PESTICIDI. Ma dobbiamo ancora mangiarle 6 porzioni di frutta e verdura?
IL PROBLEMA DEI RESIDUI DI FITOFARMACI. «Caro Nico, non so se ha visto Report di ieri sera. Un servizio riguardava in generale il rapporto costo-prezzo finale di certi generi alimentari, ma affrontava anche alcuni temi come la moria delle api e la presenza di sostanze usate in agricoltura per "conciare" i semi, in molti frutti. Nel caso delle api, da indagini di laboratorio fatte su campioni di api morte di alveari piemontesi è risultato che a causarne la morte è stata con altissima probabilità una sostanza usata per conciare i semi del mais (le api sono morte subito dopo la semina in campi adiacenti agli alveari e nel loro corpo la sostanze era presente in concentrazioni alte). Quanto alla frutta, in alcuni campioni prelevati in varie regioni europee sono stati trovati più di quattro, cinque, in un caso nove, sostanze appartenenti alla stessa "famiglia" chimica in dosi basse, è vero, ma questo non rassicura; secondo l'oncologo intervistato l'interazione tra queste sostante e gli effetti della loro assunzione reiterata non è affatto nota. Allora che si fa? Continuiamo a consumare grandi quantità di frutta e verdura, viriamo sul biologico (che è emerso, dovrebbe in realtà costare meno come già sapevamo)? Ho letto i suoi articoli su questo tema, ma il servizio di Report, fatto con il consueto scrupolo, dati alla mano (i dati, poi, sui vini francesi, erano agghiaccianti) è davvero preoccupante. A presto, Pat».
RISPOSTA. E’ sempre così dopo una denuncia in televisione. Si ha un bello scrivere libri o articoli o tenere seminari o conferenze, o mostrare studi scientifici. Niente ha la suggestione della tv, specialmente nelle ore di massimo ascolto, anche sui laureati. Beninteso i laureati di altra materia rispetto al tema della denuncia.
Siamo estimatori di Report e del suo buon giornalismo di inchiesta, ma quello denunciato è un piccolissimo aspetto della realtà: l’inquinamento probabile in un solo luogo o in pochi luoghi, per una specie animale e una specie vegetale. I reporter sono come gli scienziati: il loro lavoro si riferisce solo ai casi particolari citati, e basta. La vicenda denunciata è grave, gravissima (e ho provveduto a inserire il collegamento al filmato originale di Report). Infatti – controprova – il Ministero ha sospeso il composto farmacologico, e tutto è tornato come prima: le api ora stanno benissimo anche dopo le semine di mais. Ma, certo, come negarlo, resta l’inquietudine: «chissà quanti altri inquinamenti, quanti altri effetti tossici ci sono per questa o quella sostanza nelle più diverse parti d’Italia, d’Europa, del Mondo, senza che una trasmissione tv li denunci e che un Ministero non ritiri dal commercio un pesticida», pensano i telespettatori, gli acquirenti.
Ma poi, passata l’indignazione e l’emozione, subentra la razionalità, il senso critico, il confronto di questo piccolo dato con mille, milioni di altri dati, locali, regionali, nazionali, continentali che riguardano i rischi di tossicità delle piante alimentari. E vengono fuori – meno male – molti altri dati, organizzati in modo serio (le statistiche tossicologiche di Enti specializzati di formazione chimica, controllati da altri Enti specializzati di formazione biologico-medica, inseriti in un quadro generale di competenza di altri specializzati che sono gli epidemiologici (gli studiosi di statistica medica). E così scopriamo che, invece, i dati buoni sono di gran lunga più numerosi dei dati cattivi. Quindi non lasciamoci andare all’allarmismo più cupo e senza speranza. Siamo pur sempre, noi Europei, il primo Continente nella prevenzione e nelle misure cautelari su agricoltura-alimentazione-medicina (che perfino gli Americani giudicano eccessive, talvolta), e in particolare noi Italiani, siamo il primo Paese al Mondo per tutela degli alimenti, e qui di seguito ne parliamo di sfuggita, però pubblicando tre bellissime tabelle, il Paese con i minori residui di pesticidi negli alimenti (indagini dell’Unione Europea e del Ministero della Sanità italiano, v. i grafici riportati sotto tratti dall’ente specializzato ICPS, Ministero della Sanità, Unione Europea).
Altrimenti, quale sarebbe l’alternativa? Tutto "bio", ma veramente tutto, non il solito yogurtino o il cuscus che si mangia ogni tanto. Dice: ma costa caro, carissimo. Allora per i poveri l’alternativa sarebbe non mangiare più frutta e verdura? Ma anche cereali e legumi, secondo questa logica allarmistica, sarebbero inquinati. E ne dobbiamo mangiare almeno 4-6 porzioni al giorno. E pure integrali. E i semi oleosi e gli oli? E non parliamo di carni (antibiotici, farmaci, ormoni), pesci (mercurio, cromo ecc.) e altri cibi animali, ancora più inquinati, perché con tracce non di microgrammi come l’inquinamento presente nei vegetali, ma di milligrammi, cioè 1000 volte di più. E le piante stesse, non hanno i pesticidi naturali propri (sia pure per lo più utili a prevenire o ridurre i rischi)? Ebbene, anche questi vanno a suon di milligrammi, non di microgrammi, quindi sono 1000 volte più dell’inquinamento ambientale.
E allora, digiuno assoluto? No, per fortuna la risposta salva-vita è ai punti 1 e 2. Ma poi alla fin fine per gli epidemiologi contano i morti. I famosi oncologi Peto e Doll in uno studio ormai classico e stracitato hanno attribuito alla dieta oltre il 30% di morti da tumore (poi diventati 30-50% per gli altri autori), al tabacco il 30% e all’inquinamento non più del 5%. Aspettiamo, perciò, a suicidarci.
Torniamo ai tempi antichi? Io ci starei, e me la caverei benissimo. Ma si è scoperto che stando tutto il giorno accanto al focolare, gli Antichi assorbivano un’enorme quantità di prodotti della combustione cancerogeni, insomma di fatto… fumavano 20 sigarette al giorno. Per tacere del resto. Non dimentichiamo che nella Roma antica tale era il traffico che c’erano i sensi unici alternati. E poi rumore, inquinamento (lo sappiamo dalle cronache e dalle satire), sporcizia del cibo, colibatteri fecali e muffe, e perciò cancri allo stomaco e infezioni gastro-intestinali: un’ecatombe tra neonati, bambini e donne giovani. Lo sappiamo per analogia dagli attuali popoli rurali che vivono con il medesimo standard di igiene alimentare degli Antichi. E tutti che, già allora, perfino Lucrezio, rimpiangevano una passata e imprecisata "Età dell’oro".
Ma torniamo alla denuncia sui residui di fitofarmaci nel miele. Anche noi, noi soprattutto siamo golosi del buon miele. A Zapping (radio Rai) un apicoltore toscano che ha partecipato sabato scorso alla fondazione dell’UCA (Unità di crisi api) ha ammesso che le api muoiono a migliaia in Italia e in Europa anche dove non è stato dato quel neonicotinamide citato da Report (a proposito, ecco il testo dell'inchiesta). E dunque, ipotizzava non una sola causa, ma una molteplicità di cause (varròa e altri parassiti, razze di api importate, onde elettromagnetiche, pesticidi anti-zanzara tigre ecc.). Il che è ancora peggio. Insomma, si brancola nel buio. Sono contento, però, che qualcuno cominci a protestare contro le assurde, perché costose, inefficaci e dannose campagne di sterminio delle zanzare messe in atto dai Comuni su segnalazione di cittadini molto ottusi e apprensivi, forse gli stessi che chiamano il Servizio Giardino per tagliare un ramo pericolante d’un albero e poi permettono che venga ridotto a scheletro. Pipistrelli e uccelli si nutrono di zanzare: basta non sterminarli a loro volta coi pesticidi. E c’è chi usa da anni oli di geranio e citronella e non viene quasi mai punto. Quei veleni non distinguono tra specie: se cosparsi al momento delle fioriture, uccidono le api più che le zanzare. E le api sono fondamentali non solo per noi naturisti fanatici della Natura ma per tutti, perché sono alla base delle impollinazioni, e quindi dei fiori, e perciò della nascita di tanti buoni frutti.
Invece, sulla questione della frutta e della verdura inquinate, che pure su raccomandazione di cardiologi e oncologi (e ormai di WHO-OMS) dovremmo consumare tutti in almeno 5-6 porzioni al giorno (anzi, io nei miei Seminari ne raccomando 6-8, col sistema del raddoppio delle porzioni, che sono molto piccole), sono più ottimista. Elenco, perciò, tre ragionamenti:
1. Noi non consumiamo frutta e verdura appena irrorate. I vegetali freschi che noi mangiamo impiegano da pochi giorni a parecchi mesi (è il caso delle mele, che si conservano bene) dalla raccolta alla nostra tavola. Di frequente, perciò, nonostante i numerosi trattamenti chimici ricevuti, ad un controllo dell’ISS (Istituto superiore di sanità) presso i grandi magazzini all’ingrosso risultano o con residui nella norma, o addirittura esenti, quindi praticamente "bio". Da un rapporto della Sanità risultava anni fa (ma la tendenza è stata confermata negli anni successivi, v. tabelle) che in Italia, tra i campioni di vegetali freschi venduti in normali negozi e supermercati, il 98,7 % delle verdure e il 98,8 della frutta è regolare (residui secondo legge), ma con questo importante particolare: ben l’81,7 (verdura) e il 55,8 (frutta) sono "del tutto esenti da residui" (quindi simili al "biologico"). Il 17 % delle verdure e il 43% della frutta hanno residui inferiori ai limiti massimi consentiti. Solo l’1,3 e l’1,2 per cento, rispettivamente, erano irregolari, cioè con residui superiori alla legge (2001). Com’è possibile?
E’ che a differenza delle vecchie, le nuove molecole di pesticidi inventate negli ultimi anni non sono persistenti, ma sono fatte apposta per degradarsi "a tempo". Ecco perché poi alle analisi, per quanto accurate, non si trovano più. Perciò, non il piccolo contadino isolato, che è capace di tutto, nel bene o nel male, ma paradossalmente le grandi aziende che forniscono i supermercati con le loro mele insipide perché raccolte immature, stanno bene attente alle quantità e ai tempi delle irrorazioni, che effettuano in modo professionale sempre molto prima del raccolto. Per risparmiare (i pesticidi costano), per non farsi sequestrare la merce o per farsi pubblicità con l’agricoltura "integrata" (pochi pesticidi e uso degli insetti predatori come "lotta biologica ai parassiti).
Piuttosto, c’è un altro fattore che preoccupa: l’effetto somma. Le leggi europee nulla dicono sul totale degli antiparassitari e sulle possibili interazioni sinergiche tra loro. Per ipotesi, una mela potrebbe anche avere tracce di 10 antiparassitari, ciascuno dei quali inferiori alla soglia di legge, ma in totale potrebbero rivelarsi una bomba chimica. Ma vediamo da una apposita tabella che anche per i residui di due o più pesticidi l’Italia è il Paese più virtuoso e più sano.
2. Ma una seconda considerazione ci rinfranca non poco. Oggi in frutti e verdura ci sono indubbiamente molto meno tracce di pesticidi di ieri, e ieri molto meno dell’altro ieri (i terribili anni 80).
Ebbene, a quando risalgono i primi studi scientifici che dimostrano l’utilità anti-cancro di frutta e verdura? Proprio agli anni 80. Dunque, allora, i frutti e gli ortaggi che negli studi funzionavano da antiossidanti anti-cancro erano inquinati da pesticidi. Da allora ad oggi tutti i frutti e le verdure usati negli esperimenti che dimostrano il valore protettivo di verdura e frutta sono stati acquistati nei supermercati più vicini all’istituto di ricerca (e perfino sulle bancarelle all’aperto, in mezzo al traffico!), non certo nelle botteghe del "biologico". Infatti gli studi sul "bio" sono rarissimi, e comunque ben descritti nel settore dello studio intitolato "Materials and Methods ".
3. Da questo tutti gli oncologi, da Della Porta a Veronesi, e i farmacologi come Garattini, fanno discendere un postulato fondamentale, che recita così: Per quanto frutta e verdura possano essere inquinate, sempre converrà consumarle in abbondanza, e con la buccia (dove ci sono abbondanti antiossidanti), perché i loro vantaggi protettivi supereranno sempre e di gran lunga gli eventuali svantaggi. E chi ne avrà consumate 10 porzioni risulterà protetto molto di più di chi ne avrà consumate solo 2 o 5.
Infatti, le sostanze difensive dei vegetali sono migliaia di volte più abbondanti e più potenti delle tracce di inquinanti e pesticidi. Ammesso e non concesso che queste siano ancora presenti al momento del consumo, e spesso non lo sono, come abbiamo visto.
Ma almeno togliamo la buccia dei frutti? Macché, va sempre consumata, se mangiabile. La parte esterna ha sempre più sostanze di difesa di quella interna, soprattutto polifenoli e carotenoidi, più fibre (pera con la buccia, 3,27 g di fibre, sbucciata 2,83 per 100 g), talvolta – ma questo è meno frequente o interessante – perfino più vitamine. Nelle mele della varietà "golden delicious" (che non sono certo quelle più dotate, anche se tra le più popolari) uno studio attribuisce alla buccia ben 226 mg (capito? milligrammi) di polifenoli totali per 100 g, contro appena 19 mg della polpa. La buccia, che tutti eliminano con la scusante che "è sporca" o "certamente contiene più residui di pesticidi", ha fatto registrare potenti antiossidanti, tra cui 12 mg di acido clorogenico, 30 mg di epicatechine, 23 mg di procianidina B2, tutte sostanze anti-cancro. La polpa ne conteneva invece, rispettivamente, solo 8, 4 e 4mg.
Si noti che se anche fossero rimasti i residui di pesticidi denunciati giustamente da Report (ma oggi per fortuna molte molecole sono labili nel tempo e non arrivano al piatto) questi sarebbero microgrammi, cioè migliaia di volte inferiori. Perciò, un frutto senza buccia, o peggio non mangiare affatto frutta e verdura per l’irrazionale paura dei pesticidi in microgrammi, significherebbe perdere le difese antiossidanti, 1000 volte più pesanti, che ci proteggono, e consegnarsi stupidamente nudi al nemico (cancro, malattie cardiovascolari ecc.).
Insomma, in agricoltura e alimentazione è bene che i consumatori – dopo aver studiato un poco, però, perché per controllare e criticare bisogna avere un minimo di conoscenze scientifiche: non è cosa da tutti), tengano gli occhi bene aperti e mantengano sempre in esercizio lo spirito critico. Ma quanti lo hanno in Italia? Se lo spirito critico fosse connaturato, non avremmo avuto a governarci – unico Paese in Europa – non solo la Chiesa per secoli, ma anche tutte le tentazioni autoritarie e populiste possibili. E credendo ad ogni “al lupo, al lupo”, considerando allo stesso modo le denunce fondate e quelle campate in aria, non aiutiamo certo a fare chiarezza sull’agricoltura e sul cibo.
CONCLUSIONE. La lobby delle aziende produttrici di fitofarmaci (pesticidi e simili) è al lavoro ogni giorno, e riesce in tutto il Mondo, anche in Europa e in Italia, a far approvare leggi e soglie favorevoli o non troppo sfavorevoli alle aziende. Approfittando del fatto che i cittadini acquirenti sono distratti, hanno poco spirito critico, non si collegano tra loro, non partecipano alla vita sociale e politica, non hanno cultura né sono esperti di chimica, biologia o diritto. Così finisce che protestano per una sciocchezza o una cosa non vera vista su internet, o estendono “per analogia” un allarme o un caso particolare o temporaneo all’intera materia, mentre non protestano per cose più fondate, gravi e continuative. La situazione, quindi, è seria ovunque. Ma, come dicono chiaramente le tabelle, non è grave, anzi, in Italia la stragrande maggioranza degli alimenti è addirittura priva di tracce di pesticidi (che pure sarebbero consentiti fino ad un certo limite). E tranne casi particolari e temporanei, nel complesso in Europa la sanità delle piante alimentari e del cibo è molto più controllata e garantita oggi che ieri (p.es. dagli anni Sessanta agli Ottanta). In particolare, proprio l’Italia è la più virtuosa (o la meno peccatrice) in Europa e per certi aspetti nel Mondo, come mostrano le tabelle ufficiali dell’Unione Europea e del Ministero della Sanità italiano sui residui dei pesticidi, e anche la diffusione dell’agricoltura biologica (Italia prima in Europa e tra i primi al Mondo). Perciò, non dobbiamo cadere nel solito allarmismo all’italiana che partendo da una denuncia o un episodio, magari poi smentito, fa di ogni erba un fascio. Tanti mali ha fatto e continua a fare da secoli questo modo italiano ed emotivo di pensare e fare: insieme autodenigratorio, autolesionistico, e sicuramente dagli ambigui risvolti psico-patologici (masochismo). Perché genera confusione, abbattimento, inazione, oppure proteste per battaglie sbagliate e dunque perdenti. Proprio quello che vogliono le lobbies dei fitofarmaci (loro li chiamano fitosanitari) e della chimica aggiunta agli alimenti.
AGGIORNATO IL 22 DICEMBRE 2014
Etichette: agricoltura biologica, cancro, controlli sul cibo, epidemiologia, frutta, pesticidi artificiali, pesticidi naturali, verdura
5 Comments:
Meno male, mi hai rinfrancata.
besos. Pamela.
Grande. Un caro abbraccio
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Mi ci ritrovo con diverse tue conclusioni e mi conforta!
Un buon lavoro e COMPLIMENTI!
Caterina
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