO E SALSA DI POMODORO. Il famoso "pomodoro anti-prostata" (ma, per chi ne mangia poco, ai fini dell'assimilazione del licopene è meglio la salsa cotta e ancor di più il concentrato, doppio o triplo) con il suo beta-carotenoide più attivo, il licopene, è stato studiato non in modo esauriente. Negli studi emergono ancora contraddizioni. Tuttavia è già molto che l’informazione si sia diffusa dappertutto. Oncologi e nutrizionisti vi ripongono grandi speranze, perché è un alimento molto diffuso ovunque, molto economico e molto gradito in tutto il Mondo, e che dà derivati ancora più efficaci ed economici (salsa, doppio concentrato ecc.). Una circostanza rara, che è un vantaggio non da poco per la prevenzione di massa. Tuttavia, mentre resta confermata la raccomandazione di consumarlo in modo regolare e abbondante, gli oncologi pratici lamentano ancora la mancanza di studi certissimi e incontrovertibili.
TOMATO-BASED FOOD PRODUCTS FOR PROSTATE CANCER PREVENTION: WHAT HAVE WE LEARNED? Tan HL, Thomas-Ahner JM, Grainger EM, Wan L, Francis DM, Schwartz SJ, Erdman JW Jr, Clinton SK. The Ohio State University Nutrition Graduate Program, The Ohio State University, Columbus, OH 43210, USA. Cancer Metastasis Rev. 2010 Sep;29(3):553-68. Evidence derived from a vast array of laboratory studies and epidemiological investigations have implicated diets rich in fruits and vegetables with a reduced risk of certain cancers. However, these approaches cannot demonstrate causal relationships and there is a paucity of randomized, controlled trials due to the difficulties involved with executing studies of food and behavioral change. Rather than pursuing the definitive intervention trials that are necessary, the thrust of research in recent decades has been driven by a reductionist approach focusing upon the identification of bioactive components in fruits and vegetables with the subsequent development of single agents using a pharmacologic approach. At this point in time, there are no chemopreventive strategies that are standard of care in medical practice that have resulted from this approach. This review describes an alternative approach focusing upon development of tomato-based food products for human clinical trials targeting cancer prevention and as an adjunct to therapy. Tomatoes are a source of bioactive phytochemicals and are widely consumed. The phytochemical pattern of tomato products can be manipulated to optimize anticancer activity through genetics, horticultural techniques, and food processing. The opportunity to develop a highly consistent tomato-based food product rich in anticancer phytochemicals for clinical trials targeting specific cancers, particularly the prostate, necessitates the interactive transdisciplinary research efforts of horticulturalists, food technologists, cancer biologists, and clinical translational investigators.
La melagrana, frutto dell’albero del melograno (Punica granatum), è certo cibo occasionale, perché disponibile in aree geografiche e in periodi molto limitati, però la polpa dei suoi frutti è ricca di sostanze naturali molto attive contro il cancro, anche quello della prostata, verso cui agisce anche da coadiuvante dell’apoptosi delle cellule cancerose e da potente anti-proliferitivo, quindi a tumore già iniziato. Il succo dei suoi chicchi è risultato contenere sei sostanze polifenoliche della famiglia degli antocianosidi, che riportiamo per facilità di ricerca con la denominazione scientifica inglese: pelargonidin 3-glucoside, cyanidin 3-glucoside, delphinidin 3-glucoside, pelargonidin 3,5-diglucoside, cyanidin 3,5-diglucoside, and delphinidin 3,5-diglucoside, oltre a vari ellagitannini e tannini idrolizzabili. Tra le centinaia di ricerche citiamo lo studio pre-clinico in vitro e in vivo pubblicato dalla prestigiosa Pnas, rivista dell’Accademia americana delle scienze, che alimenta le speranze dei terapeuti oncologi, come concludono i ricercatori:
The present study is the first report showing the effect of the fruit pomegranate in inhibiting human prostate carcinoma cell growth in an in vitro and in vivo preclinical model. The reduction in tumor growth with concomitant reduction in PSA levels observed in the xenograft model may have human clinical relevance. The outcome of this study could have a direct practical implication and translational relevance to CaP patients, because it suggests that pomegranate consumption may retard CaP progression, which may prolong the survival and quality of life of the patients. In summary, based on the present findings, it is tempting to suggest that the fruit pomegranate and its associated antioxidants may possess a strong potential for development as a chemopreventive and possibly therapeutic agent against CaP (PNAS October 11, 2005 vol. 102 no. 41 14813-14818).
UNO "STATO DELL’ARTE" MOLTO CRITICO. Ecco di seguito una breve sintesi dei risultati scientifici recenti e dell’applicabilità pratica in prevenzione e terapia della nutrizione. Visti da studiosi molto severi, va detto. Dalla tabella originale abbiamo ricavato alcuni alimenti, i loro principi attivi studiati, i meccanismi d’azione presunti, i risultati di esperimenti o meta-analisi sugli studi, e infine i riferimenti agli studi scientifici (da Curr Oncol. 2010 September; 17(Suppl. 2): S4–S1):SOIA. La soia ha collezionato molti studi favorevoli, soprattutto per i flavonoidi contenuti. Questi fitoestrogeni e l’inibizione dell’enzima tirosina-kinasi causano l’apoptosi (suicidio programmato) delle cellule cancerose, limitano la crescita delle cellule e riducono l’infiammazione. Gli effetti positivi sono stati provati con soia non fermentata e principalmente in uomini non occidentali.
Studio (tra tanti): Yan L, Spitznagel EL. Soy consumption and prostate cancer risk in men: a revisit of a meta-analysis. Am J Clin Nutr. 2009;89:1155–63.
POMODORO. In special modo per il carotenoide licopene, dalle proprietà antiossidanti. Positiva la meta-analisi da vari studi precedenti, ma risultati negativi da un esperimento specifico su vari tumori.
Studi (tra tanti): Etminan M, Takkouche B, Caamano-Isorna F., The role of tomato products and lycopene in the prevention of prostate cancer: a meta-analysis of observational studies. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev. 2004;13:340–5. Kirsh VA, Mayne ST, Peters U, et al. A prospective study of lycopene and tomato product intake and risk of prostate cancer. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev. 2006;15:92–8. Peters U, Leitzmann MF, Chatterjee N, et al. Serum lycopene, other carotenoids, and prostate cancer risk: a nested case–control study in the prostate, lung, colorectal, and ovarian cancer screening trial. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev. 2007;16:962–8.
TE’ VERDE. Grande attenzione della ricerca sul tè verde, vale a dire sul tè fatto seccare senza fermentazione in ambiente umido (come per il tè nero). Grazie ai polifenoli della classe delle catechine, specialmente EGCG (epigallo-catechin-gallato), che ha proprietà antiossidanti e di inibizione dell’enzima 5α-reduttasi. Risultati: "Conflicting for overall PCa diagnosis; possible positive effect on advanced PCa diagnosis" (contrastante per le diagnosi di cancro della prostata rispetto a tutti i tumori, ma possibile effetto positivo su diagnosi avanzata di cancro della prostata).
Due studi (tra tanti): Green tea consumption and prostate cancer risk in Japanese men: a prospective study. Kurahashi N, Sasazuki S, Iwasaki M, Inoue M, Tsugane S. Am J Epidemiol. 2008;167:71–7. Chemoprevention of human prostate cancer by green tea catechins: two years later. A follow-up update. Brausi M, Rizzi F, Bettuzzi S. Eur Urol. 2008;54:472–3.
VITAMINA E. Noci e semi oleosi, germe di grano, avena e altri cereali integrali, oli vegetali (freschi). Proprietà antiossidanti e pro-apostosi delle cellule cancerose. Ma in studi controllati e randomizzati non ha mostrato differenze con il placebo.
Studi (tra tanti): Gaziano JM, Glynn RJ, Christen WG, et al. Vitamins E and C in the prevention of prostate and total cancer in men: the Physicians’ Health Study ii randomized controlled trial. JAMA. 2009;301:52–62. Lippman SM, Klein EA, Goodman PJ, et al. Effect of selenium and vitamin E on risk of prostate cancer and other cancers: the Selenium and Vitamin E Cancer Prevention Trial (select) JAMA. 2009;301:39–51.
MALATTIA DELLA "CIVILTA’". Un tempo tipici dei vecchi, l’ipertrofia (ingrossamento) e il tumore della prostata oggi interessano fasce maschili sempre più giovani, in alcuni casi già a 35-40 anni. Lo stile di vita occidentale, soprattutto il sovrappeso, una dieta ricca di grassi (animali in particolare) e di formaggi, sono collegati statisticamente ad un maggior rischio di tumore della prostata. Ed è curioso, ma molto significativo che il gruppo etnico più colpito non sia il tipico "caucasian male", cioè l’uomo bianco americano o europeo o neozelandese o australiano. Ma, prima ancora, il nero afro-americano, cioè il discendente degli africani emigrati negli Stati Uniti. Il tumore della prostata, ad ogni modo, fa parte del gruppo dei "tumori dei Paesi ricchi" insieme con colon, polmoni e mammella, e infatti è poco invasiva in Asia e nei Paesi poveri. Ma l’Oriente non è l’Eden, come pensano molti "alternativi". Per tacere delle altre malattie, non solo ha il record dei tumori a bocca, stomaco, esofago e fegato, i cosiddetti "tumori dei Paesi poveri" o degli Antichi, ma a mano a mano che si sviluppa acquista anche tutti i rischi occidentali, dovuti soprattutto alla dieta sovrabbondante e grassa, e al fumo.
IL PROBLEMA DEI GRASSI SATURI NASCOSTI (E ANCOR PEGGIO DEI GRASSI COTTI). Intanto una precisazione sulla presenza dietetica reale dei grassi saturi nella dieta. Sono abbondanti non solo in lardo, strutto e burro, che sono in teoria facilmente identificabili, e quindi riducibili e perfino eliminabili da chiunque, ma anche nei cibi animali che l'uomo-massa consuma ogni giorno (salumi, carni di ogni tipo, formaggi e latticini) e perfino in alcuni diffusi grassi vegetali (palma, palmisti e cocco) presenti in prodotti alimentari industriali molto diffusi (dadi per brodo, creme spalmabili, patatine fritte, biscotti ecc). Si tratta, perciò, di fonti alimentari ormai abituali che solo ristrette fasce di naturisti, vegetariani o vegan sono in grado di ridurre in modo drastico o eliminare. Non parliamo, poi, delle fritture e comunque del burro e degli altri grassi (o carni) cotti, e per lo più, ad alta temperatura, che producono pericolosi radicali liberi perfino a partire da oli vegetali ricchi di antiossidanti. Tutti pericoli che ancor più degli stessi nutrizionisti - spesso inermi di fronte agli usi popolari ritenuti "tradizionali" - solo una marginale minoranza di naturisti identifica e cerca di ridurre. Di qui il loro potenziale epidemiologico su scala mondiale, che riguarda malattie cardio-vascolari, sovrappeso, obesità, diabete, e vari tumori tra cui mammella, colon, pancreas e, appunto, prostata.
SOIA, MA NON SALSA DI SOIA. E’ paradossale che la tanto strombazzata soia (la lobby industriale della soia è ricca e potente, e finanzia anche la ricerca), come fagiolo al naturale, sia pochissimo consumata nel Mondo, per motivi diversi, il primo dei quali, riteniamo, la sua insita durezza e resistenza alla cottura perfetta, almeno con i metodi casalinghi. Eppure i ricercatori ritengono che uno degli alimenti per cui gli orientali soffrono meno di ipertrofia e tumori alla prostata sia proprio la soia, o meglio i suoi derivati "buoni", diffusissimi in estremo Oriente perché semilavorati già pronti per il consumo e facili da cucinare. Sono gli spaghetti di soia, le proteine tessute "simil-carne", gli introvabili veri germogli di soia (da non confondere con i reperibilissimi ma truffaldini "germogli di soia" commerciali diffusi in tutto il mondo ottenuti dal piccolo fagiolo verde mung), il tofu o "formaggio" di soia ricavato dal "latte" di soia, il natto e il tempeh che si preparano facendo fermentare da colture di miceti i fagioli di soia. Tutti alimenti tipici dell'estremo Oriente. Gli altri derivati della soia, quelli epidemiologicamente "cattivi", ugualmente molto diffusi in Oriente (salsa di soia, shoyu o tamari, e miso), sono addirittura collegati ad un maggior rischio di cancro, per lo più gastrico ed epatico (sale, radicale N-nitroso, amine ecc).
FLAVONOIDI E FITOESTROGENI. Il principio attivo per cui la soia, quella vera, insieme con i suoi derivati "buoni", è collegata ad una minore incidenza statistica di ipertrofia e cancro della prostata è il gruppo dei flavonoidi. In particolare gli isoflavoni, tra cui sostanze fito-estrogeniche come genisteina (utile come simil-ormone in terapia e prevenzione) e dazeina, usate oggi in esperimenti di terapia ormonale nelle donne in menopausa e osteoporosi, e sugli uomini con problemi di prostata. Vari ricercatori, primo tra tutti il Setchell, hanno provato che l’equolo, un metabolita che si forma nell’intestino quando la soia è digerita, ha "notevole efficacia" nell’inibizione dell’ormone maschile coinvolto nell’iperplasia e nel tumore della prostata. L’equolo per la verità è ancora meno potente come estrogeno degli isoflavoni di partenza presenti nel legume, che a loro volta sono molte volte meno potenti dei veri ormoni animali, ma ha comunque la capacità di inibire nell’uomo l’attività dell’ormone deidrotestosterone (DHT), che normalmente stimola la crescita della prostata aumentando sia il rischio di iperplasia benigna (ingrossamento della prostata), sia la possibilità dell’insorgenza di questo tipo di tumore. E per di più sembra adatto ai consumi prolungati nel tempo senza mostrare effetti collaterali. Questa scoperta è molto importante dal punto di vista clinico – ha commentato lo stesso Setchell – in quanto bloccare l’azione del potente androgeno DHT è un’ottima strategia per curare il cancro alla prostata".
Ne sono derivate numerose ricerche, importanti anche dal punto di vista farmacologico, come quella di ricercatori della Colorado State University, della Brigham Young University e del Cincinnati Children’s Hospital Medical Center, che hanno analizzato la risposta dell´equolo sui topi, pubblicata su Biology of Reproduction. Si cerca infatti un’alternativa ai farmaci anti-testosterone, che sono in grado di inibire un enzima che converte il testosterone in DHT, ma hanno troppi effetti collaterali. Con la vantaggiosa differenza che l’equolo non blocca la produzione di DHT, ma il suo funzionamento. Impedisce infatti al DHT di legarsi ai recettori e di far ingrossare la prostata. Naturale che questo filone di ricerca interessi oncologi, urologi e pazienti a cui è stata diagnosticata una prostata ingrossata (iperplasia prostatica benigna) o un tumore alla prostata.
I derivati della soia, come tofu ("formaggio" di soia) e natto (soia fermentata), e il pesce, alimenti tradizionali in Giappone, sono collegati secondo uno studio di urologi giapponesi a minor rischio di cancro della prostata. La carne, invece, è collegata ad un rischio più alto. Curiosamente, a differenza di altri studi su uomini europei o americani che danno l'eccesso di latticini a rischio e verdura-frutta protettive, qui il latte, oltre a frutta, vegetali, vegetali giallo-verdi e pomodori, non hanno mostrato alcun collegamento, né negativo né positivo:
A CASE-CONTROL STUDY OF DIET AND PROSTATE CANCER IN JAPAN: POSSIBLE PROTECTIVE EFFECT OF TRADITIONAL JAPANESE DIET. Tomoko Sonoda, Yoshie Nagata1, Mitsuru Mori1, Naoto Miyanaga, Naomi Takashima, Koji Okumura, Ken Goto, Seiji Naito, Kiyohide Fujimoto, Yoshihiro Hirao, Atsushi Takahashi, Taiji Tsukamoto, Tomoaki Fujioka, Hideyuki Akaza. Cancer Science Volume 95, Issue 3, pages 2 38–242, March 2004. The age-adjusted incidence of prostate cancer is low in Japan, and it has been suggested that the traditional Japanese diet, which includes many soy products, plays a preventive role against prostate cancer. We performed a case-control study on dietary factors and prostate cancer in order to assess the hypothesis that the traditional Japanese diet reduces the risk of prostate cancer. Four geographical areas (Ibaraki, Fukuoka, Nara, and Hokkaido) of Japan were selected for the survey. Average daily intake of food from 5 years before the diagnosis was measured by means of a semi-quantitative food frequency questionnaire. We studied 140 cases and 140 individually age (±5 years)-matched hospital controls for analysis. Estimates of age-adjusted odds ratios (ORs) and linear trends were calculated by conditional logistic regression models with adjustment for cigarette smoking and total energy intake as confounding factors. Consumption of fish, all soybean products, tofu (bean curds), and natto (fermented soybeans) was associated with decreased risk. ORs of the fourth vs. first quartile and 95% confidence intervals (95%CIs) were 0.45 (0.20–1.02) for fish, 0.53 (0.24–1.14) for all soybean products, 0.47 (0.20–1.08) for tofu, and 0.25 (0.05–1.24) for natto. Consumption of fish and natto showed significantly decreasing linear trends for risk. Consumption of meat was significantly associated with increased risk (the OR of the second vs. first quartile was 2.19, 95% CI 1.00–4.81). Our results provide support to the hypothesis that the traditional Japanese diet, which is rich in soybean products and fish, might be protective against prostate cancer.
In margine, sugli isoflavoni della soia, a dimostrazione che in Natura il bene e il male sono strettamente collegati, cioè che nessun vegetale scelto dalla selezione umana come "alimento" è davvero totalmente sano o fatto "per l’Uomo", si è anche scoperto che la genisteina (isoflavonoide utile in quanto, ripetiamo, dopo la digestione si trasforma in equolo) di per sé, prima che si trasformi in equolo, in esperimenti di laboratorio agisce come sostanza mutagena e tossica sui geni della cellula. Ma, ripetiamo, nel corpo umano conta non tanto la genisteina in quanto tale, ma i metaboliti che ne derivano.
QUALE DIETA. Infine, degno di nota un generale consiglio alimentare della Fondazione per la Ricerca in Urologia (Friu), che risponde in modo semplice – anche troppo, e pure con qualche imprecisione – alla domanda popolare: si può agire sulla dieta per prevenire il carcinoma della prostata ? "Un'alimentazione ricca di grassi animali e povera di fibre, particolarmente frequente nel mondo occidentale, fa aumentare il rischio tumorale. In particolare c’è da fare attenzione ai grassi saturi, quelli contenuti nelle carni rosse. I pomodori, invece, contengono una sostanza, detta licopene, che è un potente antiossidante potenzialmente capace di svolgere un’azione anticancerogena. Altri alimenti da favorire, in quanto contenenti antiossidanti come la vitamina E ed il selenio, sono l’ olio di oliva, l’ albume d’uovo, la frutta secca [espressione sbagliata che vuol dire solo "semi oleosi", NdR], il pesce, i cereali integrali, il tè verde [e le verdure abbondanti, NdR]. In definitiva, per ridurre il rischio di sviluppare un carcinoma prostatico è da consigliare una dieta ricca di fibre, vegetali, cereali, legumi e frutta e povera di grassi".
UNA PRECISAZIONE. Infine, visto che gli alimenti che prevengono l’ipertrofia possono essere gli stessi che riducono il rischio di carcinoma, è bene evitare un possibile equivoco nel lettore con una precisazione degli oncologi: "Non esiste una relazione tra l’iperplasia prostatica benigna ed il cancro della prostata. Iperplasia prostatica e carcinoma della prostata sono fenomeni completamente diversi. Il carcinoma prende origine, nella maggior parte dei casi, dalla zona periferica, mentre l’iperplasia benigna origina dalla porzione centrale, detta zona transizionale, della ghiandola. Quindi, l’iperplasia non si trasforma in tumore maligno e non risulta neanche essere una condizione favorevole per l’insorgere del carcinoma. Il carcinoma della prostata, infatti, può colpire indifferentemente sia i soggetti affetti da iperplasia, che quelli senza altre malattie prostatiche" (Friu cit.).
IMMAGINI. 1. Una tazza di tè verde con foglie fresche della pianta. 2. Salsa di pomodoro e aglio. 3. Pane integrale, come simbolo di tutti i cereali integrali (dotati di germe e fibre). 4. Scaloppine di formaggio di soia (tofu) e zucca gialla, anch'essa antiossidante grazie al beta-carotene. 5. Melagrana.
Etichette: alimenti antiossidanti, cancro, cereali integrali, curcuma, fitormoni, flavonoidi, licopene, lignani, melagrana, pomodoro, prevenzione, semi di lino, sesamo, soia, tè verde
9 Comments:
Grazie, articolo fondamentale!
Molto interessante, Nico, l'articolo e sempre ricco di contenuti. Evidentemente altre prove bisognerà fare per avere una certezza dell'efficacia di alcuni "nutriceuti": ma è importante che qualcuno si stia muovendo per scoprire e adottare nuovi approcci preventivi per questa ed altri tipi di patologie.Grazie per il tuo impegno divulgativo.
Ma sì, anche se è assurdo chiedere alla biologia-medicina "prove definitive", perché è in continua evoluzione, nel frattempo si cominciano a delineare almeno le regole di tendenza. Intanto dovrebbero bastarci: vedo ovunque, malgrado quello che vado studiando e scrivendo da decenni, gente che mangia malissimo. E sono la stragrande maggioranza.
Excellent green tea article, very useful for me.
Ciao Nico ,piacere di scriverti dopo averti scoperto per caso navigando. Sono rimasta catturata dal tuo sito e dalla tua maniera pratica e ricca di buon senso con cui affronti uno degli argomenti più inflazionati della rete.
A proposito dei semi di lino, che prima di leggerti consumavo abbastanza frequentemente, non vale anche per questo alimento la regola che, accanto a caratteristiche non buone o anche dannose se prese a dosi massicce sono presenti aspetti benefici funzionali per l'organismo per cui vale la pena comunque assumerlo saltuariamente?mi sembra eccessivo eliminare totalmente un alimento a meno che i suoi effetti negativi superino di gran lunga quelli benefici. Mi sento di dire per esempio che lo zucchero raffinato potrebbe entrare in questa categoria o il vino con i suoi solfiti presenti e aggiunti. Se pero' mi sfugge qualcosa sono lieta di approfondire l'argomento.
Ti ringrazio davvero di cuore.
SEMI DI LINO O DI SESAMO? “Articolo bellissimo che però mi ha fatto sorgere un dubbio e una domanda da porvi. Leggo a proposito di sesamo e semi di lino: “Studi analoghi, per inciso, si possono trovare sui più comodi semi di sesamo, che a differenza di quelli di lino sono un alimento, e non contengono il pericoloso veleno acido cianidrico”. Io i semi di lino, tritati, li mangio mattina e sera cioè a colazione e a cena. Potete gentilmente chiarirmi il dubbio? Grazie, cordiali saluti.
Vito
RISPOSTA. Immagino per i pubblicizzatissimi Omega-3 che dovrebbero dar luogo, se tutto va bene nel metabolismo dell’individuo, a EPA e DHA. La cosa non è del tutto confermata, i semi di lino non sono un vero cibo (si usano per fare vernici di pittura), si possono mangiare solo tritati (altrimenti non si possono masticare e restano inutilizzati) all’istante (tritati si ossidano subito) e hanno un sapore infinitamente peggiore dei semi di sesamo, anch’essi da tritare oppure – ecco – da mangiare come torroncino (una bella differenza). Per le fibre vanno bene entrambi: meglio in pratica il sesamo. Il lino contiene quel veleno (acido prussico o cianidrico) non mortale per consumi normali, ma è meglio evitare. E’ lo stesso delle mandorle amare, il cui commercio E’ VIETATO.
Marilena, lo ripeto per l'ennesima volta (hai letto il Forum e gli altri articoli?): i semi di lino NON SONO UN ALIMENTO. Nella nostra tradizione, e credo in qualsiasi cultura antropologica. Io studiando la storia dell'alimentazione mediterranea NON li ho trovati. Invece sono stati un alimento i semi di canapa (oggi "canapuccia" per i canarini) con cui i poverissimi facevano minestre. L'ho messo anche nel mio "Mangiare italiano".
Ma perché vi fate così condizionare dalla pubblicità, dai siti web e dagli articoli pubblicitari? Ci sono dietro interessi economici e ideologici, lo volete capire?
Ti ricordo che fondamenti dell'Alimentazione Naturale sono due: la Tradizione (quindi bisogna vedere se gli Antichissimi lo facevano o no, e come) e la Scienza moderna. Pòniti sempre questi due problemi per capire se qualcosa si può mangiare, se fa bene o no. E' facile, no? Lo zucchero bianco è del tutto fuori, quindi, e anche l'eccesso di zuccheri, fosse pure il miele: va preso pochissimo. Il vino va usato poco o pochissimo, o non va usato. Al massimo, ma solo per chi già lo beve, 1 bicchiere a pasto. Non sono mie opinioni come nei soliti siti web: è la sintesi di Scienza moderna (i nutrizionisti di oggi al massimo livello) e Tradizione. Basta dire che nell'Antichità tutte le donne e tutti gli uomini fino a 35 anni non lo potevano bere. E gli altri lo bevevano annacquato per 2/3. Capito, come si ragiona? Storia e scienza. Non c'è altro. Non esiste il buonsenso quotidiano. Non è che ognuno può dire la sua. Sono cose scientifiche, dobbiamo solo studiare. Ciao
grazie semplice e chiaro.
ai pensato
a questo pensato a un menu settimanale da consigliarci se si ne saremo grati
Il vino. .Se porta l'individuo ad ubriacarsi, quindi risulta dannoso, presumo che anche in piccole quantità faccia male.
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