DIETA. Più magri e protetti con cibi e pietanze a minore “densità energetica”
Zuppa con crostoni ed erbe meglio di pastasciutta, minestrone misto di verdure e legumi meglio del riso, mela o carota meglio di biscotti e crackers, e così via. Insomma, meglio ciò che contiene acqua. Basta dare un’occhiata al grafico per capire al volo il concetto della densità energetica. E' noto che in un'alimentazione sana e naturale, che unisce tradizione antica e conoscenze scientifiche moderne, i cibi molto idratati, energeticamente meno densi (rapporto ideale tra calorie, peso o volume), sono di gran lunga da preferire, sia per l'aspetto nutrizionale, sia per il buon funzionamento dell'apparato digerente, sia infine per la prevenzione o protezione dai radicali liberi e dalle malattie degenerative da civilizzazione. Per tanti motivi, a cominciare dal maggiore e più rapido senso di riempimento e di sazietà interprandiale (cioè tra una portata e l'altra, se si tratta di un pranzo) e postprandiale, che si traduce in una parziale, rallentata e prolungata trasformazione dei carboidrati complessi in glucosio, con conseguente minore secrezione dell'ormone insulina e minor rischio di insulino-resistenza, ma anche ridotta incidenza di malattie diabetiche, cardiovascolari e perfino tumorali.
Ma ci accorgiamo anche che questo criterio della "densità energetica", che ci sembrava così futile, quasi da riviste femminili che inventano una "dieta" a settimana, o da dietologi alla moda, ha risvolti importanti. Sulla densità energetica è stato perfino organizzato un convegno scientifico di nutrizionisti e dietologi.
Fateci caso: coincide con ben altre scale di alimenti, per esempio quelle che tengono conto della presenza di amidi resistenti (RS, "resistent starch"), delle tante e diversificate fibre alimentari (solubili e insolubili), delle sostanze antiossidanti (dai carotenoidi agli acidi grassi n-3, alle vitamine antiossidanti vere e proprie ecc), dei principi attivi protettivi (dai tanti polifenoli ai glucosinolati delle Brassicacee, ai solfuri di allile delle Liliacee), e così via.
Guardando la prima colonna della tabella si scopre ovviamente che i più alti livelli di acqua, peso e volume dell'alimento o della pietanza coincidono di fatto con minori concentrazioni di grassi, proteine, amidi e zuccheri semplici. E sono collegati anche ad una maggior presenza di fibre alimentari, di vitamine, di antiossidanti, di sostanze non-nutrizionali farmacologicamente attive.
Perché la tabella non sembri un perenne invito al minestrone - che è un'ottima e sanissima pietanza, sia chiaro - va specificato che non bisogna certo consumare solo gli alimenti o le pietanze appartenenti alla prima colonna. La tabella vuol solo dare con immediatezza grafica ed empirica, mettendo insieme gli elementi più diversi, una indicazione generica della scala dei "valori" del nostro cibo quotidiano.
Si sa che i Consensus internazionali prescrivono a tutti "almeno 5 porzioni tra verdura e frutta ogni giorno" (1 pz di crudità o insalata=100g, 1 pz di verdure cotte=250g a crudo). Noi ci permettiamo di consigliare 3 frutti ai 3 pasti (colazione, pranzo, cena) ogni giorno, e invece più verdure, per esempio 4 pz. al giorno, col facile sistema del raddoppio delle porzioni. Infatti è difficile convincere la gente a consumare sempre a pranzo e a cena una pietanza in più, cioè una crudità più una verdura cotta di contorno. Mentre se gli suggeriamo a pranzo e a cena una sola insalata mista coloratissima, ma doppia, cioè di 200g a testa, ecco che avremo ben 2 pz. in più al giorno. Solo così raggiungeremmo facilmente le 7 e più porzioni giornaliere totali. Un ottimo livello di protezione.
Non c'è dubbio inoltre che, a parità di cereali raffinati, c'è un abisso tra una minestra e un pacchetto di crackers. Molto meglio la prima. E ci sarebbe ancora differenza anche se minestra e crackers fossero entrambi di cereali integrali, quindi di valore biologico e protettivo superiore. Appunto, la tabella vuole mettere in luce in modo semplice e non rigorosamente scientifico, queste differenze di concentrazione energetica e di livelli di protezione. Non dice altro.
Non dice - ma questo dovrebbe essere ovvio - che bisogna tenere conto delle necessità energetiche individuali (che si basano anche sul movimento fisico, che dovrebbe essere quotidiano) e del diagramma nutrizionale generale che prevede il 50-55 per cento di carboidrati (di cui il meno possibile semplici: non esiste una vera esigenza di zuccheri dolci...), il 30-35 per cento di grassi, per lo più non saturi, il 10-15 per cento di proteine, di cui una notevole quota deve essere vegetale.
Ma attenzione alla quarta colonna, quella più critica dell'alta densità energetica. Cibi e pietanze qui presenti non sono certo tutti uguali, anzi. Bisogna distinguere bene tra veri e propri "cibi spazzatura" o junk food, da eliminare subito o tutt'al più - se il resto della dieta è sano - da riservare a rare infrazioni per motivi conviviali o sociali, e alimenti molto utili o addirittura indispensabili come gli oli vegetali o i semi oleosi, ricchi di acidi mono e poli-insaturi. Saper decidere con buonsenso e moderazione tra un ricciolo di burro crudo sul pane integrale (o una tazzina di fragole alla vera panna) e la pessima abitudine quasi quotidiana delle fritture, sia di alimenti vegetali che animali. Meno peggio, allora, poco burro crudo e panna ogni tanto.
Saper decidere tra una sanissima torta dolce (meglio poco dolce) di farina integrale con frutta fresca e i soliti pasticcini del bar di farina raffinata 00 pieni di grassi, additivi e saccarosio. Saper scegliere tra i soliti biscotti, inutili e grassi (snacks, crackers, gallette di riso, biscotti "digestivi" o integrali che siano) e una più sana fetta di pizza al forno ripiena di verdure. Saper orientarsi tra le noci o una buona crema di nocciole con carruba o cacao e le misteriose creme spalmabili sia pure "light" della pubblicità. Saper ridurre a golosa infrazione ogni tanto anche la marmellata "naturale" senza zuccheri aggiunti prodotta oggi a caro prezzo da ditte specializzate. E' sicuramente meno dannosa di quella della nonna, che era stucchevole per quanto zucchero aveva, ma pur sempre un concentrato di zuccheri del tutto inutile, che anzi favorisce gli accumuli di grasso.
Allo stesso modo, nella seconda colonna ci sono alcuni cibi e preparazioni a bassa densità, come carne, pesce e frittate, ma di cui non possiamo eccedere, specialmente per i primi due, sensibilissimi alla cottura (formazione di notevoli quantità di cancerogene ammine eterocicliche), senza contare il facile rischio di eccesso proteico. Il problema delle frittate è quello della cottura dell'olio ad alta temperatura, non certo la presenza dell'uovo.
Chi non è esperto scoprirà tante apparenti "contraddizioni", per esempio che il pane, perfino il peggior panaccio raffinato della più trasandata panetteria sottocasa (e in Italia il pane è di solito pessimo), è meglio, molto meglio, dei "migliori" biscotti o grissini o fette biscottate o crackers, a cominciare da quelle di riso, ancorché soffiato. Non parliamo, poi, se si tratta d'un buon pane integrale a pasta acida.
E per noi maschi è duro apprendere che il femminile "brodino", tanto più se di verdure vere e non di dado, su cui spesso ironizziamo (tanto che c'è qualcuno che non si ammala per non doverlo sorbire...) è meglio, molto meglio, del classico piattone di pastasciutta e della malcotta e indigesta – non per colpa sua ma dei pizzaioli – pizza al forno. Perché, ecco l'ultima tendenza nutrizionistico-preventiva: noi Italiani dobbiamo ridurre, specie al Sud, i cibi farinacei, che ci fanno pericolosamente ingrassare, vista la nostra recente pigrizia da tv, computer, ufficio, video-giochi e auto. E gli amidi, si sa, non hanno di per sé valore protettivo, anzi, se in eccesso sui bisogni si trasformano in grasso di riserva che poi è difficilissimo eliminare. Il che non vuol dire farsi mancare i carboidrati complessi necessari, fondamentali anche per non avere fame continua e non dover poi ricorrere, come certe ragazze sempre a dieta, alle caramelle.
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