PERSONAGGI. Il paradosso di Berrino meglio di quello di Achille e la tartaruga
Dopotutto, come i jazzisti si giudicano solo per la musica che effettivamente creano, qualunque sia lo spartito da cui partono, così gli uomini di scienza si valutano per quello che realmente sanno scoprire e organizzare, qualunque sia il loro background. E sono lieto - me lo disse lui stesso al Convegno di Bari del lontano 2007 - che a suo tempo Berrino abbia letto, forse divorato, il mio Manuale di Terapie con gli Alimenti, che è stato il primo e ancor oggi - dieci anni dopo - l’unico testo sull’argomento (che vorrei aggiornare, se trovassi un nuovo serio editore!). Insomma, ci siamo incrociati nella stima.
Ma dal vivo ho scoperto un Berrino diverso da quello che immaginavo, uno scienziato umano, troppo umano, che anche nei tratti fisici ha qualcosa dell’uomo che "crede" in qualcosa, e che cerca di mettere d'accordo quello che fa col suo credo. In queste condizioni per il largo pubblico si fa presto a cadere nell’iconografia del "guru", del medico dell'anima, del maestro di vita.
Maestro di vita? Ma sì, la gente crea, vuole i miti. Lo so bene per esperienza, perché, nonostante che abbia curato la mia immagine in perfetta sintonia con le mie idee e la mia razionalità innata, in modo da non assomigliare minimamente ad un guru o ad un maestro di vita, anzi facendo di tutto per demistificare, per disattendere (p.es, con i modi di fare da eterno adolescente, col gusto per la polemica, l’understatement, il relativismo e l’humour) simili aspettative che non avrei tollerato senza ridere di me stesso come rido degli altri, ebbene, anche a me è capitato spesso, e capita tuttora di subire questa identificazione da parte di lettori, allievi dei Corsi e conoscenti. Solo che in me questa mitizzazione è non solo sbagliata, ma anche poco plausibile, tanto sono laicista e diffidente verso ogni carisma. In Berrino, invece, è plausibilissima.
Però, a parte il diverso atteggiamento verso il Mito, la trascendenza o almeno l'immanenza, forse si può parlare di due psicologie parallele. Berrino, come me, ha qualcosa del convinto assertore, insomma va oltre il ruolo neutrale che la scienza assegna ai suoi frequentatori, siano essi ricercatori, biologi, medici, cultori della materia. E questo per me non può che generare ammirazione, perché in questi casi c’è un’espansione, non una riduzione della personalità. E’ un creativo che s’immerge totalmente in quello che fa e crede, non un burocratico impiegato della ricerca. In casi del genere si dice che "c’è del genio".
Ma lui a differenza di me ha qualcosa di ascetico nello sguardo e forse nell’animo. Io sono senza religioni, ma lui ha scelto come religione la macrobiotica, non so quando, e dunque lo Zen, filosofia spiritualista che prospetta un nuovo ordine delle cose. Proprio come da adolescente, alla fine degli anni ’60, io aderii totalmente al Naturismo, cioè alla filosofia di vita e alla scienza del "vivere secondo Natura", quando in una di quelle agnizioni improvvise, scoprì in una volta sola che erano "cosa mia" da sempre tutte le intuizioni del Naturismo (c’è chi, sbagliando, lo chiama salutismo o igienismo) che la tradizione fa risalire ad Ippocrate: l’alimentazione naturale come cibo e cura, le medicine naturali, la difesa di piante, ambiente e animali, l’agricoltura sana, l’autosufficienza e il far da sé, le energie naturali, il risparmio, l’escursionismo nella Natura (solo chi la frequenta la ama davvero), la cultura del corpo, perfino il nudismo. Tutto è collegato nella vita secondo Natura, la natura dell'Uomo, of course.
Religione laica, terrena, non trascendente, la sola possibile per chi come me scoprì che perfino l’anagramma del proprio nome suggerisce "invero laico", e perciò la sola adatta sia ai credenti sia agli atei, sia agli ignoranti che ai colti. Ma sempre un credo profondo, onnidirezionale, che per fortuna nel caso del Naturismo si realizza attraverso la Scienza, sempre aggiornata da Ippocrate ad oggi, talvolta in opposizione ma sempre in anticipo su quella ufficiale. E ora, lontani i tempi delle cure di mercurio e antimonio (sec. XVIII-XIX), dei clisteri e salassi in eccesso, dei 150 g di proteine da carne al giorno (inizi sec. XX), e della diffidenza – ancora negli anni Ottanta – per l’alimentazione preventiva e terapeutica (“fisime”, “faddism”, scriveva il dietologo di successo Djalma Vitali sul settimanale “laico-razionale-progressista” l’Espresso), ecco che la medicina contemporanea e l’alimentazione sana preventiva proposta dalla Scienza tendono a coincidere sempre più col Naturismo alimentare. Il Naturismo ha vinto, insomma. Ciò che molti naturisti incolti rimasti all’Ottocento e molti nutrizionisti rimasti al Novecento, non capiscono. Proprio per difetto culturale.
Ebbene, la scoperta dell’uomo Berrino fu per me il dato umano più interessante del Convegno di Bari (v. articolo precedente). Si intuisce che è, se possibile, molto diverso dal Berrino scienziato, così come un autore dal vivo è sempre più vivace, sfaccettato, spontaneo, contraddittorio e profondo, spesso più deludente, dei suoi libri, nonostante l’errore psicologico di tutti i lettori – anche i miei – che dopo aver idealizzato a propria immagine e fantasia un autore, poi restano delusi e disorientati quando lo conoscono di persona. Ma ancor peggio sarebbe se invitassero a pranzo geni come Mozart o Einstein. E dopotutto l’uomo Leopardi, a differenza del poeta, puzzava. Insomma, voglio dire, se un autore "pubblico" fosse ad un senso solo, cioè coincidesse piattamente con la sua opera, così come il pubblico infantilmente e semplicisticamente lo "crea", sarebbe ben poca cosa, un ometto virtuale, un’astrazione.
Ma torniamo alla scelta macrobiotica di Berrino, che in lui è più filosofica – mi ha detto, e non esito a crederlo – che banalmente alimentare. Ma io, mi scuso, non mi interesso di filosofia, e sto alla nutrizione. “Non è vero – mi ha detto l’amico Berrino – che la macrobiotica ha un eccesso di sale, di cibi stracotti e cereali caramellizzati o tostati, o una carenza di cibi crudi e insalate: dipende da chi la fa”. D’accordo. Ma la sensata opinione urta contro i testi fondamentali del creatore della macrobiotica, Ohsawa, e contro il 99,9% della pratica quotidiana dei ristoranti e dei menù macrobiotici). Non ho dubbi che una persona intelligente e motivata come lui mangi, tutto sommato, abbastanza bene: mi preoccupo degli altri, cioè della stragrande maggioranza delle persone.
Così, ancora una volta (ma stavolta andando a cercare gli studi di prima mano, non fidandomi di quelli citati da altri, come facevo ai tempi lontani del manuale di Alimentazione Naturale), ho passato in rassegna in una sintetica monografia review (che è piaciuta molto al nutrizionista e medico Andrea Ghiselli, capo-ricercatore INRAN) tutti i pregi e i difetti della dieta macrobiotica, accludendo come prova molti studi scientifici. Che cosa ne viene fuori? Andate a leggerla: ci sono molte sorprese, anche per chi crede di sapere tutto di macrobiotica.
E da questa review viene fuori anche che, sì, è vero, c’è stato un rinnovamento dai tempi del fondatore, ma che la macrobiotica reinterpretata in chiave quasi naturistica come fa Berrino, più ancora dei timidi e deludenti miglioramenti di Michio Kushi, forse non sarà più cancerogena, magari sarà addirittura anti-cancro, però non è più macrobiotica, ma una delle tante possibili versioni della normale alimentazione naturale, fondata sul cibo tradizionale, parco e bilanciato, e su cereali integrali, legumi, semi oleosi, verdura e frutta. Quindi, qual è il problema che divide me e Berrino? Solo una questione di nomi!
Le definizioni linguistiche ci dividono un poco? Ma è chiaro come il sole che vogliamo dire, in pratica, quasi la stessa cosa, e che per lui l’alimentazione naturale del Naturismo va chiamata "macrobiotica", tutto qui. L'ha inventata lui, d'accordo, dico io col mio solito vizio satirico ma bonario, e anzi la “macrobiotica di Berrino” è molto meglio di quella di Ohsawa, ma se è a base di cereali integrali, legumi, semi oleosi, e lui ci aggiunge anche verdura abbondante e frutta (e so anche che i macro un pezzettino di caciottina possono aggiungerla una volta tanto), che voglio di più? Se è così, tutte le sere vado a cena “chez Berrinó”! La "dieta Berrino", allora è quasi la mia. Solo che non è "macrobiotica", neanche se si sa a memoria tutta la teoria Yin-Yang e si è introiettato tutto lo Zen del mondo. Ma è una dieta naturista, un po’ meno verde e un po’ meno cruda.
Attenti, perciò, a non confondere e trarre in inganno gli altri, coloro che non sanno, i pazienti, che ai nomi badano molto. Da persona razionale e laica, dico che non è corretto, è poco scientifico, utilizzare questa dieta integrale e naturale così modificata negli studi clinici sperimentali, come il progetto "Diana", definendola "macrobiotica" o lasciando credere nei comunicati stampa che lo sia. Perché la dieta di Ohsawa è ben diversa. Non è consentito eliminare tutti i gravi difetti d'una dieta definita "la più pericolosa" da nutrizionisti, cardiologi e oncologi, (troppo sale, conserve salate, salse di soia fermentata e miso, cibi troppo cotti, stracotti, caramellizzati o tostati, carenza di verdure crude e frutta cruda, quasi totale assenza di latticini e uova: v. la review nel link riportato sopra) e continuare a chiamarla, come se niente fosse, "macrobiotica".
Berrino a differenza di me è un acceso spiritualista e amante dell'Oriente. Pratica la meditazione. Il suo viso decisamente ascetico e ieratico parla da solo. Tra l'altro lo fa sembrare molto più vecchio di quello che è, altro che "alimentazione sana che mantiene giovani"!. Possibile che non si accorga della contraddizione stridente? Il suo corpo, genetica o no, non ne vuol sapere di seguire le sue teorie.
Ma per fortuna è "umano, troppo umano". E, soprattutto dopo averlo conosciuto, sia pure di sfuggita, gli voglio bene. Perché capisco le persone al volo (“Nico-2”). Però, secondo il “Nico-1”, che è il lato severissimo, laico e razionale della mia personalità, debbo dire le verità anche sgradevoli, costi quello che costi: uno scienziato non dovrebbe mai affievolire la luce della Ragione e privilegiare i propri "gusti" personali rispetto all'evidenza scientifica. E non dovrebbe mai arrampicarsi sugli specchi (come fa invece Colin Campbell in China Study, che dopo aver giustamente blaterato contro gli inutili integratori, poi consiglia la vitamina B12, senza la quale, ammette, un vegan se la passerebbe male). Lui, poi, dovrebbe sapere bene qual è il dogmatismo della macrobiotica, che non tollera interpretazioni così dissonanti (p.es. eliminare sale e conserve salate e salse di soia, yang, per privilegiare verdure crude e frutta, yin) da apparire blasfeme e provocatorie agli occhi di qualunque macrobiotico. E soprattutto, il metodo: non può far prevalere l'adepta o tifoso sull'uomo di scienza, cercando a tutti i costi di avvalorare le proprie convinzioni filosofiche.
E allora? Allora si cade nel peccato veniale (non venale, se siamo sicuri) di fare propaganda al "nome", al logo tanto amato e venerato, proprio come farebbe il tifoso del Milan o della Roma, capacissimo di chiamare "romanista" o "milanista" perfino la propria torta di compleanno. Così, in gloria al nome.
Per finire e anche per farmi perdonare di non saper proprio fare ritratti più dolci di così (sono nato critico, ahimé), termino il ritratto col gustoso "paradosso di Berrino", come l’ho subito titolato trasformandolo in storiella Che poi è anche il paradosso di tutti noi naturisti verso il cibo carneo. Me l’ha raccontato lui, in un’altra forma, più seria, spiegandomi che solo di tanto in tanto, o quasi mai, mangia carne, e con una nobile motivazione.
Dunque, si narra che nell’Aldilà il prof. Franco Berrino sia chiamato al cospetto del Signore della Natura per il rendiconto finale delle sue azioni. "Franco, mi si dice che tu non hai escluso del tutto la carne dalla tua dieta. Eppure per ottenerla sapevi bene che occorreva uccidere degli animali. Come ti discolpi? "Signore, è vero, ma io ho sempre detto che avrei mangiato solo la carne d’un animale a me familiare, cioè che avessi prima ben conosciuto come sano, allevato liberamente con i frutti della Natura". "Conosciuto… familiare…? – replicò il Signore, sempre più irato – E tu avresti avuto il coraggio di cibarti d’un amico? La tua posizione si aggrava. Anzi, no, fammi pensare: forse ti scagiona del tutto". "Appunto, Signore, tu l’hai detto. Tali erano le condizioni da me poste, tale la mia sensibilità, che nella realtà ne mangiavo pochissimo e molto di rado. Di fatto ero quasi vegetariano".
Divertente, no? Quasi meglio del paradosso matematico di "Achille e la tartaruga" del filosofo Zenone.
AGGIORNATO IL 19 MARZO 2019
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